Un lavoro scientifico con un mandato mistico. Così la MIT Technology Review racconta il direttore della ricerca dell’NSA americana Gil Herrera, che lavora su quantum computing, cyber e tecnologia
Quantum computing, sicurezza informatica e tecnologia, a partire dal 5G e dalle sue conseguenze sulla raccolta dei dati: ecco le tre sfide che l’intelligence statunitense deve padroneggiare continuare in futuro a operare con successo: cioè a proteggere gli Stati Uniti e a spiare il resto del mondo. A individuarle è Gilbert (Gil) Herrera, alla sua prima intervista, concessa alla MIT Technology Review, da quando ha assunto l’incarico di direttore della ricerca della National Security Agency, la più grande agenzia di intelligence degli Stati Uniti che rientra nel perimetro del dipartimento della Difesa ed è sotto l’autorità del direttore dell’Intelligence nazionale (incarico attualmente ricoperto da Avril Haines).
Per lui si è trattato, con la nomina ad agosto del 2021, di un ritorno: infatti era già stato all’agenzia prima di entrare ai Sandia National Laboratories. È una figura di spicco nel panorama statunitense dell’innovazione e della sicurezza. Nell’ottobre del 2020 (amministrazione Trump) il dipartimento dell’Energia lo ha scelto per un mandato di tre anni al National Quantum Initiative Advisory Committee.
Davanti a lui e alla National Security Agency c’è un momento decisivo. Il mondo sta cambiando: dalla Guerra fredda ci si sta spostando verso una nuova competizione tra grandi potenze. L’innovazione tecnologica sta accelerando e diventando meno prevedibile. Così facendo, sta influenzando inevitabilmente quella competizione, che non è soltanto militare ma anche tecnologica – basti pensare a una disciplina come la biologia sintetica. Infine, i recenti scandali hanno allontano le aziende che collaboravano con l’agenzia.
Ecco perché la direzione guidata da Herrera, scrive la rivista del Massachusetts Institute of Technology, “deve trovare soluzioni a problemi che non sono ancora reali, in un mondo che non esiste ancora”. Per questo, osserva, “per essere uno con un lavoro profondamente scientifico, Gil Herrera ha un mandato quasi mistico”.
Così l’intervista – i contenuti ma anche la semplice scelta di rilasciarla a una testata come quella di una delle più prestigiose università statunitensi – sembra confermare una tendenza già a più riprese sottolineata su Formiche.net (recentemente in merito alle dichiarazioni di Haines sulle conseguenze legate alla classificazione di grandi quantità di informazioni da parte dell’intelligence). Quella che vede le comunità d’intelligence dei Paesi occidentali tentare di “aprirsi” con due obiettivi. Primo: ricucire il rapporto con i cittadini scrollandosi di dosso il passato di dossieraggi che hanno gettato ombre sul loro operato – di “epoca dei generali” ha scritto Adriano Soi su Formiche.net con riferimento al panorama italiano. Secondo: costruire un solido rapporto con aziende e università riconoscendo che, quando si parla di innovazione, il pubblico ha limiti che il privato non ha.