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Riforma costituzionale, tutto è come sembra?

Bello vedere la parola “ambiente” in Costituzione. Questo è da premettere. Ma il bello non sempre è utile e/o funzionale. La riflessione di Angelo Lucarella sull’articolo 9 della Costituzione

Se qualcuno gioisce per la riforma costituzionale approvata pochi giorni fa dal Parlamento italiano, c’è chi invece pensa a un vero e proprio “assurdo” giuridico, politico e sociale.

Bello vedere la parola “ambiente” in Costituzione. Questo è da premettere. Ma il bello non sempre è utile e/o funzionale. La differenza non è solo estetica (come scienza) laddove per tale, sia ben inteso, non va considerata la moda di inventarsi ogni giorno costituzional-gestori della costituzional-Carta stessa.

Nella filosofia kantiana l’estetica trascendentale, ad esempio, è lo studio dei principi a priori dell’intuizione sensibile. Bene, quale sarebbe l’intuizione politico-giuridico-sociale nell’avere modificato l’art. 9 della Costituzione?
Leggiamo il prima e il dopo ed uniamo alcune considerazioni.

L’articolo in esame, fino a pochi giorni fa, recitava “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. È evidente un dato: esisteva ed esiste la tutela del paesaggio. Termine che etimologicamente ingloba tutto ciò che ricade nell’accezione estensiva di popolo, nazione, patria, confini, ecc.; se qualcuno pensasse che non c’è l’elemento marino si sbaglia perché esso è considerabile all’interno del confine e della patria.

L’art. 9, nuovo di zecca (in base al disegno di legge costituzionale, come riporta il Senato con documento n. 1203 – d’iniziativa del senatore Perilli), enuncia, in più rispetto a quanto sopra, che, sempre la Repubblica, “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Ora, basandoci su dati storici, decisioni di Corte Costituzionale (sent. 1146/1988), spirito dei Padri e delle Madri Costituenti, non pare che, a prima vista, inserire il termine ambiente sia ridondante? E non pare la stessa cosa per biodiversità, ecosistemi? Tali ultimi termini sono alla portata di tutti (mediamente e maggiormente parlando)?

Il presidente della sede plenaria di commissione dell’Assemblea costituente, Meuccio Ruini, avviò i lavori del 23 luglio 1946 sottolineando proprio che “il testo della Costituzione dovrebbe essere piano, semplice, comprensibile anche alla gente del popolo”. Risparmio qui l’esito perché risaputo.

Sorge una domanda. Possibile che i Costituenti, i quali soffrirono guerre, inquinamenti, devastazioni, ecc., dimenticarono di considerare la più ampia e la più alta tutela per l’ambiente in quanto tale nei principi fondamentali della Costituzione?

No, non dimenticarono alcunché perché al centro della Costituzione c’è la dignità della persona umana che ne diventa anche principio e fine della Costituzione stessa (giusto per ricordare personalità come Aldo Moro a cui ci si dovrebbe inchinare).

Ciò sta a significare che l’ambiente dell’Uomo, unito al diritto alla salute, è la precondizione di dignità della sua esistenza per la Repubblica. Cosa ricavabile nel principio inviolabile e fondamentale dell’art. 2 della Costituzione che a sua volta ha un collegamento elevatissimo con l’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo “Ogni individuo ha diritto alla vita”.

Morale della questione: la modifica dell’art. 9 Cost., per come avvenuta, non potrebbe rappresentare una sorta di offesa ai Costituenti? E andiamo ancora avanti in questa analisi. Si cerca un senso politico-giuridico su altro piano: quello generazionale.

Tradimento o avvicinamento è il termine consono? Perché l’utilizzo di uno o l’altro termine implica un ulteriore grado di offesa, ben più grave di quanto illustrato sinora, nei confronti sia dei Costituenti che dei giovani (ma anche dei meno giovani volendo).

Riprendiamo un attimo la frase del nuovo art. 9: “Anche nell’interesse delle future generazioni”. Quale traduzione attende a questa fraseologia?

Punto primo: già prevedere la parola “anche” perimetra la subordinazione delle predette future generazioni alle esistenti relegandole a dimensione puramente secondaria. Non si tratterebbe di coloro mai nati, ma di coloro nati ma non ancora degni dell’essere pari. Un’assurdità totale.

Quindi, a voler salvare il salvabile, si tratterebbe di una frase c.d. “strumentale a clamorizzare” (si consenta l’eccesso terminologico) il concetto di base: cioè che la tutela dell’ambiente sia necessaria a garantire la buona vita anche per il futuro. Non si poteva scrivere, allora, proprio quest’ultimo concetto? Niente da fare. L’assenza di discussione parlamentare fa contrasto con l’alto senso del confronto dei nostri Costituenti.

C’è un’ultima cosa da dire: la Costituzione italiana nasce con la caratteristica genetica (sul piano politico-giuridico) di essere programmatica. Cioè di guardare già al futuro.

Con grande amarezza si può ricavare, allora, una sintesi: – che chi ha scritto e approvato quella fraseologia, ora nell’art. 9 della Costituzione, non conosceva e non conosce quanto appena detto sulla connotazione programmatica (grave); – che questo Parlamento (o meglio parte di esso) presumeva la non tutela delle generazioni a priori (vergognoso). Luigi Einaudi, illustre Presidente della nostra Repubblica, affermava che occorresse “conoscere per deliberare” e non il contrario.

Cari giovani, non vi sentite un po’ traditi da noi adulti con questa nuova lettura della Costituzione?

Spero abbiate la carità di riportarci, come generazioni più grandi, con i piedi per terra. Molto per terra. Toccare la Costituzione, anzi pensare minimamente di sfiorarla, è un fatto di talento nella sua accezione più umile e nobile al tempo stesso. “Talento”, d’altronde, è una parola di origine greca il cui significato indica una misura di peso e/o moneta. Ma in latino assume il significato anche di bilancia, portare, sollevare, alzare, ecc. Potremmo dire, infine, elevare. Termine a sua volta da cui deriva essere “eletto”. Insomma una parola che fa rima con dedizione, sacrificio, lavoro e studio. Torniamo ad esser nani sulle spalle dei giganti. Per favore.

Le nuove generazioni ci saranno grate. Non c’è bisogno di un “anche” per dire che si sta pensando a loro. Anzi si deve a prescindere da ciò.

La Costituzione non ha bisogno mica di dirlo. Non è un gioco a chi lo scrive per primo.
Cosa direbbe il sommo Dante Alighieri di questa riforma costituzionale? “Tanto gentile e tanto onesta pare”?
Forse meglio un’altra: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.



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