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Il love bombing e il truffatore di Tinder. I simboli di un’epoca

A partire da Tinder, l’app di dating online, un giovane di 31 anni è riuscito a imbonire e circuire diverse donne. La prima puntata dell’approfondimento di Chiara Buoncristiani, giornalista e psicoterapeuta, che racconta le cicatrici dell’era contemporanea che trasformano il bisogno di “ritoccare” la realtà nel desiderio di truffare (ed essere truffati)

Ogni giorno vediamo influencer diventare ricchissimi proprio a partire dalla loro ricchezza immortalata su Instagram. L’immagine della ricchezza produce la ricchezza reale, semplicemente perché quella riceve l’investimento del bene più ricercato: l’attenzione.

Ecco dunque che la fiction, da sempre attenta ai temi caldi del momento scelga di mettere sulle principali piattaforme titoli che ruotano attorno a due storie vere e al tema della truffa. Truffa che avviene per dimostrare fino a che punto siamo disposti a pagare pur di sentirci investiti da attenzione che ci faccia sentire “speciali”.

Il primo titolo è appunto il “Truffatore di Tinder”, la storia di Shimon Hayut che è riuscito a sedurre e truffare donne per oltre 8,5 milioni di dollari. Come faceva? Utilizzando il love bombing: attenzioni plateali che fanno sentire chi le riceve una specie di idolo sul piedistallo. Il love bombing consiste in una serie di azioni, comportamenti e parole con cui il truffatore/truffatrice inizialmente “bombarda” romanticamente la preda per corteggiarla e sedurla. Notare bene: lo si può vedere come una semplice tecnica di manipolazione messa in opera da una persona ai danni di un’altra oppure come una forma di relazione-a-due nella quale vittima e carnefice hanno entrambi una parte e, purtroppo, in un certo senso “cooperano”.

A partire da Tinder, l’app di dating online questo giovane di 31 anni è riuscito a imbonire e circuire diverse donne, tre delle quali ora chiedono i danni: circa 730mila dollari.

Hayut si spacciava per “il principe dei diamanti”. Sosteneva di essere il figlio del miliardario magnate russo-israeliano Lev Leviev. Era riuscito perfino a farsi cambiare legalmente il cognome. E le donne ci cascavano, allettate dalle sue serate e dai suoi regali da favola. Una seduzione luxury: caviale, giri in jet privato, cene al Four Season.

“Con Shimon si è subito creato un legame, era intelligente, simpatico, elegante…”, ha detto Cecilie che a causa della truffa considerevole e dell’inganno subito ha avuto tendenze suicide e si è servita di un sostegno psicologico per elaborare la situazione.

Oggi, con i suoi 100mila followers, il “truffatore” vive da uomo libero dopo aver scontato 15 mesi di carcere. Ad ascoltarlo davvero le sue parole sono interessanti: “Mi hanno usato per la mia vita, hanno ricevuto regali costosi e tutto il resto. Quando ho chiesto aiuto, hanno accettato di aiutarmi e sanno che ho dei problemi”. Questo non rende probabile che lui fosse in buona fede, ma apre una serie di domande sul funzionamento della relazione truffatore-vittima.

Dai profili ritoccati con photoshop alla seduzione ipnotica di sentirci magicamente al centro del mondo il passo è più breve di quanto pensiamo.


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