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Truth Social è partito. La destra orfana di Trump ha la sua piattaforma

Si possono pubblicare “verità”, equivalenti ai tweet, e condividere contenuti altrui con “retruth”. Ci sono messaggi diretti, notifiche e la possibilità di bloccare account indesiderati. Gli altri social amati dalla destra come Parler, Gettr, MeWe, Rumble e Newsmax rischiano di essere danneggiati dal social col bollino trumpiano

Sbarca in rete Truth Social, la tanto annunciata applicazione dell’ex presidente americano, Donald Trump. Disponibile da oggi sull’App Store, questo nuovo social media si presenta come un’alternativa a Twitter e Facebook, che hanno bandito almeno fino al 2023 le pubblicazioni del magnate statunitense.

L’agenzia Reuters ha avuto accesso alla versione beta di Truth Social e racconta che questo social sembra ispirato quasi totalmente a Twitter, il preferito di Trump. Gli utenti di Truth Social possono postare “Truth” – equivalente ai Tweet – e “Retruth”, cioè condivisione di pubblicazioni da altri account. Ci sono anche le opzioni messaggi privati, notifiche quando alcune persone pubblicano una nuova “verità” e si può, ovviamente, bloccare gli utenti.

I preordini sull’App Store di Apple sono stati aperti ieri. Il lancio ufficiale del social di Trump sarà graduale, da quanto ha spiegato Devin Nunes, ex deputato repubblicano e ora a capo di Trump Media & Technology Group, in un’intervista a Fox News. L’obiettivo della piattaforma, che sfida i Big tech di cui Trump contesta il monopolio, è arrivare alla piena operatività negli Stati Uniti entro il mese di marzo.

Truth Social sarà un “rivale del consorzio mediatico progressista – secondo l’ex presidente – Viviamo in un mondo dove i talebani vantano una enorme presenza su Twitter, mentre il vostro presidente preferito è stato silenziato”.

Trump sta cercando di sfruttare al meglio la vicenda della censura sui social network aprendone uno su misura. Come tra l’altro hanno cercato di fare Nicolas Maduro in Venezuela e Andrés Manuel López Obrador in Messico.

“Truth Social” è in realtà solo un’alternativa tra tante. Convinti della truffa elettorale che avrebbe strappato la vittoria a Trump nel voto del 2020 per la Casa Bianca, gli elettori della destra americana continuano a migrare su piattaforme alternative.

La più beneficiata di questo fenomeno social è Parler, che ha febbraio ha ricevuto più di 3 milioni di utenti da App Store e Google e secondo il sito SensorTower ha 7,3 milioni di iscritti. Hanno avuto un’ottima accoglienza anche l’emittente televisivo di estrema destra Newsmax e i social network Gettr, MeWe e Rumble. Una caratteristica interessante di queste piattaforme – elogiate e promosse dalla destra statunitense – è che non filtrano i contenuti considerati ingannevoli o potenziali fake news.

Nonostante la repressione, gruppi di estrema destra trovano forme di mantenere la presenza virtuale, anche se forum e gruppi di Telegram e Signal sono più difficili da trovare. Un reportage dell’edizione americana di Vanity Fair descrive Parler come la destinazione preferita dell’estrema destra che abbandona Twitter. La piattaforma aveva raggiunto un elevato numero di utenti, prima di essere bandito da Apple e Amazon Web Services l’anno scorso, poco dopo i fatti del 6 gennaio. Nel frattempo è tornata online, dopo aver cambiato la sua policy di moderazione.

Poi ci sono “MeWe, un sito simile a Facebook; e Rumble, una piattaforma di trasmissione video simile a YouTube che è molto popolare tra chi crede nelle teorie complottiste”, si legge su Vanity Fair. I dati raccolti da Apptopia e diffusi da Axios registrano un aumento significativo di iscrizioni.

Ora queste realtà nate sull’onda del ban di Trump rischiano grosso: se l’ex presidente dovesse apparire in esclusiva sulla piattaforma di cui è socio, potrebbe attrarre milioni di fan rimasti orfani dei suoi tweet incendiari. Ma sarebbe una scommessa rischiosa, perché perderebbe una buona fetta di pubblico garantita dai rivali di Truth, e da qui alle elezioni di Midterm non avrebbe forse il tempo di ricostituire un’audience equivalente.

Bret Schafer, esperto di disinformazione di Alliance for Securing Democracy, ha spiegato all’emittente France 24 che questi social non sono uno spazio riservato agli estremisti, ma stanno conquistando anche alcuni volti noti tra i conservatori americani: “Non è la prima volta che si registra una migrazione quando i big dei social network prendono misure rigide, ma questa volta sembra diverso”. Infatti, molti legislatori repubblicani hanno aperto account su Parler e diffondo su questa piattaforma i loro comunicati stampa.

Per Daniel Kreiss, professore del Centro di Tecnologia dell’Informazione dell’Università della Carolina del Norte, l’aumento della popolarità di questi social “alternativi” è un segnale dell’estrema polarizzazione in rete, il che non è salutare per il discorso civile. È una divisione che danneggia la capacità di mantenere scambi sensati su vicende di interesse pubblico, qualcosa di necessario per il funzionamento della democrazia: “Nella misura in cui si demonizza la parte contraria, chiunque sia, diventa sempre più difficile considerare legittimo il risultato di un processo elettorale”.

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