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Anche a Genova la Via va in porto in anticipo sui tempi

Di Adriana Del Borghi

L’intervento della prof.ssa Adriana Del Borghi, prorettrice alla Sostenibilità dell’Università di Genova e componente della Commissione Via-Vas del ministero della Transizione Ecologica

 

 

 

Merito del modello Genova, oppure la valutazione dell’impatto ambientale è un valore aggiunto e non un adempimento burocratico? Sembra che davvero la realizzazione di opere utili, strategiche ed urgenti non sia rallentata dalla necessaria valutazione della sua compatibilità ambientale, ma ne possa trarre addirittura vantaggio. Ne è un esempio il progetto di Sestri Ponente, che prevede la razionalizzazione dell’accessibilità dell’area portuale industriale di Genova Sestri Ponente. Il progetto, in conseguenza del tragico crollo del Ponte Morandi nell’agosto 2018, è stato inserito tra le opere del “Piano procedurale per l’attuazione del Programma Straordinario”, emanato a fronte della necessità di interventi urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto e delle relative infrastrutture di accessibilità con la città.

Il parere della Commissione Via, la commissione che valuta l’impatto ambientale dei progetti presieduta da Massimiliano Atelli e di cui mi onoro di essere componente, è stato emanato addirittura con un mese e mezzo di anticipo sul termine stabilito dalla legge. Tutta la procedura si è svolta dalla fine di luglio fino al 22 dicembre, data appunto in cui è stato pubblicato il parere che assegna la compatibilità ambientale dell’opera, con prescrizioni che ne miglioreranno le caratteristiche. Il progetto di Sestri Ponente, del valore di circa 500 milioni di euro, è il primo di quelli inclusi nel decreto semplificazioni ed attribuiti alla Commissione VIA-VAS dal decreto infrastrutture, convertito a inizio novembre scorso.

Ci saranno quindi altri progetti, strategici ed urgenti, che dovranno essere progettati e valutati perché il loro contributo alla ripresa ed allo sviluppo sia sostenibile. In questo periodo storico, la narrazione della dicotomia tra ambiente e sviluppo, tra economia ed aspetti sociali, tra lavoro e salute incappa infatti in una doverosa e brusca frenata. La crisi pandemica, quella climatica e quella economica conseguente, legata ad energia e materie prime, interrompono il gioco delle parti e dei ruoli mantenuti per ideologia assoluta. Quella dei no, ma anche quella dei sì a priori. Personalmente sono una fautrice dei dipende. Quei dipende che nascono dal mio background scientifico e che non consentono alcuna asserzione, senza un’attenta valutazione.

Il disaccoppiamento dello sviluppo dall’impatto, l’inclusione del benessere equo e sostenibile nel ciclo di programmazione economico-finanziaria e l’introduzione della tassonomia sono strumenti culturali più che tecnici, che aiutano ad avere una visione complessiva del contesto in cui ci muoviamo. Come governi, ma anche come singoli cittadini che appartengono ad una comunità. La tassonomia europea in particolare, ovvero la classificazione degli investimenti ritenuti sostenibili in Europa dal punto di vista ambientale, in linea di principio dovrebbe rappresentare una guida per indirizzare i capitali senza nuocere significativamente ai suoi obiettivi. Tra questi vi sono la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse, la protezione ed il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, la protezione delle risorse idriche e marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione ed il controllo dell’inquinamento.

Dico dovrebbe, perché purtroppo la definizione della lista delle categorie incluse è accompagnata da approcci unilaterali e con poca visione. La tassonomia, e la valutazione degli impatti conseguenti agli investimenti, non deve guardare solo un comparto ambientale, solo un luogo o solo un effetto. Ogni processo è accompagnato da impatti che devono essere valutati lungo il loro ciclo di vita, dall’estrazione di risorse, sia fossili nel caso del carbone o del gas, sia legate ai materiali come le terre rare, nel caso delle rinnovabili. Poi l’uso ed il fine vita non possono essere esclusi dalla valutazione. Non esistono solo gli impatti globali dei cambiamenti climatici, ma anche i rifiuti, comprese le scorie nucleari ed il decommissioning delle centrali, progetti che ancora valutiamo in Commissione Via.

Sarà la mia esperienza come ricercatrice prima e come prorettrice alla sostenibilità all’Università di Genova poi che mi hanno insegnato come non solo i problemi complessi non hanno soluzioni semplici, ma le stesse soluzioni devono essere guardate nel loro insieme, per non spostare impatti da una parte all’altra, da un comparto all’altro, da una generazione all’altra. Quindi torniamo alla necessaria visione ed alla corretta valutazione, muovendoci tutti verso la consapevolezza che l’obiettivo comune è quello della sopravvivenza, del Pianeta e dei sui abitanti, compreso quel genere umano, così ingombrante ed avido, ma così speciale nella sua unicità.

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