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Prima di tessere i grandi sogni del Pnrr serve ricucire gli strappi

Sappiamo quanto il treno del Pnrr rappresenti un’opportunità di sviluppo e perfino di riforma complessiva per il Paese, supportato da un clima generalizzato di ottimismo. Ma come non è “andato tutto bene”, in questi due anni, così non tutto rischia di andare nella direzione giusta se non si correrà ai ripari per tempo. L’intervento di Romana Liuzzo, presidente della Fondazione Guido Carli

C’è un’Italia che boccheggia, ai margini della ripartenza. Che soffoca di scadenze e di bollette, mentre in cielo rimbombano i fuochi pirotecnici del Recovery e tutti i riflettori sono puntati in alto. Ci sono milioni di famiglie che vivono in bilico sulla soglia della povertà. Ancora in troppi non riescono a salire sul treno che per fortuna, per la gran parte degli italiani, è già partito. Quello del rilancio economico destinato a tradursi – è l’auspicio di tutti – in rilancio sociale. Tanti rischiano di restare involontariamente spettatori di questa delicatissima fase storica che, al contrario, non deve e non può lasciare indietro nessuno, come ha più volte sottolineato il premier Mario Draghi.

Abbiamo trascorso l’ultimo anno a sentir parlare della programmazione dei fondi comunitari destinati all’Italia. Sappiamo tutto dei 235,12 miliardi di euro del Piano di ripresa e resilienza. Sappiamo quanto quel treno rappresenti un’opportunità di sviluppo e perfino di riforma complessiva per il Paese, supportato da un clima generalizzato di ottimismo. Ma come non è “andato tutto bene”, in questi due anni, così non tutto rischia di andare nella direzione giusta se non si correrà ai ripari per tempo.

Ne è ben consapevole il presidente del Consiglio, lo confermano le contromisure che stanno per essere adottate proprio in queste ore. Anche sotto la spinta, va detto, di un movimento di base, di un’opinione pubblica diffusa. I 4 miliardi di euro (potrebbero diventare 7) che Palazzo Chigi si accinge a stanziare per stoppare gli effetti delle tariffe schizzate alle stelle, del cosiddetto “caro bollette”, costituiscono un intervento indispensabile se non si vuole vanificare il difficile percorso di ripresa avviato. Perché i progetti di macro economia sono necessario impulso per lo sviluppo, ma rischiano di trasformarsi in una scatola vuota se non vengono accompagnati da interventi destinati a incidere nella carne viva del Paese, sulla cosiddetta economia reale. I cittadini e i consumatori vivono della domanda e dell’offerta che si incontrano in una panetteria, in un ristorante, in una palestra, in un cinema. Non di sole multinazionali si alimenta l’economia. Anzi, tutt’altro.

Tutto questo tuttavia non avviene se i risparmi o addirittura la busta paga mensile vengono falcidiati dal consumo di servizi di prima necessità: acqua, luce, gas. Il primo trimestre di quest’anno ha fatto registrare rincari fino al 55% rispetto all’anno precedente. La spesa energetica annua di una famiglia di quattro persone che ammontava a 980 euro nel 2021 farà un balzo fino a toccare i 1983 euro nel 2022: un sostanziale raddoppio.

Bloccare questo circolo vizioso diventa fondamentale, ancor più in un momento delicatissimo sotto il profilo psicologico come questo in cui assistiamo all’annuncio dell’uscita dalla fase strettamente emergenziale. “Le famiglie sono in difficoltà, faremo un intervento di ampia portata nei prossimi giorni”, è stato l’impegno fatto proprio pubblicamente dal premier. Non è un macigno che grava sulle sole famiglie, ma anche sulle imprese. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha fatto notare come il caro energia sia “la vera mina sulla strada della ripresa italiana”. Anche perché “l’industria pagherà una bolletta di 37 miliardi quest’anno, a fronte degli 8 degli anni passati”. Quasi cinque volte tanto. Se non è un’emergenza nazionale, poco ci manca.

Emergenza che cala su una realtà già complessa. In Italia due milioni di famiglie denunciano gravi difficoltà addirittura nel reperimento di beni di prima necessità. È la grande contraddizione in tema di cibo e alimentazione, in un Paese in cui si spende il 15 per cento del Pil per mangiare. Si parlerà di questo, delle devianze legate al cibo e di tanto altro nel corso del prossimo appuntamento istituzionale promosso dalla Fondazione Guido Carli che ho l’onore di presiedere.

“Cibo, la sublime ossessione -L’alimentazione e le sue derive tra piacere e necessità”, questo il titolo della lectio magistralis che Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, terrà il 25 febbraio 2022 alle 17, presso l’Aula Magna Mario Arcelli dell’Università Luiss Guido Carli. Ribalta questa anche per presentare il progetto della nostra Fondazione: rendere l’alimentazione materia di studio obbligatoria dalle scuole dell’obbligo fino all’Università.

Sarà possibile seguire l’evento – aperto dal saluto istituzionale del sindaco di Roma Roberto Gualtieri – anche in streaming su Tgcom24.it , Corriere.it, sulla pagina Facebook della Fondazione Guido Carli e su Luiss social tv.

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