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Putin può finire davanti alla Corte penale internazionale?

Di David Donat-Cattin

L’Ucraina ha accettato la giurisdizione della Corte penale internazionale istituita nel 1998 anche con il voto favorevole della Russia presieduta da Boris Eltsin (Putin nel 2016 ha interrotto il processo di ratifica). Il prosecutor ha usato frasi di sconcertante equidistanza, ma avrebbe il potere di esercitare l’azione penale. Come? Lo spiega David Donat-Cattin, Segretario-Generale, Parliamentarians for Global Action (PGA); Adjunct Professor of International Law, Center for Global Affairs, NYU

Il 24 febbraio 2022 è il punto di rottura dell’ordine mondiale o, quantomeno, europeo che ha garantito decenni di relativa pace a seguito della seconda guerra mondiale: l’invasione dell’Ucraina da parte di una potenza detentrice di armamenti nucleari, la Federazione Russa, è un fatto storico di portata enorme, con conseguenze che potrebbero essere estremamente significative.

Tra di esse, vi dovrebbe essere una rivalorizzazione dell’importanza del Diritto internazionale, le cui violazioni flagranti e ripetute hanno caratterizzato l’ultimo ventennio, dall’11 settembre 2001 al 15 agosto 2021, giorno del ritorno al potere del regime totalitario dei Talebani in Afghanistan, in cui la pratica della riduzione in schiavitù – un crimine contro l’umanità in base al Diritto internazionale vigente – avviene quotidianamente contro donne e bambini.

La percezione che le norme del Diritto internazionale siano state erose al punto da garantire totale impunità per i perpetratori dei delicta juris gentium, o crimini del Diritto internazionale, potrebbe aver incoraggiato la realizzazione di una guerra di aggressione da parte del Presidente della Federazione russa, anche perché le gravissime atrocità di massa commesse nel conflitto siriano dalle divisioni russe di terra ed aeree sono rimaste totalmente impunite, a partire dall’assedio di Aleppo, che ha probabilmente provocato più vittime civili dei massacri imputabili al Daesh/ISIS.

Sede della Corte penale internazionale a L’Aja

Ma lo scenario bellico ucraino è diverso da quello siriano almeno dal punto di vista della giurisdizione penale internazionale: infatti, al contrario del regime sanguinario di Assad, l’Ucraina democratica ha accettato la giurisdizione della Corte penale internazionale attraverso una dichiarazione ad hoc, nel 2015, su crimini di guerra, crimini contro l’umanità ed atti di genocidio perpetrati nei propri territori internazionalmente riconosciuti, inclusi quelli illegalmente annessi dalla Federazione Russa (la Crimea) e quelli illegalmente occupati da forze ribelli sostenute della Federazione Russa (le sedicenti Repubbliche autoproclamate del Donbass, recentemente riconosciute con atto puramente politico e privo di conseguenze sul piano del Diritto internazionale dalla Federazione Russa). Inoltre, il parlamento ucraino – la Rada – ha emendato la costituzione nel 2016 inserendovi una norma in cui l’Ucraina accetta la giurisdizione della Corte penale internazionale istituita dallo Statuto di Roma, adottato il 17 luglio 1998 anche con il voto favorevole della Russia presieduta da Boris Eltsin alla fine di una conferenza diplomatica dell’ONU che si concluse in Campidoglio con una cerimonia di apertura alle firme celebrata dal Sindaco di Roma Francesco Rutelli alla presenza del Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan.

Il 24 febbraio stesso, in tarda serata, il nuovo Prosecutor della Corte penale internazionale, il giurista britannico Karim Khan, ha emesso un comunicato da cui traspare l’intenzione di perseguire le atrocità perpetrate nel conflitto russo-ucraino, sebbene utilizzando un linguaggio che evoca un senso di sconcertante equidistanza tra le due parti in causa. Il Prosecutor Khan ha affermato:

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While on mission in Bangladesh, I have been closely following recent developments in and around Ukraine with increasing concern. 

I remind all sides conducting hostilities on the territory of Ukraine that pursuant to the declaration lodged on 8 September 2015, accepting jurisdiction of the International Criminal Court (“ICC” or the “Court”), my Office may exercise its jurisdiction over and investigate any act of genocide, crime against humanity or war crime committed within the territory of Ukraine since 20 February 2014 onwards. 

Any person who commits such crimes, including by ordering, inciting, or contributing in another manner to the commission of these crimes, may be liable to prosecution before the Court, with full respect for the principle of complementarity. It is imperative that all parties to the conflict respect their obligations under international humanitarian law. 

My Office has also received multiple queries on the amendments to the Rome Statute with respect to the crime of aggression, which came into force in 2018, and the application of those amendments to the present situation. Given that neither Ukraine nor the Russian Federation are State Parties to the Rome Statute, the Court cannot exercise jurisdiction over this alleged crime in this situation. 

My Office will continue to closely monitor the Situation in Ukraine. In the independent and impartial exercise of its mandate, the Office remains fully committed to the prevention of atrocity crimes and to ensuring that anyone responsible for such crimes is held accountable. 

Following my return to The Hague, I intend to issue a more detailed statement regarding the Situation in Ukraine, providing clarity on my assessment and the next steps I envisage in relation to this file.

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Karim Khan

[Mentre sto conducendo una missione in Bangladesh [per indagare su crimini internazionali relativi alle deportazioni delle popolazioni rohingya del Myanmar], sto seguendo i recenti sviluppi in Ucraina e dintorni con crescente preoccupazione. 

Ricordo a tutte le parti che conducono ostilità sul territorio dell’Ucraina che, in base alla dichiarazione depositata l’8 settembre 2015 relativa all’accettazione della giurisdizione della Corte penale internazionale (“CPI” o “Corte”), il mio Ufficio può esercitare la propria giurisdizione ed indagare su qualsiasi atto di genocidio, crimine contro l’umanità o crimine di guerra commesso nel territorio dell’Ucraina dal 20 febbraio 2014 in poi. 

Chiunque commetta tali reati, anche ordinando, istigando o contribuendo in altro modo alla perpetrazione di tali reati, può essere perseguito dinanzi alla Corte, nel pieno rispetto del principio di complementarità. È imperativo che tutte le parti in conflitto rispettino i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario. 

Il mio Ufficio ha inoltre ricevuto numerose domande sugli emendamenti allo Statuto di Roma in relazione al crimine di aggressione, entrato in vigore nel 2018, e sull’applicazione di tali emendamenti alla situazione attuale. Dato che né l’Ucraina né la Federazione Russa sono Stati Parte dello Statuto di Roma, la Corte non può esercitare la giurisdizione su questo crimine in questa situazione. 

Il mio ufficio continuerà a monitorare da vicino la situazione in Ucraina. Nell’esercizio indipendente e imparziale del suo mandato, l’Ufficio rimane pienamente impegnato nella prevenzione dei crimini di atrocità e nel garantire che i responsabili di tali fattispecie siano perseguiti e puniti. 

A seguito del mio ritorno all’Aja, intendo rilasciare una dichiarazione più dettagliata sulla situazione in Ucraina, chiarendo le mie valutazioni sui prossimi passi che prevedo in relazione a questo dossier.” ]

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La dichiarazione del Prosecutor della Corte penale internazionale illustra una contraddizione molto seria per la Comunità Internazionale, purtroppo provocata da un emendamento allo Statuto di Roma adottato a Kampala nel 2010 attraverso il quale, a fronte della storica accettazione unanime degli Stati della definizione del crimine di aggressione, gli Stati Uniti d’America ottennero un’esenzione dei nazionali di Stati Non Parti allo Statuto di Roma per i leader che pianifichino ed ordinino guerre di aggressione. In altre parole, l’esenzione richiesta ed ottenuta dai negoziatori USA in un periodo storico in cui la cosiddetta ‘guerra globale al terrorismo’ aveva già portato ferite mortali alla legalità internazionale, diviene oggi garanzia di impunità sull’aggressione per i leader politici e militari della Federazione Russa che hanno scatenato una guerra sul suolo di uno Stato sovrano e indipendente, l’Ucraina, che ha accettato ad hoc la giurisdizione penale dello Corte pur non avendone ancora ratificato lo Statuto, abdicando così ad esercitare i diritti e le responsabilità di una Stato Parte.

Pertanto, è un fatto giuridico che la Corte dell’Aja non possa stabilire la responsabilità penale personale degli aggressori in Ucraina, sebbene costoro abbiano violato cumulativamente due norme fondanti per il Diritto internazionale contemporaneo, ossia, il divieto dell’uso della forza armata ex Articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite e la proibizione a carattere perentorio (jus cogens) ed inderogabile del crimine di aggressione, come definito nei principi di Norimberga riaffermati di diritto internazionale consuetudinario sin dalla risoluzione 95 dell’Assemblea Generale dell’ONU del 1946, dalla Commissione del Diritto Internazionale dell’ONU nel 1950 e dalla risoluzione 3314 dell’Assemblea Generale ONU del 1974, recentemente riaffermati e specificati negli Articoli 5 e 8bis dello Statuto di Roma della CPI (1998 e 2010, entrati in vigore rispettivamente nel 2002 e nel 2018).

Ma non tutto è perduto. Infatti, l’esercizio dell’azione penale da parte del Prosecutor della CPI è guidato dal criterio di priorità della gravità delle fattispecie, e il cumulo attuale di crimini di guerra e di eventuali crimini contro l’umanità con il crimine di aggressione dovrebbe portare il Prosecutor all’apertura delle indagini e alle incriminazioni di individui che dirigono le forze della potenza militare che conduce la campagna di aggressione. Ciò dovrebbe significare che, fermo restando l’obbligo giuridico per tutte le parti del conflitto a rispettare le norme del diritto internazionale umanitario (ad esempio, il divieto di colpire dolosamente le popolazioni civili), la responsabilità dei leader russi risulterebbe aggravata dal fatto che gli stessi abbiano perpetrato crimini di guerra nel contesto di una guerra di aggressione che essi stessi hanno pianificato ed ordinato.

Infatti, in base all’Articolo 78 dello Statuto di Roma in materia di pene, la gravità dei fatti e le circostanze personali del perpetratore sono da valutare quali fattori aggravanti o attenuanti in relazione alla pena da comminare in concreto: ciò significa che il Presidente della Federazione Russa potrebbe essere identificato come il responsabile principale delle fattispecie criminose in atto, anche alla luce dell’inapplicabilità delle immunità dei Capi di Stato riaffermate inequivocabilmente nell’Articolo 27 dello Statuto. In sostanza, la leadership russa che muove le pedine sullo scacchiere bellico ucraino non può contare sullo spazio di totale impunità che si era garantita in Siria attraverso la connivenza del Governo di Assad e l’uso del veto nel maggio 2014 al progetto di risoluzione sottoscritto da 13 Stati su 15 (eccetto Russia ed anche Cina) per il rinvio del conflitto in Siria alla giurisdizione della CPI ben prima che l’ISIS invadesse l’Iraq. È pertanto utile ed importante che il Prosecutor della Corte agisca prontamente al fine di emettere mandati di arresto per i gravi crimini di guerra che vengano commessi nel quadro della guerra di aggressione contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica dell’Ucraina.

Per saperne di più in tema di giurisdizione penale internazionale, https://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/DPC_Riv_Trim_4_2018_Lattanzi.pdf

Per saperne di più su Parliamentarians for Global Action, che è presente in Ucraina con un gruppo nazionale: www.pgaction.org e, in particolare, PGA FIRMLY CONDEMNS THE AGGRESSIVE WAR LAUNCHED BY THE RUSSIAN FEDERATION AGAINST UKRAINE – News and Activities (pgaction.org) 


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