Giuseppe Pennisi legge per Formiche.net il policy paper sulla strategia sanitaria dell’Ue redatto dal Centro studi Bruegel. Un documento che traccia un bilancio delle lezioni sino ad ora apprese dall’esperienza nel combattere la pandemia di Covid-19
Il Centro studi Bruegel ha pubblicato l’8 febbraio un interessante policy paper sulla strategia sanitaria nell’Unione europea. Il documento, ignorato dai media italiana, traccia un bilancio delle lezioni sino ad ora apprese dall’esperienza nel combattere la pandemia di Covid-19, in cui – come più volte rilevato su questa testata – i 27 dell’Unione europea, tranne che per l’acquisto centralizzato dei vaccini – sono andati in gran misura in ordine sparso – e delinea aree di cooperazione.
È utile riassumerne i punti centrali e commentarli. Nelle quindici paginette redatte d Anne Bucher si inizia mettendo in rilievo che i risultati sanitari nell’Ue sono buoni per gli standard internazionali, anche rispetto ad altre economie sviluppate, e sono migliorati continuamente prima del Covid-19. Ciò riflette l’allineamento degli obiettivi di miglioramento della salute e del benessere con l’obiettivo socioeconomico generale della prosperità e suggerisce che non è necessaria una revisione radicale della politica sanitaria dell’Ue. Tuttavia, l’Ue potrebbe beneficiare di una più stretta integrazione in alcuni settori ed essere più efficace nel fornire un elevato livello di protezione della salute. Si potrebbe intervenire nei seguenti settori.
Le proposte della Commissione europea formulate nel novembre 2020 in merito all’“Unione della Salute” per aumentare la resilienza alle minacce sanitarie transfrontaliere è ambizioso, in particolare con l’istituzione di un’Autorità di risposta alle emergenze sanitarie. L’Ue dovrebbe perseguire ulteriormente l’approccio dell'”Unione della Salute” per affrontare le problematiche transfrontaliere e migliorare la sicurezza sanitaria. Potrebbe, ad esempio, fare di più per affrontare la resistenza antimicrobica o definire requisiti minimi per la resilienza dei sistemi sanitari.
Per le malattie non trasmissibili, l’Ue dovrebbe sfruttare le economie di scala della ricerca e della conoscenza organizzate a livello dell’Unione mettere in atto sistemi per la sorveglianza delle malattie non trasmissibili e il consolidamento delle conoscenze scientifiche. Ciò potrebbe essere ottenuto attraverso un’estensione alle malattie non trasmissibili del mandato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Il principio “La salute in tutte le politiche” è un canale fondamentale per conseguire buoni risultati sanitari a livello dell’Ue. Le agenzie scientifiche dell’Ue forniscono valutazioni del rischio sanitario in una serie di settori, ma l’Ue dovrebbe organizzare, coordinare e consolidare meglio le conoscenze scientifiche che sono alla base delle misure di protezione della salute nella legislazione settoriale e dovrebbe applicare in modo più sistematico norme di migliore regolamentazione agli impatti delle politiche dell’Ue sulla salute.
Il principio “La salute in tutte le politiche” è un canale fondamentale per conseguire buoni risultati sanitari a livello dell’Ue. Le agenzie scientifiche dell’Ue forniscono valutazioni del rischio sanitario in una serie di settori, ma l’Ue dovrebbe organizzare, coordinare e consolidare meglio le conoscenze scientifiche che sono alla base delle misure di protezione della salute nella legislazione settoriale e dovrebbe applicare in modo più sistematico norme di migliore regolamentazione agli impatti delle politiche dell’Ue sulla salute.
L’Ue dovrebbe sostenere la trasformazione digitale dei sistemi sanitari e fissare obiettivi elevati per l’iniziativa “Spazio europeo dei dati sanitari”, che rappresenta un’infrastruttura fondamentale per il futuro della ricerca, della regolamentazione e dell’elaborazione delle politiche in materia di salute.
Diversi obiettivi politici dell’Ue non sanitari (politiche di coesione, pilastro europeo dei diritti sociali, governance economica) sono legati alle prestazioni dei sistemi sanitari. Un’intesa comune su come misurare queste prestazioni informerebbe queste politiche in modo coerente. Inoltre, i risultati sanitari favorevoli nell’Ue non hanno ridotto le disuguaglianze sanitarie, che rimangono elevate nell’Unione sia tra i Paesi sia al loro interno. Il monitoraggio delle disuguaglianze sanitarie, comprese quelle relative all’accesso e alla qualità dell’assistenza sanitaria, dovrebbe essere migliorato come primo passo.
È un insieme di proposte da considerare realistiche e realizzabili, molto più della inclusione, come vagheggiato da alcuni, dell’inclusione della sanità tra le “politiche europee”. L’esperienza del passato è che è molto arduo estendere a nuovi settori le “politiche di competenza Ue” ed ancora di più dotare la Commissione di personale atto a facilitare la preparazione, prima, e il monitoraggio, poi, di tali politiche.
Varrebbe la pena che il governo italiano le facesse proprie e le portasse ai tavoli Ue.