Secondo le agenzie di stampa di Mosca l’uomo, ex direttore generale della raffineria di petrolio di Antipinsky, “era nella lista dei ricercati internazionali con l’accusa di abuso di potere”. Palla ora a Roma
Gennady Lisovichenko, un ex dirigente privato del settore petrolchimico in Russia, è stato arrestato in Italia su mandato di cattura internazionale emesso dalla magistratura russa. Lo hanno reso noto le agenzie di stampa russe Tass e Ria Novosti, che citano fonti delle forze dell’ordine secondo cui l’uomo, ex direttore generale della raffineria di petrolio di Antipinsky, “era nella lista dei ricercati internazionali con l’accusa di abuso di potere”.
Quella di Antipinsky, ora sotto il controllo della banca pubblica Sberbank, è la più grande raffineria di petrolio indipendente in Russia, è situata nella zona industriale di Tjumen ed è collegata a due oleodotti.
Come si legge sulle stesse agenzie, nel giugno del 2020, il tribunale di Tverskoj di Mosca, su richiesta del ministero dell’Interno, ha arrestato in contumacia Lisovichenko, in un caso di frode. Nello stesso caso è stato arrestato in contumacia anche Juri Navrazhnij, presidente del gruppo New Stream. Inoltre, nell’agosto 2019, il servizio stampa del dipartimento investigativo del Comitato investigativo russo della regione di Tjumen ha riferito che Lisovichenko è stato inserito nella lista dei ricercati internazionali con l’accusa di abuso di potere.
La notizia arriva all’indomani della telefonata tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. “Della detenzione sono state informate le forze dell’ordine russe, ed è in preparazione una richiesta per la sua estradizione”, recitano le agenzie di Mosca.
Ora palla, dunque, alla magistratura e al governo italiani.
Ma il caso appare diverso da quello dell’estate del 2019 che riguardavano un cittadino russo, Alexander Korshunov, accusato di spionaggio industriale ai danni della Avio Aero (GE Aviation) e arrestato su mandato statunitense dell’Fbi. Allora c’erano di mezzo, appunto, gli Stati Uniti. E nonostante le richieste del dipartimento di Giustizia di Washington, alla fine l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede aveva preferito riconsegnare la presunta spia alla Russia di Putin.