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L’ambiente era già tutelato dal diritto italiano e internazionale. E ora che è in Costituzione…

Le porte all’ingresso della tutela dell’ambiente, nel nostro ordinamento come in quello internazionale, erano già aperte. Occorrerà inoltre prestare grande attenzione sulle ricadute pratiche dell’introduzione in Costituzione dei nuovi principi, specie considerando che la modifica all’articolo 41 introduce un’ulteriore limitazione alla libertà di iniziativa imprenditoriale. Il commento di Bianca Berardicurti, managing associate di Legance

Si è discusso molto, in questi giorni – ma, forse, non abbastanza – delle modifiche costituzionali approvate di recente dal Parlamento a vastissima maggioranza e che hanno introdotto il riferimento esplicito alla tutela dell’ambiente nella nostra carta costituzionale.

In particolare, il Parlamento ha approvato in seconda lettura l’introduzione, agli articoli 9 e 41 Cost. – intervenendo per la prima volta dal 1948 su uno dei primi 12 articoli della Carta che enunciano i principi fondamentali – uno specifico riferimento alla tutela la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali anche nell’interesse delle future generazioni.

L’intervento rappresenta, visto nel suo complesso, una buona notizia – anzitutto in quanto la modifica contribuisce ad allineare la nostra carta costituzionale ai trend internazionali in materia di diritti fondamentali e alle costituzioni di ultima generazione, che sempre più spesso includono un riferimento esplicito alla tutela dell’ambiente – al momento se ne contano oltre 90 in tutto il mondo.

Ciò non esclude, d’altro canto, che si tratti comunque di principi da maneggiare con cura.

Anzitutto occorrerà vegliare attentamente sul riparto di competenze Stato-Regioni, soprattutto sul piano dell’interazione tra la tutela della biodiversità e quella dell’ambiente, e sui rischi di incostituzionalità della normativa a valle.

Occorrerà inoltre prestare grande attenzione, il tema è assai delicato, sulle ricadute pratiche delle disposizioni, specie considerando che la modifica sull’articolo 41 introduce un’ulteriore limitazione alla libertà di iniziativa imprenditoriale ivi enunciata.

Sarebbe però un errore ritenere che l’introduzione delle modifiche alla carta costituzionale rappresentassero un passaggio necessario per aprire le porte alla tutela, ad esempio in sede giudiziaria, dell’ambiente.

È infatti in atto da tempo, su vari piani, un processo di c.d. “greening” dei diritti umani. In sostanza (e soprattutto a livello internazionale) è ormai ampiamente riconosciuto il principio di interdipendenza tra i diritti umani “tradizionali” e tutela dell’ambiente – nel senso che il godimento di un ambiente sano e salubre rappresenta un presupposto necessario per il pieno godimento e l’esercizio degli altri diritti umani.

In questo senso, dunque, la questione della tutela ambientale ha già trovato ampi riscontri di interesse nell’ambito della protezione della salute, della vita o di altri diritti e principi fondamentali attraverso la dottrina, gli strumenti di soft law, l’assunzione di impegni a livello internazionale – cui ha fatto infine eco la giurisprudenza, la quale si sta mostrando estremamente recettiva al trend in corso.

La stessa Corte Costituzionale italiana, ad esempio, ha da diverso tempo contribuito ad attribuire dignità costituzionale al diritto ad un ambiente salubre.

Parallelamente, si registrano già un certo numero di precedenti di corti internazionali ed anche nazionali che hanno utilizzato principi generali dell’ordinamento giuridico, o riferimenti soft law come grimaldello per dare esecuzione a obblighi connessi con la tutela dell’ambiente.

Il caso ad oggi più noto è certamente Milieudefensie et al. v. Royal Dutch Shell plc., instaurato davanti alla Corte Distrettuale dell’Aja dalla nota ong. Con la sentenza che ha chiuso il primo grado del procedimento, infatti, la Corte ha condannato per la prima volta una società a ridurre le proprie emissioni.

Nel farlo, la Corte non ha utilizzato specifici obblighi o riferimenti normativi in punto di tutela dell’ambiente. Al contrario, la condanna ha trovato la propria fonte, tra le altre cose, nel principio generale di cui all’articolo 162 del codice civile olandese, il quale prevede una fattispecie di responsabilità per la violazione del principio di corretta condotta sociale e nelle norme internazionali di soft law che impongono standards globali di condotta a tutela dei diritti umani.

Le porte all’ingresso della tutela dell’ambiente, quindi, erano già aperte.

Con la modifica della Costituzione le abbiamo solo spalancate – nella speranza che di ciò si faccia buon uso.

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