Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Dal 9 marzo l’Ambiente “entra” in Costituzione. Cosa cambia

Il 9 marzo entra in vigore la modifica costituzionale. Come è cambiata la carta? Tutti i dettagli nella riflessione di Massimo Medugno

Dal 9 marzo entra in vigore la legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 (“Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 44 del 22 febbraio. Ci sono stati molti commenti sull’importanza dell’inserimento dell’Ambiente in costituzione e segnatamente agli artt. 9 e 41.

Ricordiamo come sono stati modificati

art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
TUTELA L’AMBIENTE, LA BIODIVERSITÀ E GLI ECOSISTEMI, ANCHE NELL’INTERESSE DELLE FUTURE GENERAZIONI.
LA LEGGE DELLO STATO DISCIPLINA I MODI E LE FORME DI TUTELA DEGLI ANIMALI.

art. 41.
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ALLA SALUTE E ALL’AMBIENTE.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali E AMBIENTALI.

Va ricordato, però, che l’inserimento dell’ambiente in Costituzione era già formalmente avvenuto, anche se indirettamente, nel 2001 con la riscrittura dell’art. 117, ove compare per la prima volta “la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, per sancire che si tratta di materia soggetta a legislazione esclusiva dello Stato unitamente alla potestà legislativa concorrente delle Regioni per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali.

Con l’ultima modifica tutto però diventa più chiaro:

1) la tutela dell’ambiente viene equiparata alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della nazione;
2) insieme, ed accomunate alla tutela dell’ambiente, compaiono anche la tutela della biodiversità e quella degli ecosistemi;
3) queste tre nuove tutele sono qualificate dal richiamo anche all’interesse delle future generazioni;
4) aumentano i limiti alla libertà dell’iniziativa economica privata, che non solo non deve recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ma neanche alla salute e all’ambiente;
5) in più, per l’attività economica pubblica e privata, si aggiunge che la legge deve indirizzarla e coordinarla a fini non solo sociali ma anche ambientali;
6) infine, si sancisce anche la tutela degli animali senza, però, attribuirle diretta rilevanza costituzionale ma rinviandone l’attuazione alla legge ordinaria.

Ora è tutto talmente chiaro che, questo punto, l’amministrazione e le imprese non solo dovranno rispettare l’ambiente, ma tutelarlo anche nell’interesse delle future generazioni. Autorizzare un impianto a fonti rinnovabili non può significare tutelare l’ambiente anche nell’interesse delle future generazioni?

Non è la stessa cosa autorizzare un impianto per la produzione di biometano? O per aumentare il riciclo di rifiuti che, altrimenti, andranno in discarica? Insomma, l’Ambiente (finalmente) in Costituzione non può e non deve essere (solo) inteso come elemento da “bilanciare” con l’attività economica privata, ma esso stesso deve diventare “ragione” per fare delle politiche “attive”. Meri timori potranno impedire l’ammodernamento tecnologico di impianti produttivi? Pensiamo all’enorme cantiere del Pnrr che ci apprestiamo a far partire.

Ci viene in aiuto la “Tassonomia per la finanza sostenibile” (Regolamento UE 2020/852). Ad esempio, in caso di raccolta differenziata e trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi in frazioni singole o mescolate occorrerà verificare se non si crea danno agli obiettivi ambientali alla mitigazione del cambiamento climatico provocando significative emissioni di gas serra e all’adattamento ai cambiamenti climatici se determina un maggiore impatto negativo del clima attuale e futuro, sull’attività stessa o sulle persone, sulla natura o sui beni.

Solo questi due obiettivi ambientali dovranno essere considerati secondo il principio del DNSH (Do Not Significant Harm) “non arrecare un danno significativo” in caso di raccolta differenziata e trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi in frazioni singole o mescolate. Se nel caso particolare dei rifiuti solo due obiettivi ambientali devono essere considerati, non è questa la regola generale. Infatti il Regolamento Tassonomia, oltre alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento ai cambiamenti climatici ne individua altri quattro obiettivi rispetto:

a. all’uso sostenibile o alla protezione delle risorse idriche e marine se è dannosa per il buono stato dei corpi idrici (superficiali, sotterranei o marini) determinandone il loro deterioramento qualitativo o la riduzione del potenziale ecologico;
b. all’economia circolare, inclusa la prevenzione, il riutilizzo ed il riciclaggio dei rifiuti, se porta a significative inefficienze nell’utilizzo di materiali recuperati o riciclati, ad incrementi nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali, all’incremento significativo di rifiuti, al loro incenerimento o smaltimento, causando danni ambientali significativi a lungo termine;
c. alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento se determina un aumento delle emissioni di inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo;
d. alla protezione e al ripristino di biodiversità e degli ecosistemi se è dannosa per le buone condizioni e resilienza degli ecosistemi o per lo stato di conservazione degli habitat e delle specie.

Come noto, l’accesso ai finanziamenti del Recovery and Resilience Facility (RRF) è condizionato al fatto che i Piani nazionali di Ripresa e Resilienza (Pnrr) includano misure che concorrano concretamente alla transizione ecologica per il 37% delle risorse e che, in nessun caso, violino il principio del Do No Significant Harm (DNSH), ossia non arrechino un danno significativo all’ambiente secondo i sei obiettivi ambientali sopra riportati e puntualmente specificati per ogni singola linea di finanziamento.

Il primo passaggio per stabilire se una misura possa essere considerata ecosostenibile consiste nel verificare se sia riconducibile ad una attività economica presente all’interno della tassonomia per la finanza sostenibile.

Qualora l’attività non rientri in una specifica categoria NACE della tassonomia, la valutazione si è basata sulla verifica dei criteri di sostenibilità previsti per i sei obiettivi ambientali già menzionati, della coerenza con il quadro giuridico comunitario e del rispetto delle Best Available Techniques (BAT), ossia di quelle condizioni, da adottare nel corso di un ciclo di produzione, che sono idonee ad assicurare la più alta protezione ambientale a costi ragionevoli.

In questo contesto sarà molto importante anche una corretta “declinazione” del principio di precauzione. Il principio di precauzione appare all’art. 178 del Dlgs n. 152/2006 (come modificato dal Dlgs n. 205/2010 già citato) in materia di rifiuti e che ricade nella parte Quarta “Norme in materia di gestione di rifiuti re di bonifica dei siti inquinati”. Secondo l’unico comma dell’art. 178, infatti, “la gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione…”.

Il principio di precauzione postula la sussistenza di una effettiva incertezza scientifica circa l’effetto di un determinato impiego di tipologie di prodotti nell’attività industriale o produttiva, ai fini della protezione ambientale e della salute umana.

Tuttavia, l’osservanza di tale, pur fondamentale, principio, non può spingersi al punto di impedire l’ammodernamento tecnologico di impianti produttivi in caso di meri timori o incertezze e di fronte dell’espletamento di una istruttoria aperta al confronto con il territorio, come nel caso di specie, durante la quale non sono stati allegati da parte delle comunità interessate elementi di rilievo.
Come sempre un’istruttoria ben fatta, sarà il presupposto fondamentale per l’emanazione di un atto amministrativo.

Almeno questo è l’orientamento della più recente magistratura amministrativa (TAR Lazio n. 00219/2021, n. 12684 reg. ric.)

×

Iscriviti alla newsletter