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Pechino nega l’invasione russa ma teme per Taiwan

La Cina insiste con l’ambiguità sull’Ucraina e attacca Usa e Nato. Ma ora teme che la situazione nell’Est Europa alimenti il secessionismo a Taipei

Anche in risposta all’invasione delle truppe russe che hanno superato il Donbass, sull’Ucraina il governo cinese continua lungo la direttrice dell’ambiguità già intrapresa nelle ore successive la decisione del presidente Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk.

Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha respinto l’uso del termine “invasione” adoperato da un giornalista straniero per descrivere l’attacco russo in Ucraina: “Un uso preconcetto delle parole”, l’ha definito in conferenza stampa. Pechino “segue da vicino gli ultimi sviluppi e sollecita tutte le parti a esercitare moderazione e a evitare che la situazione vada fuori controllo”, ha aggiunto. Poi l’affondo agli Stati Uniti e alla Nato: “Hanno mai pensato alle conseguenze di spingere un grande Paese contro il muro?”.

Tuttavia, secondo Ni Lexiong, esperto di difesa operativo a Shanghai, la decisione della Russia di riconoscere l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk “è uno schiaffo in pieno volto a Pechino”, dato che il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha da poco sottolineato l’importanza di rispettare la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi. L’analista, citato dal South China Morning Post, ha aggiunto che il presidente russo Putin agisce certo del fatto che la Cina non si unirà agli Stati Uniti nella condanna di Mosca, data la persistente tensione tra i due.

Ma la sfida agli Stati Uniti e all’Occidente in generale è una ragione sufficiente per spingere la Cina al fianco della Russia? Forse no. Ed ecco spiegata l’ambiguità. La prima preoccupazione di Pechino è che la situazione in Ucraina diventi tema di dibattito nel Paese. Tanto che, se la diplomazia e i media cinesi ne parlano diffusamente (e spesso in lingua inglese), lo stesso non si può dire della narrativa “interna”.

Gli unici messaggi della propaganda del Partito comunista cinese sono avvertimenti. Come quello di Ma Xiaoguang, portavoce dell’ufficio affari di Taiwan al Consiglio di Stato, che ha invitato le autorità del “secessionista” Partito progressista democratico, quello della presidente Tsai Ing-wen, a non giocare con la retorica degli Stati Uniti e dell’Occidente per sfruttare la questione dell’Ucraina al fine di cavalcare la cosiddetta “coercizione militare” di Pechino. Dietro quest’ultima si nasconde l’intenzione di “internazionalizzare” la questione di Taiwan e incitare sentimenti “anticinesi” sull’isola, ha detto Ma, amplificato dal Global Times, megafono in lingua inglese della propaganda cinese.

La scommessa di Putin, ha spiegato ancora Ni citato sempre dal South China Morning Post, si basa sul fatto che l’amministrazione Biden non schieri truppe per aiutare l’Ucraina in quanto questa non è ancora un membro formale della Nato. Ma se la situazione dovesse aggravarsi, potrebbe trasformarsi in una guerra mondiale, che metterebbe alla prova la “saggezza politica” della leadership cinese, ha detto: “La Cina dovrà affrontare diverse scelte una volta che scoppierà una guerra, ma soprattutto, Pechino non dovrebbe stare dalla parte dei perdenti”.

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