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Petrocelli salva la poltrona ma l’accordo con i russi è saltato

Il presidente della commissione Esteri del Senato non lascia ma riconosce che “non ci sono più le condizioni” per portare avanti l’intesa con la controparte di Mosca. Basterà questo a evitare nuove richieste di dimissioni? Lo diranno i prossimi appuntamenti, spiegano i partiti

Niente dimissioni da presidente della commissione Esteri del Senato per Vito Petrocelli, il senatore del Movimento 5 Stelle finito nel mirino dei partiti di maggioranza (compreso il suo) e di opposizione dopo aver votato contro la risoluzione del governo sulle misure in favore dell’Ucraina – l’unico membro della Commissione a dire no, come ha rilevato Pier Ferdinando Casini.

Lo stesso Petrocelli, ribattezzato Petrov da compagni e amici nel Movimento 5 Stelle per le sue simpatie filorusse, ha deciso di porre fine all’accordo di collaborazione con la commissione Affari internazionali del Parlamento russo siglato nel 2019. “L’ufficio di presidenza ha stabilito all’unanimità che da oggi non ci sono più le condizioni perché qualsiasi attività prevista da quel Protocollo possa essere portata avanti”, ha dichiarato Petrocelli annunciando “interrotti ogni attività e contatto”. La commissione Esteri affronterà la questione martedì prossimo per stabilire stabilire gli “aspetti tecnici con cui comunicare la nostra decisione alla controparte russa“, ha aggiunto il presidente, che tre anni fa fu tra i primi promotori dell’intesa.

Ma il tema delle dimissioni non è ancora chiuso. “In questi giorni”, ha detto Petrocelli, “ho fatto una lunghissima riflessione personale e politica nei confronti del presidente Giuseppe Conte. Sentito lui, ho deciso che le dimissioni non sono un gesto adatto perché il voto alla risoluzione non è voto di fiducia a governo, ma ricorda quanto è importante sia l’articolo 11 della Costituzione e si richiama ai principi fondamentali del Movimento”. Dunque, alla richiesta di dimissioni risponde così: “No, non ritengo che ci siano le condizioni”.

Laura Garavini, vicepresidente della commissione e senatrice di Italia Viva, ha ribattuto: le mancate dimissioni sono un gesto “inopportuno in un momento così delicato. Come Italia Viva riteniamo che la cancellazione del protocollo stilato nel 2019 non sia elemento sufficiente“.

Anche la Lega non è pienamente soddisfatta. La sospensione decisa oggi “esula dal voto che c’è stato in Aula”, spiega il senatore Stefano Lucidi a Formiche.net. “La scelta di oggi non esaurisce quell’incidente. Anche se il presidente Petrocelli avesse votato sì, la commissione avrebbe comunque seguito la strada per porre fine all’accordo di collaborazione vista la guerra in corso voluta dalla Russia. A quell’incidente diplomatico, Petrocelli dovrà dare seguito dimostrando la sua effettiva azione super partes e riconquistare fiducia della commissione”.

Come raccontato nei giorni scorsi su Formiche.net, il senatore Petrocelli sembra aver deciso di abbassare i toni nell’esercizio della presidenza della commissione. Dimostrazione di ciò sembra essere la decisione di non inviare ai membri la dura lettera sulla situazione in Ucraina che la diplomazia russa aveva inviato ai presidenti delle commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato.

Basterà a evitare nuove richieste di dimissioni e un boicottaggio bipartisan?

Lo diranno i prossimi appuntamenti della commissione. “Avevamo bisogno di dare un messaggio molto chiaro di unità, fermezza e coerenza rispetto ai messaggi dati l’altro giorno votando la risoluzione sull’Ucraina in Aula”, ha dichiarato Alessandro Alfieri, senatore del Partito democratico. Oggi “prendiamo atto di un cambio, da parte del presidente che ha accolto la nostra richiesta” sul protocollo, ha aggiunto. “È chiaro che dobbiamo vedere i prossimi passi: passerà da qua, dopo l’approvazione alla Camera, il decreto Ucraina e quella sarà la prova del nove. Abbiamo chiesto che il presidente debba dare prova di equilibrio e garanzia delle forze politiche che fanno parte della commissione Esteri”, ha concluso


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