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Ambientalista? Mica tanto. Retromarcia di BlackRock

Mica troppo ambientalista. La retromarcia di BlackRock

Il fondo più grande del pianeta è tra i protagonisti del movimento della finanza sostenibile, ma dietro le quinte rassicura i produttori di idrocarburi. Luci e ombre del soft power economico al servizio del clima

BlackRock, il fondo di asset management più grande al mondo, è stato tra i protagonisti del 2021 sul palcoscenico della lotta alla crisi climatica. A gennaio il suo ad Larry Fink ha guadagnato il plauso degli osservatori per la sua lettera agli investitori, in cui difendeva a spada tratta la svolta ambientalista della sua azienda, spiegando che era necessaria per stare al passo coi tempi.

Ma la coscienza ambientalista di BlackRock si è rivelata un po’ più macchiata del previsto: in privato i dirigenti dell’azienda con 10 mila miliardi in gestione rassicurano le industrie di combustibili fossili, da cui Fink vorrebbe disvestire. Suscitando il sollievo di chi sussiste grazie a quelle industrie, come l’autorità regolatoria di petrolio e gas del Texas.

“È stato bello sentire che BlackRock non intendeva – o non crede più [a] – molte delle cose sgradevoli che la società e il suo ad, il signor Fink, hanno detto sull’industria del petrolio e del gas”, ha scritto il presidente dell’ente in una email svelata da una freedom of information request del Bureau dei giornalisti investigativi e del think tank InfluenceMap.

Questa email fa seguito a delle dichiarazioni dello scorso febbraio, in cui i dirigenti di BlackRock spiegavano in una lettera alle parti texane interessate che in qualità di investitori a lungo termine di aziende di combustibili fossili, “vogliamo veder[le] avere successo e prosperare”. In diretta contraddizione con le parole e le azioni di Fink, che nel 2021 si è alleato con una minoranza ambientalista dei membri del consiglio d’amministrazione di ExxonMobil per cacciare tre direttori restii ad accelerare il passaggio alle fonti energetiche pulite.

Formalmente non c’è nessuno scandalo: BlackRock non ha mai annunciato che avrebbe disvestito completamente dalle aziende impegnate nell’estrazione di idrocarburi (anche perché sarebbe poco utile: piaccia o meno, sono ancora necessarie all’economia globale). Gli aderenti alla causa ambientalista però vedevano nella pressione della finanza sostenibile un efficacissimo catalizzatore della transizione energetica.

Più che altro, l’episodio è indicativo della forza di chi sta sul fronte opposto. La svolta ambientalista impressa da Fink aveva già suscitato la rabbia del Texas, Stato con un’economia saldamente basata sui combustibili fossili, che ha già passato una legge per impedire che i fondi statali (come quelli pensionistici) investano nelle aziende che boicottano l’industria dei combustibili fossili. Altri 15 Stati americani la pensano allo stesso modo.

Gli Stati Uniti rimangono il secondo emettitore di gas climalteranti, dopo la Cina, che supera abbondantemente se si considerano le emissioni pro capite. E sebbene la pressione pubblica stia portando sempre più istituti finanziari e major energetiche ad disvestire dalle attività “sporche” di estrazione dei combustibili fossili (solo per venderle a realtà più piccole e con meno scrupoli), pare che per la sua stessa dimensione BlackRock non riesca a farlo.



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