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Putin, l’autocrate che si crede imperatore

Una prova di forza? No, di debolezza. Lo show di Putin in Ucraina mette a nudo i timori di un autocrate che invecchia e ora non si sente più sicuro. Neanche in casa propria. Il commento di Brian Katulis, non-resident Senior fellow del Center for American Progress

Le mosse della Russia in Ucraina mettono a nudo in molti modi un profondo senso di insicurezza e una mancanza di fiducia. Potrebbero essere interpretate come una dimostrazione di forza, di potere. E invece dimostrano l’esatto opposto.

La crisi Ucraina nel 2022 sarà probabilmente ricordata come l’ultimo segnale inequivocabile di come il potere russo nel mondo sia in declino. Il risultato delle azioni di Mosca, specialmente se dovesse spingersi oltre, accelererà la debolezza economica e l’isolamento della Russia.

Minacce e bugie solitamente non sono il segno distintivo di un Paese che si sente rassicurato – e la traiettoria degli eventi negli ultimi mesi mostra come il presidente russo Vladimir Putin abbia un complesso di inferiorità nei confronti del Paese che guida, e una percezione cronica di debolezza e inadeguatezza che lo porta ad adottare azioni aggressive e provocazioni frequernti.

La vera sfida che abbiamo di fronte – non importa quali altre decisioni la Russia intenda prendere – è frenarne le azioni con una serie di incentivi e disincentivi che spingano la leadership russa a più saggi consigli. Non è un compito facile, perché richiede una più grande unità di intenti in un Paese come gli Stati Uniti o in tanti Pasi europei che fanno i conti con forti divisioni interne. Per di più, gli alleati della Nato e gli europei hanno più di una divergenza sul da farsi. E tuttavia, se si vuole cercare un lato positivo di questa crisi è che ha facilitato un’unità e una compattezza fra questi Paesi come non se ne vedevano dagli attacchi dell’11 settembre, vent’anni fa.

Se il dibattito sulla Russia si concentrerà inevitabilmente ora sui mezzi militari e diplomatici necessari a contenerne le azioni, è importante dare uno sguardo anche ai fattori economici. La Russia è un attore economico relativamente piccolo su scala globale, con un Pil pari a circa 1,5 triliardi di dollari su oltre 90 triliardi, che mette il Paese alla undicesima posizione mondiale, fuori dalla top ten delle più grandi economie.

Stati americani come California, Texas e New York da soli hanno un Pil superiore a quello russo. L’economia italiana, ad esempio, con i suoi 2 triliardi di dollari di Pil è su un gradino più alto dell’economia russa. Sono tutti dati che ci danno una prospettiva importante, tanto più se comparati con il Pil da 15 triliardi di dollari dell’Ue e la ben più imponente forza dell’economia americana da 20 triliardi di dollari.

Considerato tutto questo, l’America e l’Europa rappresentano circa il 40% dell’economia globale. La Russia, a confronto, meno del 2%. Ovviamente non tutto il potere è economico – ci sono altri fattori importanti come il potere militare o l’abilità di manovrare i mercati globali dell’energia, e in questi settori la Russia gioca ancora un ruolo di primo piano.

La Russia, in definitiva, ha un peso superiore alle sue risorse effettive grazie soprattutto alla sua produzione di energia e alle sue mosse per impattare la sicurezza energetica di altri Paesi. E ovviamente ha un potere militare che non si può ignorare, come dimostrano le azioni in Ucraina.

Ha più di 6000 armi nucleari e Putin ci tiene a ricordarlo al mondo. Per questo motivo la scorsa settimana ha dato il via ad esercitazioni teatrali con queste armi e ha fatto sapere che avrebbe personalmente assistito allo spettacolo. Un annuncio che in effetti non è così diverso da quelli che la Corea del Nord fa su base regolare – motivo di preoccupazione, certo, visto il pericolo delle armi nucleari, ma in ultima istanza una richiesta di attenzione e un segno di debolezza.

Quel che abbiamo visto finora da parte russa in questa crisi ucraina orchestrata ad hoc è una classica manifestazione di “troll power”, non certo il segnale di un Paese che si percepisce potente e ha fiducia dei suoi mezzi.

Resta da vedere se la Nato avrà la forza di impedire alla Russia di invadere per intero l’Ucraina. Se tuttavia Mosca deciderà di imboccare questa strada, l’Occidente sarà in grado di infliggere un danno tale da accelerare il declino della Russia, già in moto da decenni. Seguirà probabilmente un ciclo di concessioni e contro-reazioni, un test fondamentale per saggiare l’unità di intenti e la volontà degli alleati. In questo precario equilibrio di potere globale, la Russia gioca ormai un ruolo di secondo piano, non per ultimo a causa di un leader intrappolato nel passato, che si sente debole e sfidato in casa sua.

Le sfide che aspettano Putin in Russia non dovrebbero infatti essere sottostimate. Certo, l’opposizione politica rimane debole e sotto scacco della repressione del presidente, notevolmente aggravata negli ultimi anni. Ma per ogni azione c’è una reazione, e le recenti mosse di Putin hanno alienato i russi a casa, specie i più giovani. Un’invasione totale dell’Ucraina potrebbe diventare un boomerang in Russia – staremo a vedere. Rimane sullo sfondo il quadro di un sistema politico russo debole, privo di libertà e sempre più fragile, con un autocrate che sta invecchiando e cerca disperatamente di mantenere la sua presa sul potere.

C’è un’arena però dove più che altrove risiede la vera competizione tra Russia e Occidente, ed è quella dei valori fondamentali. Cestinata da tanti in America ed Europa, intellettualmente ed emotivamente esausti dalle guerre in Iraq e in Afghanistan e le divisioni politiche in casa propria, questa battaglia tra idee e valori non è mai finita e non si può ignorare.

Per dirla più semplice: l’America e i suoi alleati europei hanno un grande potere in termini tradizionali, sul piano militare ed economico. Sommato, supera di gran lunga il potere della Russia. Ma è in questa arena valoriale – che il presidente Joe Biden ha descritto come una competizione tra democrazie e autocrazie – che si gioca la partita più sensibile. Questa competizione non si giocherà solo sui campi ucraini ma anche sul fronte politico interno in America ed Europa.

L’Occidente si ricorderà di questo suo potere? Dei valori per cui si erge e dei principi fondamentali che informano le sue istituzioni e i suoi sistemi di governo? Riuscirà a forgiare una più forte unità di intenti e a coordinare un’azione comune? A prendere decisioni che non si limitino a reagire ai giochi russi in un angolo d’Europa?

A queste domande, nei prossimi mesi, bisognerà dare una risposta, in un modo o nell’altro.

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