Ci sono dei fattori di freno che congiurano contro la ripresa economica. Per questo è importante affidarsi ad attori di politica monetaria che sappiano fare il loro mestiere. Sembra ancora possibile fare inflazione per incoraggiare la ripartenza, verrà poi il tempo di cambiare strategia. Il commento di Giuseppe De Rita, presidente Censis, pubblicato sulla rivista Formiche di gennaio
Lo spettro dell’inflazione crea preoccupazione nonostante la crescita dell’Italia. In questo momento infatti l’economia reale sta procedendo bene grazie a un’esplosione dell’economia sommersa, la piccola e media impresa italiana ha garantito una forte tenuta perché l’esportazione di qualità non è calata.
Durante il periodo di crisi le vecchie filiere sono rimaste intatte, si pensi a quella enogastronomica, al Made in Italy che hanno garantito una crescita del reddito e della ricchezza delle famiglie. Per questo motivo l’inflazione non deve essere considerata come un fenomeno a sé, ma rappresenta piuttosto un rigonfiamento della massa monetaria che richiede azioni di politica monetaria e non ha particolari affinità con la realtà dell’economia reale.
In questo senso è importante che l’attuazione delle politiche monetarie vada di pari passo con un’attenta analisi dei comportamenti dell’economia reale. L’inflazione che sta rialzando la testa, in Europa come nel mondo, è dovuta anche all’impennata dei prezzi delle materie prime, un quadro ancora più problematico dal momento che impatta su tutto il ciclo produttivo.
Un Paese come l’Italia che ha sempre avuto una significativa dipendenza dall’estero, sia per le materie prime sia per l’approvvigionamento finanziario, sente le incidenze sulla propria economia di numerosi fenomeni che si verificano nel mondo, ad esempio uno sciopero dei portuali di Singapore può avere un impatto sulla nostra filiera eno-gastronomica.
In questo momento in particolare il costo delle materie prime è cruciale ma non è il problema più grande che riguarda l’inflazione. L’innalzamento dei prezzi, che può essere innescato dal prezzo del gas e del petrolio, è sempre stato un fenomeno di massa legato specificamente a un’esplosione dei consumi, a una certa leggerezza collettiva proprio nei confronti di prezzi e consumi.
L’inflazione è un fenomeno collettivo e non è legato solo ad alcune realtà di sistema. Nell’ultimo Rapporto Censis si parla di “società irrazionale”: non si tratta di una semplice distorsione legata alla pandemia, ma di una realtà che ha radici socio-economiche profonde e causa una sfiducia generalizzata che si traduce in un tasso medio annuo di crescita reale dei consumi negativo.
In questo modo i fenomeni di abbassamento dei consumi e di inflazione si intrecciano e tingono le prospettive future di colori cupi. Il nostro Paese ha sempre avuto due anime: una che anela a una modernizzazione costante e forte e un’altra che si racchiude in un certo scetticismo e menefreghismo. L’Italia mediamente ha espresso per cinquant’anni un rifiuto della modernità conclamata, definita ex ante.
Si pensi al dopoguerra: la modernità rientrava nel triangolo industriale e nella grande industria, c’è stata poi un’esplosione della cultura urbana che ha creato sviluppo e crescita. E infine la diffusione negli anni 50 della tendenza a sostenere la formazione.
Tutti questi fenomeni non hanno fatto che incrementare le contrapposizioni tra le due anime italiane, che sono arrivate oggi a esplodere con la pandemia. Il Pnrr sostiene l’idea che il futuro sia nella sostenibilità, la razionalità, la digitalizzazione e la riconversione energetica, ma questo non viene accettato dalla popolazione come un target applicabile a tutti.
Nella società oggi si manifesta il rifiuto di un discorso razionale, che dipende dal fatto che si è entrati in un ciclo di rendimenti decrescenti degli investimenti sociali, e questo ha forti ripercussioni sull’economia con una bassa crescita e quindi riduzione di gettito fiscale, con conseguenze sul debito pubblico. Ci sono dei fattori di freno che congiurano contro la ripresa economica.
Per questo è importante affidarsi ad attori di politica monetaria che sappiano fare il loro mestiere. Il presidente del Consiglio Mario Draghi probabilmente lo sa fare meglio dei suoi predecessori visto che ha avuto esperienze non solo italiane ma anche a livello europeo e mondiale.
Non c’è nessuno in Europa che sappia gestire il “gioco” della massa monetaria come può farlo lui. Nel periodo attuale sembra ancora possibile fare inflazione per incoraggiare e sostenere la ripresa del nostro Paese, verrà poi il tempo di cambiare strategia.