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Lezioni dall’Ucraina: freedom is not free

All’Ucraina dobbiamo già un grazie per una lezione che l’Europa sembra aver dimenticato: la libertà non è mai gratis. A Kiev in queste ore si difende molto più di una città. Il commento di Paolo Alli, già presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato

Freedom is not free. Sono sempre stato colpito da questa scritta, incisa nel marmo del Memoriale dei caduti nella guerra di Corea a Washington. Al punto che lo scegliemmo come titolo per una serie di iniziative che la Fondazione De Gasperi organizzò nel 2019 per celebrare il 70mo anniversario della fondazione della Nato.

Non è una espressione facilmente traducibile, soprattutto non si riesce a restituire, in italiano, il doppio significato che in inglese ha l’aggettivo free, che significa sia libero, sia gratuito. Quindi possiamo renderlo come: la libertà non è gratuita. In altri termini, non possiamo mai dare per scontata la libertà, essa va riconquistata ogni giorno. E lo sanno bene i popoli che per troppo tempo hanno dovuto rinunciarvi.

Gli americani hanno spesso utilizzato questo riferimento per motivare il sacrificio dei propri soldati mandati a difendere la libertà lontano da casa, anche a costo della vita. Perché la libertà è un valore non confinabile geograficamente, né limitabile a una categoria di esseri umani: la libertà o è per tutti e ovunque, o non è per nessuno e in nessun luogo.

La difesa strenua della libertà, perciò, viene prima di qualsiasi logica economica o di qualsiasi rapporto di potere, è la scelta di fondo che divide, da sempre, le democrazie dai totalitarismi.

Freedom is not free in Ucraina, oggi. Bisogna essere disposti a pagare un prezzo per garantire al popolo ucraino, da tempo incamminato nel consolidamento della propria libertà, di non tornare indietro di trent’anni per soddisfare la voglia neo imperialista di un uomo ormai accecato dal proprio orgoglio e dalla propria smisurata sete di potere.

È questa la responsabilità dell’Occidente, è questa la responsabilità del nostro Paese.

Bene si sta muovendo l’Unione Europea, che sembra per la seconda volta, dopo la pandemia, cogliere l’opportunità di una grande crisi per rilanciare il progetto dell’Europa dei Popoli, il sogno dei Padri fondatori, troppo spesso tradito da egoismi nazionalistici.

Bene si sta muovendo il governo Italiano, che fa asse con le altre grandi democrazie occidentali.

Certo, non possiamo negare che le sanzioni, unica e imperfetta arma a disposizione dell’Occidente di fronte ai soprusi dello zar di Mosca, rischino di creare seri danni a noi.

Dal delicato equilibrio energetico sul quale il nostro Paese si basa (anche per mancanza di prospettiva strategica degli scorsi decenni – come giustamente sottolineato dal premier Mario Draghi), all’innegabile danno per le imprese che hanno rapporti di business con la Russia (che sarà necessario risarcire in qualche modo). La domanda, però, è: conta di più evitare il sacrificio economico o conservare la dignità di un Paese e di un popolo di fronte al mondo? Personalmente non ho dubbi.

I patetici tentativi, da parte di qualche nostalgico del Putin sottomesso e bisognoso di aiuto di Pratica di Mare, di giustificarlo di fronte all’evidenza di un vero crimine contro l’umanità scompaiono di fronte all’enorme ondata di solidarietà per il popolo ucraino che nasce nel cuore della nostra gente di fronte alle immagini che passano sulle televisioni e che non hanno bisogno di essere commentate.

Gli stessi movimenti di protesta in Russia, come sempre sedati con l’uso della forza, sono un campanello d’allarme per Putin, che deve guardarsi ora al proprio interno: i metodi che egli ha usato potrebbero ritorcersi contro di lui, magari proprio da parte del Fsb (ex Kgb), di cui Putin ha pubblicamente – e imprudentemente – deriso i vertici. Putin che ora alza ulteriormente la posta, menzionando le armi nucleari. Un gesto che suona di disperazione.

Quando questa tragedia finirà, in modo incruento – come speriamo – o violento, servirà un grande piano Marshall per l’Ucraina, che è oggi il fronte dove si scontrano libertà e dittatura, democrazia e totalitarismi. Un fronte sul quale sarà determinante l’atteggiamento della Cina.

Freedom is not free: la libertà non è mai scontata, va riconquistata ogni giorno. Anche togliendo di mezzo, una volta per tutte, l’equivoco che le spese per la difesa siano denaro sprecato: la sicurezza viene prima di tutto.

E a chi continua a pensare che non valga la pena morire per Kiev, ricordo sommessamente che gli Stati Uniti non esitarono a mandare 290.000 giovani a morire per Roma, Parigi, Londra, Berlino.

Freedom is not free: ricordiamocelo ogni giorno



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