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Draghi dica a Putin: whatever it takes

Lettera a Mario Draghi di Joseph La Palombara, professore emerito di Yale. A Putin dica senza girarci intorno: difenderemo l’Ucraina, qualunque cosa succeda. Sbagliate le isterie, accendono la miccia. E ripensare la Nato non è un tabù

Il presidente Joe Biden sembra ormai convinto che Vladimir Putin e la Russia invaderanno l’Ucraina. I giochi bellici russi, il dispiegamento di navi e truppe al confine ucraino, i test dei missili da crociera suggeriscono che un’invasione, se non una guerra vera e propria, sia imminente.

La diplomazia è ancora in campo, e ci sono ancora buone ragioni per pensare che Putin, ex agende del Kgb, non voglia davvero rischiare una guerra con l’Occidente. Occidente che, da parte sua, riesce a fatica ad arginare una certa isteria mediatica, non esente dalla ricerca di un profitto a breve termine. Vale anche per alcuni diplomatici e leader politici che alimentano la tensione e la percezione di un’imminente sciagura.

A questa confusione si aggiungono alcune dichiarazioni da parte ucraina. Sì, ci sono violazioni degli accordi per il cessate-il-fuoco. Ma siamo sicuri che siano solo da parte delle truppe russe? Sì, non è escluso che Putin incoraggi queste iniziative. Ma siamo sicuri che la predisposizione di alcuni media occidentali a dare per accertati questi fatti non abbia altre ragioni?

In un momento delicato come questo, aggiungo, qualsiasi altra dichiarazione pubblica del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg sarebbe irresponsabile. La Nato è essenzialmente un’organizzazione militare, voluta e sponsorizzata dagli Stati Uniti, ma da dispiegare solo per ragioni difensive e per fare i conti con una vera invasione. Di questa fortunatamente ancora non c’è traccia e dobbiamo tutti sperare che così rimanga.

Difficile inoltre fare pieno affidamento sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un performer imbattibile, che presenta però chiari limiti quando deve fare i conti con la politica, soprattutto in momenti del genere. L’Occidente farebbe bene perfino a non affidarsi ciecamente alle sue fonti di intelligence. Per il semplice motivo che errori, equivoci o veri e propri inciampi hanno più volte avuto conseguenze devastanti, non solo in Europa.

Recentemente sul Financial Times è apparso un articolo di Gillian Tett, un ex dissidente russo, in cui egli sostiene che la Dacha di Putin costi più di un miliardo di dollari. Anche fosse vero, sarebbero noccioline se paragonate ai prezzi degli altri oligarchi russi. Mi chiedo dunque: qual è lo scopo di un articolo del genere? Sottolineare che Putin non è una brava persona?

Facciamo chiarezza una volta per tutte su Putin: non è una brava persona. È stato il leader della più temuta agenzia dei Servizi sovietici. I suoi oppositori finiscono in carcere o muoiono in circostanze misteriose. Usa un linguaggio spesso esoterico e delle sue promesse non ci si deve fidare.

Il presidente russo sembra determinato a costruire una Grande Russia, che incorpori tutte le membra che un tempo componevano il corpo dell’Unione sovietica. Vuole essere l’imperatore di questo nuovo agglomerato, sulla scia di Caterina la Grande. Insomma: Putin è una minaccia per la pace mondiale.

Il che ci porta a cosa può fare l’Europa, e in particolare l’Italia, per allentare le tensioni in Ucraina. Luigi Di Maio e Mario Draghi dovrebbero anzitutto chiarire nettamente a Putin che qualsiasi azione militare avrà un costo altissimo per lui e per la Russia. In questo senso, le ormai celebri parole di Draghi – whatever it takes – tornano utili per frenare una possibile invasione russa.

L’Italia potrebbe inoltre farsi portavoce di una revisione della missione, anzi del significato stesso della Nato. Questo non significa che l’influenza dell’Alleanza e degli Stati Uniti in Europa debbano diminuire. Significa piuttosto rendere stabile l’appartenenza all’alleanza stessa. Non è da escludere la possibilità di “fermare” la membership della Nato, fare in modo che non si allarghi oltre.

Si può perfino, e questo è ancora più importante, chiarire in qualche modo che la Nato non può accettare la richiesta di adesione dell’Ucraina, formalmente inoltrata a Bruxelles. Il punto, che Putin continua a tirare fuori, è che la Nato condivide con la Russia centinaia di chilometri di confine. Difficile immaginare cosa succederebbe a parti inverse, con un’organizzazione militare russa, influenzata da Putin, che si stagli lungo il confine messicano con gli Stati Uniti. È bene dunque “disinnescare” questa rimostranza di Mosca.

Certo, a Washington non prenderebbero bene qualsiasi iniziativa per cambiare lo status quo della Nato che non sia di provenienza americana. Ma è una decisione che può solo essere rimandata, e che prima o poi Stati membri come Francia, Italia e Germania saranno chiamati ad affrontare.


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