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“Reputazione a rischio”, ovvero come nasce una fake news

Di Marco Costante

Un ex manager dell’alta finanza si trasforma all’improvviso in cantautore e tutti credono alla sua storia: con il suo nuovo docufilm-inchiesta, in anteprima nazionale a Roma il 3 marzo, Davide Ippolito racconta come sia facile oggi “vendere” fake news e identità fasulle anche ai grandi media

Il 5G inoculato attraverso le dosi di vaccino, il Covid-19 sintetizzato in un laboratorio di Wuhan e tantissime altre. La circolazione di fake news è oggi un fenomeno lapalissiano, noto a tutti e sempre più invadente anche nell’agone politico. D’altra parte chi di noi non ha almeno un parente alla lontana o un conoscente che condivide convintamente e quotidianamente sui propri social notizie di dubbia provenienza e facile confutabilità?

C’è chi, ridicolizzando le bufale e i relativi “boccaloni”, si è addirittura costruito una propria fanbase sui social, come Gian Marco Saolini, il ragazzo che, su Facebook, ha interpretato negli ultimi anni centinaia di diverse “maschere” dal dietro le quinte del mondo reale (medici, tecnici, poliziotti, ecc.) per giocare a indignare gli utenti più creduloni sui temi più caldi del momento.

Il fenomeno da un lato preoccupa, dall’altro incuriosisce e non poco da un punto di vista sociologico. Forse proprio perché affascinato da queste dinamiche così presenti nel nostro vivere “social” quotidiano, il cineasta, autore e marketer napoletano, Davide Ippolito, ha deciso di vivisezionare e raccontare una fake news nel suo ultimo docufilm, “Reputazione a rischio”. Un documentario che è innanzitutto un esperimento sociale e che mette a nudo la vulnerabilità del nostro sistema di informazione di fronte a chi sa creare, ad arte, il falso.

A prestarsi all’esperimento e a fare da protagonista nel docufilm, è il Top Manager, ex Lehman Brothers, Terenzio Cugia di Sant’Orsola, che ha vestito i panni di un cantautore americano al lancio del suo primo album in Italia. Volutamente provocatorio, “Reputazione a Rischio” rende evidente come oggi sia sufficiente qualche piccolo escamotage per dare credibilità a una storia costruita sul nulla, assicurando a un uomo un totale “fresh start”, assegnandogli un volto nuovo e garantendogli le attenzioni della stampa di settore, ospitate in TV e in radio.

Il documentario fornisce una chiave di lettura molto rilevante del cambiamento imposto dalle big four della Silicon Valley (Facebook, Amazon, Google, Apple) alle nostre vite private. È un campanello d’allarme che ci mette in guardia dai pericoli che incombono sulla nostra reputazione, un bene da tutelare, imparando a fruire correttamente degli strumenti digitali.

E non a caso, l’idea di “Reputazione a rischio” nasce dal direttore della rivista Reputation Review, già autore di Reputazione: Capitale del Terzo Millennio, Davide Ippolito. Al progetto hanno poi collaborato tantissimi esperti di comunicazione e marketing, come Viola Bachini, autrice del libro Fake People, Carmine Spatolisano, Ceo di Telejnform, Michele Sorice della Luiss Guido Carli, Joe Casini cofondatore di Reputation rating, facendo del film anche un dibattito aperto sulle manipolazioni a cui la nostra vita oggi ci sottopone.

Nel documentario appaiono anche voci autorevoli dal mondo delle professioni e dell’impresa, come Mario Mantovani (presidente Cida e Manageritalia), Vito Grassi (Vice Presidente Confindustria), Stefano Cuzzilla (Presidente Federmanager), Matteo Fago (Venere.com e Il Salvagente), Andrea Maria Mazzaro (presidente Federprofessional) e Claudio Brachino (giornalista e volto storico dell’informazione italiana).

“Reputazione a rischio” sarà presentato, in anteprima nazionale, giovedì 3 marzo, a Roma, alla Casa del Cinema di Villa Borghese e, dopo l’uscita in sale selezionate del territorio italiano, sarà disponibile dal 15 Aprile su Business+, la prima piattaforma TV multichannel dedicata a manager e imprenditori, con la direzione editoriale di Claudio Brachino.



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