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Pace o guerra, se Putin spacca il dibattito. Scrive Becchetti

Posto che Putin è un pericolo e un problema quale è la strada migliore per contenerlo con l’obiettivo di riportare la pace e di minimizzare morti, dolore, distruzioni e rifugiati? Il dilemma è di non facile soluzione. Il commento di Leonardo Becchetti

Siamo ancora in guerra e in pieno dentro un dilemma di teoria dei giochi. La guerra ci divide nelle opinioni, polarizza e ci fa discutere animatamente su quale sia la strategia migliore da affrontare. Dovremmo cercare di trovare il bandolo della matassa avendo chiaro l’obiettivo di minimizzare il suo carico di morte, dolore e distruzione.

C’è un partito estremamente bellicista i cui argomenti sono i seguenti. Putin è come Hitler, è meno forte di quello che sembra, la sua forza è alimentata dalle nostre debolezze e dalla nostra incapacità di contrastarlo efficacemente. La minaccia nucleare è un bluff perché alla fine finirebbe per eliminare anche lui.

Per questo motivo dobbiamo spingere l’acceleratore del conflitto al massimo e provare a liberarcene, oppure modificare i rapporti di forza sul campo a tal punto da poter concludere una pace vantaggiosa e da posizioni di forza. Alcuni dei sostenitori di questa visione arrivano a proporre la no fly zone sul territorio ucraino che rischia sicuramente di provocare un escalation del conflitto e, ad ogni modo, sono forti sostenitori del fatto che l’occidente debba armare più possibile Zelensky.

L’estremo opposto vede nella guerra un complotto dei produttori di armi che gongolano e a cui non pare vero il ritorno ai momenti peggiori della guerra fredda, ritorno che porterà necessariamente con se un aumento delle spese in armamenti (votato ieri dal parlamento italiano). Questo estremo inoltre tende ad essere equidistante tra i due belligeranti tendendo a giustificare, almeno in parte, l’intervento russo e ad accusare l’occidente e l’Ucraina di provocazioni. Si sottolinea che in fondo la guerra a bassa intensità già c’era, alimentata dalle azioni Ucraine verso le minoranze russe nelle provincie orientali.

Dove sta la verità? Forse non è così bianco o nero come i fautori delle due visioni estreme vorrebbero far credere. Non credo sia possibile obiettare sul comportamento criminale di Putin coperto da bugie colossali come quelle della guerra chiamata “operazione speciale” o dalle dichiarazioni surreali del ministro degli Esteri Lavrov che afferma che la Russia non ha invaso l’Ucraina.

Non ci sono dubbi sul fatto che l’azione russa abbia provocato in due settimane decine di migliaia di morti, dolore e distruzioni con l’esodo di circa tre milioni di profughi. Non ha senso giustificare o cercare di minimizzare quanto sta succedendo citando episodi o situazioni nelle quali il torto sarebbe dal lato della Nato o dell’Occidente. La reazione di Putin non è in alcun modo giustificabile sulla base di nessuna presunta provocazione.

La vera questione resta dunque quella strategica. Posto che Putin è un pericolo e un problema qual è la strada migliore per contenerlo con l’obiettivo di riportare la pace e di minimizzare morti, dolore, distruzioni e rifugiati? Il dilemma è di non facile soluzione perché non c’è affatto consenso su quali siano, come diremmo in teoria dei giochi, la funzione obiettivo e la funzione di reazione di Putin. Se Putin è irrazionale e pericoloso il pericolo di escalation atomica esiste eccome e dunque l’escalation non è certo la via consigliata.

La pace sarebbe in teoria anche una questione di giustizia e di passi indietro tra belligeranti disposti a fare qualcosa per venire incontro alle ragioni dell’altro. In fondo una soluzione vicina a quest’idea di giustizia potrebbe essere quella della neutralità dell’Ucraina (garantita dalla tutorship di paesi forti) e l’autonomia delle regioni della Crimea e del Donbass che tenga conto delle istanze della popolazione filorussa di questi due territori.

Quello di cui dovremmo tener conto nella soluzione del problema è che tenere in piedi un conflitto di questo tipo non è senza costi. Ci sono i costi visibili di morti, profughi, distruzione di territori, privazioni e sofferenze delle parti in causa che sono una ferita aperta che sanguina e non si rimargina. Allo stesso tempo il conflitto scatena una spirale di rancori e recriminazioni che continua ad alimentarlo e rischia di estenderlo.

Per questo motivo dovremmo aumentare gli sforzi negoziali per una soluzione pacifica il prima possibile. Il partito degli strateghi che scommettono sulla prosecuzione del conflitto per indebolire o sconfiggere Putin rischia con la sua scommessa di portarci tra molto tempo ad una soluzione che vediamo già ora sul tavolo con molti più morti, distruzione e sofferenze. In questo caso avrebbero fatto molto male i loro conti.


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