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Così i polacchi hanno reagito al discorso di Biden

Più che una rivisitazione kennediana del “Ich bin ein Berliner”, Biden ha riprodotto inconsapevolmente il contenuto di “Gli si diceva…”, l’opuscolo che Zygmunt Bauman offrì alla Varsavia del 1968. L’invasione russa dell’Ucraina ha di nuovo messo in luce il “contributo del pensiero polacco per portare la civiltà al successivo, più alto grado di sviluppo”

 

Joe Biden a Varsavia. Un evento che i polacchi hanno accolto e atteso come i cattolici attendono, in Piazza San Pietro, le parole del Pontefice. In effetti, il discorso pronunciato dal Presidente Biden, nel cortile del Castello Reale, è stato percepito dai figli della Grande Martire come un freno all’avanzata dell’Anti-Cristo.

Perché è proprio questo che gli abitanti dell’ex satellite sovietico scorgono negli occhi vitrei di Vladimir Putin: il male assoluto. La visita di Biden nella capitale polacca è stata preceduta da un’escalation di dichiarazioni e accordi (per ora solo verbali) che hanno introdotto nel sentimento nazionale grandi speranze.

Giovedì, durante il vertice dei leader occidentali svoltosi al Consiglio Europeo, il presidente americano ha lanciato un avvertimento categorico al Cremlino: il più grande errore di Putin è stato sottovalutare l’unità dell’Occidente.

Secondo Biden, la Russia ha tentato di distruggere la Nato fin dall’inizio, poiché preferirebbe affrontare trenta paesi separati piuttosto che trenta paesi alleati con gli Stati Uniti. L’insofferenza di Putin verso qualsiasi formula compromissoria ha indotto l’asse euro-atlantico a siglare una partnership energetica eccezionale, affinché gli stati membri siano in grado di rinunciare ai combustili fossili russi.

Nelle settimane successive allo scoppio del conflitto russo-ucraino, la Polonia ha sempre interpretato la via dell’intransigenza come l’unico sentiero percorribile per ostacolare lo spirito imperialistico del nuovo zar e la sua “operazione speciale” sganciata sulle città ucraine, rase al suolo dai bombardamenti e dai missili.

Infatti, risulta impossibile cercare di comprendere a pieno le reazioni squisitamente emotive che il discorso di Biden ha estrapolato e suscitato dal senso comune di questa nazione, senza conoscere l’atteggiamento unanime che ha concimato e preparato il terreno per il suo arrivo a Varsavia.

Il 24 marzo, il ministro degli Esteri Zbigniew Rau ha elencato e analizzato i punti fondamentali che dovrebbero caratterizzare la controffensiva atlantica ai danni della Russia, una delle potenze che hanno scritto la Carta delle Nazioni Unite, l’Atto finale della Conferenza sulla sicurezza in Europa del 1975 firmato a Helsinki e la Carta di Parigi per una nuova Europa del 1990, e che oggi sta calpestando il Memorandum di Budapest del 1994.

Innanzitutto – spiega Rau – l’unico modo in cui la comunità internazionale può influenzare i calcoli del Cremlino è armare l’Ucraina fino ai denti, evitando la resa incondizionata dei resistenti tanto agognata da Putin.

Gli Stati Uniti dovrebbero avviare un processo di rapido riarmo dei suoi alleati e partner, fornendo loro sostegno sotto forma di un nuovo programma di prestiti simile a quello della Seconda guerra mondiale. In più, “la Nato dovrebbe immediatamente aumentare la sua presenza militare sul suo fianco orientale in Europa; i costi di questa guerra devono essere devastanti per la Russia, e non solo dal punto di vista finanziario, perché se in passato abbiamo consegnato alla giustizia i criminali di guerra dopo i conflitti nell’ex Jugoslavia, oggi non  possiamo permettere che gli autori delle atrocità commesse in Ucraina restino impuniti. Infine, la comunità internazionale deve preparare un piano per la ricostruzione di Kiev. Abbiamo miliardi di dollari in beni confiscati agli oligarchi russi che hanno sostenuto e finanziato le politiche aggressive di Putin. La nostra stella polare dovrà essere l’entrata dell’Ucraina in un’Europa unita, libera e, speriamo, pacifica”.

Insomma, l’opinione pubblica polacca è stata incanalata verso una linea della fermezza senza se e senza ma. Dura e pura. Così, il “non abbiate paura” declamato da Biden nel suo discorso di apertura ha ricordato, tra il pubblico riunito all’ingresso della città vecchia, non solo la figura di Giovanni Paolo II, ma la sola arma che permise prima all’Armia Krajowa di liberare la capitale dall’occupazione nazista e dopo a Solidarność di smantellare l’apparato sovietico in Polonia: la forza della fede. Un tempo, la vecchia diplomazia europea era convinta che i polacchi agissero per simboli e non per fatti, ieri le parole di Biden hanno dato valore a questo preconcetto.

Alle 18 erano presenti tutte le più alte autorità della nazione: il Presidente Andrzej Duda, il Presidente del Sejm Elżbieta Witek, il Presidente del Senato Tomasz Grodzki, il Primo Ministro Mateusz Morawiecki, il Ministro della Difesa Nazionale Mariusz Błaszczak, il Ministro degli Affari Esteri Zbigniew Rau, nonché l’ex presidente Aleksander Kwaśniewski e il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski.

Oltre, al ministro degli Affari esteri ucraino Dmytro Kuleba, il ministro della Difesa dell’Ucraina Oleksiy Reznikov e l’ambasciatore dell’Ucraina in Polonia Andriy Deszczyca, nonché il leader dell’opposizione democratica bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya.

Biden, riservando un messaggio anche per Lech Wałęsa, non fa che rievocare l’eroica resistenza polacca durante la repressione sovietica, come a voler creare una connessione storica e sentimentale tra i padri della democrazia liberale in Polonia e i combattenti di Kiev, Mariupol e Kharkiv che imbracciano i fucili per costruire un sistema democratico “basato sulla difesa dello stato di diritto, elezioni libere ed eque, la libertà di espressione e di opinione”.

Su questo, il Presidente democratico è instancabile, continua a citare l’insurrezione ungherese del 1956 e la contemporanea rivolta di Poznań, smaschera le false affermazioni di solidarietà etnica esternate da Putin e il suo incessante desiderio di destituire il Presidente Zelensky, ebreo e democraticamente eletto; difende la Nato e la sua natura difensiva mentre inchioda la risposta che il Cremlino ha rivolto a Washington durante i tentativi di mediazione: ultimatum, bugie, processi di disinformazione interna e minacce esterne, dopo aver ridotto la presenza dei 180.000 soldati lungo il confine come “un ordinario addestramento militare”.

Biden ribadisce l’impegno dell’Amministrazione americana nel fornire agli ucraini sostegno militare, umanitario ed economico, nell’inasprire le sanzioni contro Mosca, nel rafforzare le difese in prima linea della Nato, nell’onorare l’articolo 5. Per farla breve, esaudisce le richieste fatte da Rau nei giorni precedenti al suo arrivo.

Un discorso che però sfiora le contraddizioni insite nel sistema politico polacco, seppur in forma minore, quando rispolvera gli attacchi di Putin ai valori europei: allo stato di diritto, ai diritti individuali, la separazione dei poteri. Le stesse accuse che Bruxelles rivolse all’esecutivo di Morawiecki nell’implodere dello Strajk Kobiet, nella promulgazione della riforma giudiziaria voluta da Ziobro e delle leggi anti-abortiste.

Ma l’opposizione non coglie la palla al balzo. Anzi, si conforma alle conclusioni di Mateusz Morawiecki: Putin è l’unico nemico che conta abbattere e sostituire. Come nei giorni caldi delle proteste sindacali di Solidarność, le forze politiche si coalizzano attorno al fuoco dello spirito cattolico contro l’invasore.

Se i giornalisti di Gazeta Wyborcza e Rzeczpospolita si aspettavano una rivisitazione kennediana del “Ich bin ein Berliner”, Biden ha riprodotto inconsapevolmente il contenuto di “Gli si diceva…”, l’opuscolo che Zygmunt Bauman offrì alla Varsavia del 1968.

Da quelle pagine, i polacchi rispondono alla propaganda putiniana e confermano la gratitudine di Biden verso la generosa accoglienza dedicata ai rifugiati ucraini:

“Malgrado gli sforzi della censura e i manganelli della polizia, nonostante il lungo lavaggio del cervello e l’ignobile campagna di calunnie, non è mancato anche questa volta il contributo del pensiero polacco agli sforzi ai quali tutto il mondo è impegnato per portare la civiltà al successivo, più alto grado di sviluppo”.

Miglior sintesi non credo si possa trovare.

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