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#BlockPutinWallets. Kiev è più fredda per Scholz

Il cancelliere tedesco in Ucraina e poi in Russia per evitare il conflitto con la diplomazia. Ma tornano i sospetti sulle ambiguità storiche di Berlino

#BlockPutinWallets. Così l’Anti-Corruption Action Centre, organizzazione ucraina finanziata tra gli altri dai governi statunitense ed europei, ha dato il benvenuto a Kiev a Olaf Scholz. Il cancelliere tedesco ha in agenda una tappa nella capitale ucraina lunedì e una a Mosca il giorno dopo per tentare una soluzione diplomatica alla crisi in atto per evitare che degeneri in un conflitto armato.

Daria Kaleniuk, direttrice del centro, ha lanciato l’hashtag contro “il portafoglio” del presidente russo Vladimir Putin aggiungendo alcuni elementi del rapporto tra Germania e Russia. Non soltanto gli yacht degli oligarchi, il ruolo di Deutsche Bank e una figura come Vladimir Yakunin, ex presidente delle ferrovie russe oggi grande tessitori di rapporti tra Mosca e Berlino.

Ci sono ex dirigenti tedeschi che ora lavorano per Mosca, di tutti i colori: l’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, da poco nominato nel consiglio della società energetica statale russa Gazprom dopo gli anni passati a guidare il consorzio che ha costruito la prima parte del gasdotto Nord Stream e a presiedere il colosso petrolifero Rosneft; Marion Scheller, già funzionaria vicinissima all’ex cancelliere cristiano-democratico Helmut Kohl, che ora lavora come capo lobbista di Gazprom in Europa; Hartmut Mehdorn, già amministratore delegato di Deutsche Bahn (le ferrovie tedesche), oggi nel board di RŽD, le ferrovie di Stato russe; Matthias Warnig, ex ufficiale della Stasi specializzato in dossier di spionaggio industriale ed economico negli anni Settanta, attualmente a capo della società Nord Stream e ritenuto tra i più ascoltati consiglieri di Putin. Senza dimenticare Charlottengrad, com’è stato ribattezzato il famoso quartiere della capitale, ma anche la penetrazione russa in Baviera.

La preparazione alla visita del cancelliere Scholz è stata piuttosto complessa anche perché Andrij Melnyk, ambasciatore ucraino a Berlino, non ha risparmiato critiche al governo tedesco, definendo “ipocrisia tedesca” il rifiuto della Germania di consegnare armi per l’autodifesa a Kiev. “Nessuna arma per l’autodifesa dell’Ucraina contro l’invasione militare russa ma 366 milioni di euro (!) di esportazioni (tedesche) di beni dual use verso la Russia solo nel 2020, che possono essere destinati ad aumentare la produzione di armi”, ha scritto su Twitter richiamando alle sanzioni imposte dall’Unione europea.

In questo clima i critici di Berlino hanno anche criticato Frank-Walter Steinmeier. “Rivolgo un appello al presidente Putin”, ha detto quando ha preso la parola all’Assemblea federale a Berlino subito dopo la sua rielezione a capo dello Stato tedesco con una vastissima maggioranza. “Sciolga il cappio che c’è intorno al collo dell’Ucraina, cerchi insieme a noi una via per preservare la pace in Europa”. Ma le sue parole non sono sufficienti per chi lo accusa di ambiguità e ricorda il suo passato. Da ministro degli Esteri di Angela Merkel, l’esponente socialdemocratico aveva mantenuto l’ambiguità e l’Ostpolitik di Schröder rifiutando un approccio più duro nei confronti di Mosca e promuovendo promosso gli accordi di Minsk II (comprese le interpretazioni favorevoli alla Russia). Più recentemente, nel febbraio del 2021, da presidente della Repubblica, aveva scatenato la reazione di Kiev e le perplessità degli alleati per aver giustificato il Nord Stream 2 con le atrocità naziste nell’Unione Sovietica durante la Seconda guerra mondiale. Intervistato dal Rheinische Post, aveva definito il gasdotto “uno degli ultimi ponti tra Russia ed Europa” spiegando che “bruciando i ponti non è segno di forza”. E ancora: parlando dei 20 milioni di cittadini sovietici stati uccisi nella Seconda guerra mondiale, “questo non giustifica alcuna cattiva azione politica russa di oggi, ma non dobbiamo perdere di vista il quadro generale”, “viviamo un rapporto difficile, ma ci sono un passato prima e un futuro dopo”.

Pensando anche al rapporto tra Germania e Russia, Lars Klingbeil e Friedrich Merz, nuovi leader rispettivamente socialdemocratico e cristianodemocratico, stanno prendendo le misure dei loro partiti. A Berlino molti osservatori ricordano come sia stata Merkel ad affossare quel Kohl di cui era la pupilla per lo scandalo dei fondi neri al partito.

Intanto, però, c’è chi continua a spingere Berlino verso posizione più morbide. È il caso di Rainer Seele, presidente della Camera di commercio russo-tedesca all’estero, che ha spiegato come l’economia tedesca riponga “grandi speranze” per la visita del cancelliere Scholz a Mosca. Il conflitto va risolto “pacificamente e attraverso gli strumenti della diplomazia”, ha dichiarato mettendo in guardia contro l’interruzione dei rapporti bilaterali. “Anche nei momenti peggiori della Guerra fredda l’economia tedesca ha sempre fatto da ponte tra la Germania e l’Unione sovietica”, ha aggiunto.

D’altronde, come in Austria e in Italia, anche in Germania c’è una forte comunità industriale che preme sul governo affinché per scongiurare nuove sanzioni contro la Russia.



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