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Per liberarsi di Huawei e Zte, gli operatori chiedono 5,6 miliardi a Biden

Per il programma “Rip and replace” arrivate richieste per un valore tre volte superiore ai fondi stanziati. Ecco perché i prossimi passi di Washington possono influenzare il futuro della rete anche nei Paesi alleati (tra cui l’Italia)

Il programma di “Rip and replace” – cioè rimuovere e sostituire, ma anche smaltire – le apparecchiature dei fornitori cinesi ritenuti una “minaccia alla sicurezza nazionale” dalla rete 5G degli Stati Uniti costerà 5,6 miliardi di dollari (pari a 4,9 miliardi di euro). È quanto riferito dalla Commissione federale per le comunicazioni in una lettera inviata al Congresso. La presidente Jessica Rosenworcel ha spiegato che tra la fine di ottobre e il 28 gennaio la Commissione ha ricevuto un totale di 181 richieste di rimborso per un totale di 5,6 miliardi di dollari, pari a quasi tre volte la somma che la stessa aveva messa da parte (1,9 miliardi di dollari) per il Secure and Trusted Communications Networks Reimbursement Program, che copre le apparecchiature acquistate dalle cinesi Huawei e Zte entro il 30 giugno 2020.

Che ne sarà di quei due terzi di domande non coperte? Le ipotesi sono due: non avranno successo; il governo amplierà il budget dopo aver verificato il soddisfacimento dei requisiti. Le parole di Rosenworcel suggeriscono che si andrà verso la seconda: con riferimento al lavoro da fare con il Congresso evidenzia l’importanza di “garantire che ci siano abbastanza fondi disponibili per questo programma”.

I prossimi passi di Washington potremmo indicare la strada anche per gli alleati a cui da tempo gli Stati Uniti chiedono di rinunciare ai fornitori cinesi per ragioni di sicurezza nazionale.

La soluzione “Rip and replace” è stata ipotizzata anche per l’Italia dal Copasir, che a fine 2019 aveva suggerito al governo (allora era l’esecutivo giallorosso ma l’indagine era partita con quello gialloverde, entrambi comunque guidati da Giuseppe Conte) di “considerare molto seriamente” la possibilità di escludere i fornitori stranieri che comportano una minaccia per la sicurezza delle informazioni. Il Comitato aveva stimato i costi di una simile procedura estesa a tutti i soggetti regolati dal Golden power in circa 600 milioni di euro e senza ritardi significativi.

Come raccontato su Formiche.net, si tratta di un valore in linea con i costi dichiarati da altri Paesi (Australia e Stati Uniti) che hanno deciso di rimuovere e sostituire i fornitori ad alto rischio, secondo gli esperti di Cefriel. Gli stessi hanno evidenziato anche come il valore delle possibili violazioni legate ai cosiddetti fornitori ad alto rischio possa superare gli 8,55 miliardi a completamento della rete.

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