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Torino in Eurovisione, un’occasione da non perdere

Una chance di visibilità ghiotta per i cantanti: pur di partecipare, molti tra gli italiani hanno bussato alla porta di San Marino. Ma anche per il capoluogo piemontese e la Regione intera. Serve però un comitato organizzatore che funga da cabina di regia, essenziale in termini di promozione turistica

Una settimana fa si concludeva l’edizione numero 72 del Festival di Sanremo. I vincitori, Mahmood e Blanco, si sono aggiudicati anche il diritto di rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest 2022, che si svolgerà al PalaOlimpico di Torino dal 10 al 14 maggio prossimi. Si tratta dell’evento non sportivo più seguito al mondo. Un’occasione di visibilità talmente ghiotta per i cantanti che molti tra gli italiani hanno bussato alla porta di San Marino proponendosi come rappresentanti della Serenissima alla manifestazione.

Ma non soltanto per loro. Ecco qualche numero dell’edizione passata, svoltasi a Rotterdam, nei Paesi Bassi: 39 partecipanti, altrettante emittenti da tutta Europa, 183 milioni di spettatori (un milione in più rispetto all’edizione del 2019).

Guardando all’edizione torinese che vedrà due Paesi in più, Martin Österdahl, supervisore esecutivo dell’Eurovision Song Contest, ha dichiarato: “Siamo entusiasti di avere ancora una volta oltre 40 emittenti in competizione per vincere l’iconico trofeo Eurovision a Torino, il prossimo maggio. Il team della Rai sta lavorando alacremente ai preparativi per accogliere tutte le delegazioni in una nuova città ospitante e garantire che l’Eurovision Song Contest porti il divertimento e lo spettacolo all’avanguardia attesi da quasi 200 milioni di spettatori”.

Dunque, l’emittente pubblica si sta occupando di ciò che accade dentro al PalaOlimpico. Chi sta facendo altrettanto all’esterno per rendere l’Eurovision un successo al pari di altri grandi eventi ormai simboli della cultura torinese come il Salone del Libro, il Torino Film Festival e Artissima?

Sarebbe un errore limitare la manifestazione a quei cinque giorni, che per spettatori equivalgono a una qualsiasi giornata di Serie A per Juventus o Torino e sulla cui riuscita sarebbe sciocco dubitare. Ma, come insegnano le edizioni passate, il successo dell’evento si misura sulla comunicazione, sul messaggio amplificato dalle 41 televisioni (ciò implica che tale messaggio venga dato) e sulla realizzazione di iniziative collaterali per valorizzare il territorio grazie alla capacità della città di fare sistema.

Il cambio di amministrazione ha generato inevitabilmente una certa discontinuità. A questa si sommano le difficoltà degli assessorati competenti, quelli che si occupano di Grandi eventi e di Politiche culturali, da tempo a corto di personale, in particolare nell’ambito dirigenziale.

Sotto il profilo turistico la Regione Piemonte può contare sul portale VisitPiemonte. La città metropolitana, invece, su Turismo Torino. Ma nei giorni scorsi sono emerse sulla stampa locale le difficoltà del sistema dell’accoglienza alberghiera torinese.

Molti osservatori criticano l’assenza di un comitato organizzatore che funga da cabina di regia. Tale mancanza, se non influisce più di tanto sulla produzione televisiva, rischia di compromettere proprio la promozione del territorio, dove il coordinamento delle diverse istituzioni (e dei relativi investimenti) diventa essenziale in termini di promozione turistica.

Fosse anche soltanto per senso patriottico, non possiamo che tifare per Mahmood e Blanco, per un bis italiano dopo il successo dell’anno scorso dei Måneskin. Anche perché bisogna tornare indietro di quasi trent’anni, all’inizio degli Novanta, per trovare un Paese che ha fatto il bis – in quel caso era l’Irlanda, che vinse per ben tre volte di fila, dal 1992 al 1994. E a meno del bis e dell’eventuale conferma di Torino come città ospitante, potremmo dover aspettare diverso tempo per rivedere la manifestazione in Italia, figuriamoci proprio all’ombra della Mole.

Che sia buona la prima.

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