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I primi 12 mesi di Draghi. Forte nel Paese reale, debole in quello digitale

Il premier a-social non ha profili personali e parla solo attraverso quelli istituzionali, ha ottimi risultati nei sondaggi ma non raccoglie un mood altrettanto positivo online. Domenico Giordano di Arcadia ha analizzato il suo anno a Palazzo Chigi attraverso i numeri di una Rete sempre più polarizzata, dove chi scrive di politica (e politici) tendenzialmente lo fa per criticare

È trascorso giusto un anno dal giorno del giuramento di Mario Draghi da Presidente del Consiglio dei Ministri, era il 13 febbraio del 2021 e ufficialmente l’attuale premier prendeva il posto di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi.

In questi 12 mesi di governo quasi tutti i sondaggi hanno messo l’accento sull’ampio gradimento espresso dagli italiani nel valutarne operato e anche dopo la rielezione di Sergio Mattarella, quasi tutte le ricerche demoscopiche hanno sottolineato come più della metà degli italiani avesse ancora una solida fiducia nei suoi confronti e ne riponesse altrettanta rispetto all’azione governativa.

Il 52,6% degli intervistati, qualche giorno fa da Termometro Politico, ha dichiarato di avere molta o abbastanza fiducia nei confronti di Mario Draghi, mentre per Ipsos, in un altro sondaggio del 2 febbraio, il 61% del campione lo considera un vincente dopo un anno esatto alla guida dell’Italia.

Adesso, per quanto non sia possibile mettere in una luca comparativa un’indagine demoscopica e il sentiment registrato in Rete, fa specie che questa diffusa benevolenza non trovi una adeguata rispondenza nel mood online che gli utenti hanno espresso, nel relazionarsi relazionati con un contenuto che avesse un riferimento diretto a “Mario Draghi”.

Il sentiment della Rete di fatto dopo un anno ci restituisce un presidente del Consiglio molto più fragile di quello che viene fuori regolarmente dai sondaggi, con una media annuale – che raccoglie la percentuale di tutti i documenti che contengono un’opinione positiva, negativa o mista – che è negativa per oltre il 50%, a fronte di un atteggiamento positivo che supera di un solo punto decimale la soglia del 35%.

A conti fatti, se nelle interviste campionarie gli italiani manifestano un largo apprezzamento per il lavoro fin qui svolto dal Governo e una altrettanta ampia fiducia nei confronti del premier Mario Draghi, online più di un innamoramento, per raccontarla con una metafora adatta alla prossima ricorrenza di San Valentino, possiamo parlare al più di una cotta passeggera, un flirt fugace che non è si è ancora trasformato in amore vero.

Prima di passare in rassegna i periodi più significativi dell’anno digitale di Draghi, forse è opportuno riflettere su quanto il dato complessivo sia stato influenzato dalla circostanza, a mio avviso per nulla marginale, dell’assenza di canali social diretti del premier. Draghi ha comunicato esclusivamente per il tramite degli account e dei profili istituzionali della Presidenza del Consiglio, una scelta condivisibile e del tutto coerente con il profilo del premier, ma non di meno, che ha rafforzato una percezione di distacco, di lontananza dalla quotidianità alla quale ci eravamo abituati nei due anni e mezzo di Giuseppe Conte e che appare una regola aurea in questi anni di politica pop.

 

Febbraio è il mese dei picchi

I primi trenta giorni di Mario Draghi da Presidente del Consiglio dei Ministri coincidono anche con gli insight più corposi di tutti e dodici mesi del mandato.

Dal giorno del giuramento e fino alla metà del mese successivo la keyword “Mario Draghi” ottiene complessivamente oltre 46 mila menzioni e un mood positivo del 36,74%, quindi già superiore alla media annuale che si attesta al 35,10%.

Ma tutti i dati mostrano un esordio decisamente incoraggiante: la piattaforma che raccoglie la quota maggiore di parlato è Facebook con il 33,02%, pur in assenza di un canale dedicato sul social che ogni mese è utilizzato dal 78,6% degli utenti dai 16 ai 64 (We Are Social in Digital Report 2022). Mentre i picchi di menzioni e dell’engagement, che per volume non saranno più eguagliati in nessuno dei mesi successivi, fanno segnare i loro record rispettivamente il 17 febbraio 2021 quando il premier interviene al Senato per il voto di fiducia al Governo e il 12 marzo 2021 con la visita al Centro vaccinale anti-Covid di Fiumicino.

A giugno il mood più elevato per Draghi.

Gli sforzi profusi per far decollare la campagna di vaccinazione di massa, il calo costante dei contagi e il dibattito sulle riaperture delle attività commerciali e delle scuole supportano il rilancio del mood che raggiunge e supera la soglia del 40%, per la precisione il 42,93%, ottenuto a cavallo tra metà maggio e metà giugno del 2021, in coincidenza però di un importante calo delle menzioni totali – si passa dalle 27 mila del periodo precedente alle 17 mila attuali – pur se ci sono diversi momenti istituzionali rilevanti, tra i quali il 21 maggio il Global Health Summit co-organizzato con la Commissione Europea a Roma durante l’anno della presidenza di turno del G20 e il 20 maggio la presentazione delle misure di ristoro inserite nel decreto Sostegni bis.

È in questi due giorni che l’engagement in Rete su Mario Draghi fa segnare il picco del periodo che è costruito anche dal confronto asimmetrico tra la proposta “a sorpresa” lanciata da Enrico Letta di i finanziare una “dote per i diciottenni” con una tassa di successione stata stoppata bruscamente a stretto giro proprio dal premier.

L’autunno elettorale e i preparativi per la scalata al Colle.

Tra la metà di ottobre e quella di novembre il mood nei confronti di Draghi che nei mesi precedenti non aveva brillato fa segnare un ulteriore balzo in avanti toccando quota 38,35%, mentre la linea temporale delle menzioni ci mostra un andamento altalenante con la vetta di fine mese in coincidenza del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G20 dedicato ai lavori su “Global Economy and Global Health”.

A Mario Draghi la dimensione e il confronto su scala internazionale, a differenza delle difficoltà e dei pantani derivanti dalla guida di un governo nazionale, non ha mai causato particolari difficoltà, anzi è nel confronto diretto con i “grandi” della Terra che il premier è riuscito a spendere al meglio la sua reputazione.

Così dopo il successo di visibilità ottenuto grazie all’ultimo vertice romano del G20, tra novembre e dicembre del 2021 il dibattito politico nazionale si riprende la scena a partire dalle misure di contrasto alla quarta ondata e alla variante Omicron.

Il mood positivo che si cristallizza sulla keyword “Mario Draghi”, dal 13 novembre al 13 dicembre, è del 34,18% coerente ai valori medi dell’anno e soprattutto tenuto fermo, come ci mostra la linea temporale dell’engagement con il picco di fine novembre, dall’inizio del dibattito sull’introduzione del green pass rafforzato.

La disfida al Colle di Mario Draghi

Nei trenta giorni più importanti per il premier, c’è stata più di una cosa non ha funzionato come previsto. In particolare, le due conferenze stampa pensate in un modo ma gestite maldestramente: la prima poco prima di Natale, per la precisione il 23 dicembre 2021 e la seconda, a ridosso della stagione elettorale, tenuta il 10 gennaio 2022.

L’onda lunga dell’opposizione al green pass rinforzato, l’incertezza sui costi energetici e delle materie prime che rendono fosco l’orizzonte sociale ed economico del Paese, la diffidenza crescente verso le misure adottate dal Governo per limitare la diffusione della quarta ondata, costituiscono tutte assieme una sorta di tempesta perfetta che impediscono al premier di godersi i risultati di dodici medi alla guida dell’Italia.

Così il mood positivo tra dicembre 2021 e gennaio di quest’anno resta congelato su cifre non esaltanti – bloccato tra il 34 e il 35% – per il premier, che per la prima volta dall’inizio della sua esperienza, sembra andar a rimorchio delle strategie dei partiti e non viceversa. 

 

    L’epilogo finale e il tentativo di rilanciarsi

Il variegato carosello quirinalizio ha lasciato in dote al premier un sentiment complessivo, dal 13 gennaio al 10 febbraio, del 29,92% quindi addirittura sotto la media annuale che rischiava di incidere negativamente sul risultato annuale se non ci fosse stato l’epilogo repentino, dopo il martirio della Casellati e della Belloni, della telenovela con la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale.

 

 

 



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