Skip to main content

Olimpiadi al via. Xi lavora a un sistema politico anti Occidente

Appare lontanissimo il 2008, quando Bush e altri leader occidentali si facevano fotografare con i vertici del Pcc. Oggi a Pechino il segretario apparecchia la tavola a reali e capi di Stato e di governo per mostrare i muscoli. Ma la questione ucraina potrebbe complicare la relazione con Putin

Oggi (venerdì 4 febbraio, ndr) il presidente cinese Xi Jinping presiederà la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Pechino. Inizierà una serie di incontri, che dureranno per tre giorni, con i leader stranieri volati in Cina per l’occasione. Ci sarà anche un banchetto di benvenuto. Presenti più di 30 capi di Stato e di governo, membri delle famiglie reali e alti funzionari delle organizzazioni internazionali.

La diplomazia cinese ha pubblicato la lista degli invitati confermati. Nell’elenco figurano António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, e Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, già al centro delle critiche per la gestione della pandemia Covid-19 e una linea guidata spesso troppo morbido sulla scarsa trasparenza del governo cinese.

Ma il primo citato è il più importante per Xi: il presidente russo Vladimir Putin. Tra i due “leader forti” sembra esserci una “chimica personale”, ha spiegato Steve Tsang, direttore del SOAS China Institute all’Università di Londra, citato dalla CNN.

Seguono poi, tra gli altri, Kassym-Jomart Tokayev, presidente del Kazakistan appena sopravvissuto a violenti disordini in quello che ha chiamato un “tentativo di colpo di Stato”, quello egiziano Abdel Fattah Al Sisi, quello polacco Andrzej Duda, quello serbo Aleksandar Vučić, il principe Alberto II di Monaco, il principe saudita ereditario saudita Mohammad bin Salman, quello emiratino Mohamed bin Zayed, l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, il primo ministro pachistano Imran Khan.

La lista – cioè gli invitati ma anche la pubblicazione della stessa – rappresenta una risposta a quei Paesi, tra cui Stati Uniti, Canada, Australia e Regno Unito, che hanno annunciato il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi di Pechino come segnale di condanna delle violazioni dei diritti umani compiute dal governo cinese a Hong Kong, in Tibet e nello Xinjiang. Sembra che con l’elenco la Cina voglia confermare l’approccio degli Stati Uniti, secondo cui è in corso uno scontro tra democrazie e autocrazie – seppur i due fronti non appaiano affatto omogenei, basti pensare alla presenza a Pechino di alcuni leader dell’Unione europea.

La scelta di questi Paesi è stata definita da Pechino una “posizione politica” oltreché una campagna diffamatoria. La pagheranno a caro prezzo, ha avvertito la diplomazia cinese.

Anche Lituania e Danimarca hanno confermato il boicottaggio diplomatico dell’evento. Austria, Belgio, Paesi Bassi, Lettonia, Svezia, Estonia, Nuova Zelanda e Giappone hanno rifiutato di mandare rappresentanze diplomatiche citando rischi legati al Covid-19 e altre ragioni. L’Italia, che sta lavorando con la Cina in vista del passaggio di testimone tra Pechino 2022 e Milano-Cortina 2026, sarà rappresentata dall’ambasciatore a Pechino Luca Ferrari, in assenza di Valentina Vezzali, sottosegretaria allo Sport, risultata positiva al Covid-19.

Pechino 2022 rappresenta un’occasione di grande visibilità per la Cina e per Xi, oltreché di importanti incontri bilaterali. Il leader ha iniziato incontrando nei giorni scorsi Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico internazionale: è stato il suo primo incontro faccia a faccia con un funzionario straniero dallo scoppio della pandemia che l’ha spinto a non accogliere leader stranieri e a non viaggiare all’estero.

Appare, dunque, lontanissimo il 2008. Ai Giochi estivi di quell’anno l’allora presidente statunitense George W. Bush e altri leader occidentali si erano fatti fotografare mentre salutavano i vertici del Partito comunista cinese. Al contrario, le Olimpiadi invernali di quest’anno sembrano destinate a mettere in evidenza le distanza tra l’Occidente e la Cina.

Ma anche il rapporto della Russia con questi due. E così torniamo all’incontro più importante per Xi, quello con Putin, che prima di partire per Pechino ha affidato all’agenzia di stampa cinese Xinhua un articolo in cui sottolinea che “i nostri Paesi sono vicini e legati da tradizioni secolari di amicizia e fiducia”. Prima dell’occasione offerta della Olimpiadi, il presidente cinese ha incontrato quello russo più di ogni altro capo di Stato: 37 volte da quando i due sono alla testa di Cina e Russia, ricorda il New York Times. Durante il loro ultimo faccia a faccia – virtuale a dicembre – Xi ha chiamato Putin “vecchio amico”. In quell’occasione i due hanno promesso di impegnarsi per la costruzione di un sistema politico e finanziario non dominato dagli Stati Uniti e dal dollaro, rifiutando “atti egemonici e mentalità da guerra fredda” che, hanno spiegato, caratterizzano l’Occidente oggi.

In cima all’agenda bilaterale c’è inevitabilmente l’Ucraina, dossier che potrebbe rafforzare i legami tra Cina e Russia. Soprattutto nel caso in cui quest’ultima dovesse essere duramente colpita dalle sanzioni occidentali ritrovandosi a dover aumentare la dipendenza economica dalla prima. Che, a sua volta, potrebbe apprezzare il fatto che gli Stati Uniti debbano spostare la loro attenzione sulla situazione in Est Europa.

Era già accaduto qualcosa di simile nel 2014 con l’invasione della Crimea (annessione mai riconosciuta da Pechino). Ma la situazione dei rapporti bilaterali è cambiato: i due Paesi sono più connessi. La Cina è un grande acquirente di armi, pesce e legname dalla Russia e nel 2020 è stato il primo Paese importatore di petrolio greggio e gas naturale dalla Russia.

Ma ha sottolineato Tsang, “davanti a tutte le questioni strutturali che rendono la relazione Cina-Russia una partnership strategica complessa e difficile”, Xi e Putin “sono molto più cooperativi l’uno con l’altro” rispetto ai leader che li hanno preceduti alla guida delle due nazioni.

Tuttavia, proprio la situazione in Ucraina rischia di essere un boomerang per le relazioni tra Cina e Russia. Pechino, pur invitando Washington ad affrontare le “ragionevoli preoccupazioni di sicurezza” di Mosca in Europa, ha sempre sottolineato la necessità di una risoluzione pacifica del conflitto.

Spesso la questione tra Ucraina e Russia viene equiparata a quella tra Taiwan e Cina sottolineando che un passo falso o una concessione di troppo da parte degli Stati Uniti alla Russia potrebbe spingere la Cina a compiere un gesto in avanti verso l’isola che ritiene un suo territorio. Ma “Pechino è nella posizione scomoda di vedere un Paese sovrano invadere un altro Paese sovrano”, ha osservato Derek Grossman, analista alla Rand Corporation, citato dal New York Times. “Questo va contro la non interferenza, che la Cina, almeno sulla carta, ha strenuamente sostenuto”.



×

Iscriviti alla newsletter