Parlando ai leader dell’ebraismo americano riuniti a Gerusalemme, il ministro Gantz rivela la presenza dei Mohajer-6, fiore all’occhiello dell’aviazione di Teheran, nel Paese di Maduro
“Questa immagine mostra un modello di drone iraniano avanzato presentato dal presidente venezuelano”. Pronunciando queste parole alla Conferenza dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche americane tenutasi a Gerusalemme, Benny Gantz, ministro della Difesa israeliano, ha parlato di “enormi preoccupazioni circa il sostegno iraniano al terrorismo” diffuse “in tutto il mondo”, anche in Africa e in America Latina. Inoltre, ha rivelato che l’intelligence israeliana può confermare che “armi di precisione iraniani sono state consegnate” al regime di Nicolás Maduro “per questi droni (i Mohajer-6, ndr) e altri modelli simili”.
Con il suo discorso ai leader dell’ebraismo americano (molto influenti a Washington), il ministro Gantz ha voluto ribadire la posizione del governo israeliano guidato da Naftali Bennett, che chiede agli Stati Uniti di Joe Biden di non rientrare nel Jcpoa mentre prepara il piano B, quello militare. Facendo leva su due Paesi duramente sanzionati dagli Stati Uniti e alleati tra loro in chiave antiamericana, Israele ora cerca di allargare lo sguardo, quello altrui: “L’Iran è una reale sfida globale e regionale e non solo una minaccia per lo Stato d’Israele”, ha detto il ministro sostenendo che l’innovazione militare ha alimentato l’attività terroristica iraniana.
L’estate scorsa l’Iran è stato accusato di aver condotto un attacco con un drone nel Golfo di Oman contro una nave di proprietà di un magnate israeliano, costato la vita a due membri dell’equipaggio. È stato accusato anche di armare i ribelli Houthi in Yemen con droni utilizzati per attaccare obiettivi in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti ma anche contro le forze statunitensi in Iraq. Pochi giorni fa Hezbollah, il gruppo terroristico libanese sostenuto dall’Iran, ha rivendicato la responsabilità del lancio di un piccolo drone, apparentemente per ricognizione, che è entrato in Israele dal Libano.
Presentando all’inizio del 2018 il velivolo in oggetto, il Mohajer-6, armato di bombe di precisione, Amir Hatami, allora ministro della Difesa e oggi consigliere dell’ayatollah Ali Khamenei, aveva spiegato che il drone è in grado di svolgere missioni di sorveglianza, ricognizione e combattimento entro un ampio raggio operativo e può aiutare le forze armate, compresi i Guardiani della rivoluzione iraniana (Pasdaran), a identificare e distruggere obiettivi predeterminati. Secondo quanto dichiarato dal ministro in quell’occasione (una cerimonia per le celebrazioni dell’anniversario della Rivoluzione islamica del 1979), il drone può condurre missioni di sorveglianza aerea con una grande autonomia, colpire obiettivi con alta precisione, inviare informazioni ai centri di controllo e comando sia durante le ore diurne sia quelle notturne e decollare e atterrare su piste molto corte. È il fiore all’occhiello della Difesa iraniana.
“Ho portato con me una sola immagine, vale davvero più di mille parole”, ha dichiarato Gantz prima di mostrare la slide sui droni iraniani arrivati in Venezuela (riportata nella foto in apertura, ndr). La preoccupazione numero uno di Israele è il programma nucleare iraniano: “durante il periodo del Jcpoa (l’accordo nucleare raggiunto nel 2015 e oggi al centro delle trattative per il rientro degli Stati Uniti dopo il passo indietro deciso dall’ex presidente Donald Trump, ndr) l’Iran ha aumentato il suo budget per la sicurezza del 50%”. La seconda è quello missilistico, come conferma l’annuncio con cui il ministro ha confermato i report di alcuni mesi fa presentati da diversi gruppi di Osint, a partire da CNW e Aurora Intel.
Negli ultimi anni, l’Iran ha compiuto importanti progressi nel settore della difesa. Come? Ci sono due modi possibili, per l’Iran come per tutti i Paesi al mondo: la ricerca, costosa e laboriosa; il furto, pratica assai meno dispendiosa in termini economici e di tempo, specie se si può contare su una forte rete d’intelligence all’estero. Alcuni analisti hanno notato similitudini, almeno nella forma, tra il Mohajer-6 e il Falco, velivolo a pilotaggio remoto realizzato dall’italiana Selex ES (oggi Leonardo), operato da diversi Paesi nel Mediterraneo allargato come Pakistan e Giordania, scelto anche dalle Nazioni Unite per la missione nella Repubblica Democratica del Congo. Nel giugno del 2017 l’aviazione siriana ha abbattuto un Falco vicino al confine giordano, nella provincia siriana di Daraa.
In ogni caso, l’Iran ha raggiunto l’autosufficienza nella produzione di importanti attrezzature e sistemi militari. Così, ha iniziato a esportare i suoi mezzi seguendo la strategia espansionistica lanciata, nel Medio Oriente ma non soltanto, dal generale Qasem Soleimani (ucciso da un drone statunitense due anni fa a Baghdad, in Iraq). E il Venezuela non è l’unico Paese in cui l’Iran esporta il Mohajer-6, che infatti viene utilizzato anche in Iraq e in Etiopia. In quest’ultimo scenario, dalle forze armate contro i ribelli del Tigray.
La cooperazione tra Iran e Venezuela sui droni risale all’epoca di Hugo Chávez, si è intensificata negli anni e dovrebbe procedere ancora lungo questa strada anche dopo il cambio di governo a Teheran. Nelle scorse settimane Maduro ha annunciato che presto sarà in Iran su invito del presidente iraniano Ebrahim Raisi, considerato un “falco” rispetto al “moderato” predecessore Hassan Rouhani, per approfondire la cooperazione tra i due Paesi.