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La competenza della Corte penale internazionale sui crimini in Ucraina

Putin e i suoi oligarchi dovranno affrontare la giustizia per l’invasione dell’Ucraina. Serve una mobilitazione civile e politica per riconoscere la giurisdizione della Corte istituita dallo Statuto di Roma. L’intervento di Flavia Lattanzi, professoressa di diritto internazionale e già giudice dei tribunali penali internazionali per l’ex Jugoslavia e il Ruanda

Alla Conferenza diplomatica di Roma la Russia ha votato il 17 luglio 1998 per l’approvazione dello Statuto della Corte Penale Internazionale e lo ha anche firmato il 13 settembre 2000, senza però mai ratificarlo. Nel febbraio 2003, nel quadro di una iniziativa organizzata da PGA (Parliamentarians for Global Action), ho avuto modo di parlare alla Duma russa per convincere i membri di questa istituzione parlamentare, nella loro lingua, ad autorizzare la ratifica. Essi dimostrarono molto interesse al mio discorso e sembravano convinti dal mio argomento che la partecipazione di uno Stato allo Statuto di Roma non significa affatto un attentato alla sua sovranità, come invece alcuni commentatori sostenevano e tuttora sostengono.

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Era chiaro però che a quel tempo la situazione della Cecenia e i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità che la leadership politica e militare russa vi commetteva avrebbe tenuto la Russia lontana dalla CPI.

Neppure l’Ucraina ha ratificato lo Statuto della CPI e quindi neppure gli emendamenti di Kampala sul crimine di aggressione. Ma dopo gli eventi violenti di Maidan del Novembre 2013, che avevano portato a una repressione violenta delle manifestazioni di piazza ad opera del governo del Presidente Janukovyč e il 22 febbraio 2014 alla fuga di costui e all’insediamento di un nuovo governo, l’Ucraina, che sospettava che in quella repressione avessero partecipato anche forze russe, inviò il 9 aprile 2014 al Registrar della CPI, ai sensi dell’Art. 12(3) dello Statuto (e a seguito della relativa decisione del Parlamento ucraino), una Dichiarazione di accettazione ad hoc della competenza della CPI per gli atti criminali commessi sul suo territorio dal “21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014”.

Nel frattempo, però, si erano già manifestate due gravi crisi politiche, rispettivamente in Crimea e nella regione del Donbass, territori a maggioranza russofona e filorussa, con l’inizio, il 23 febbraio 2014, dell’attacco in Crimea ad opera dei c.d. omini verdi dei contingenti russi e la successiva occupazione e annessione unilaterale di tale territorio ad opera della Federazione russa. Poiché gli interventi della comunità internazionale non avevano portato ad alcuna soluzione con riguardo né alla situazione della Crimea, né a quella dei territori del Donbass, dove era ormai scoppiata una guerra civile, e ulteriori crimini venivano commessi su questi territori contesi, l’Ucraina decise di estendere l’accettazione della competenza della CPI su tutti i crimini commessi sul suo territorio dal 20 febbraio 2014 fino a un tempo indeterminato, con una ulteriore Dichiarazione ad hoc, che fu inviata al Registrar della Corte l’8 settembre 2015.

Merita inoltre sottolineare, a riprova a mio avviso della malafede della leadership russa, che questi eventi portarono la Federazione Russa a inviare il 30 novembre 2016 al Segretario generale ONU, quale depositario della Convenzione portante lo Statuto della CPI, una comunicazione in cui lo si informava, “ai sensi dell’Art. 18 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati”, che tale Stato “non aveva intenzione di divenire parte dello Statuto della CPI”. Ciò che in nulla toccava però quel che ormai era un fatto di estrema rilevanza: la competenza della CPI sui presunti crimini commessi sul territorio dell’Ucraina sulla base delle due Dichiarazioni ad hoc di questo Stato.

Infatti, l’esame preliminare ad opera dell’Ufficio del  Procuratore della CPI della situazione dell’Ucraina sulla base della prima Dichiarazione veniva aperto già il 24 aprile 2014 e veniva poi esteso sulla base della seconda Dichiarazione. Tale esame portò, ma solo l’11 dicembre 2020, all’annuncio da parte della Procuratrice della conclusione di tale procedura preliminare. La Procuratrice vi sostenne che “senza pregiudizio di qualsiasi altro crimine che possa essere identificato durante un’indagine, il suo Ufficio ha concluso che c’era allora una base ragionevole di ritenere che nel contesto della situazione dell’Ucraina era stata commessa un’ampia gamma di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità”: in particolare, “(i) crimini commessi nel corso della condotta delle ostilità; (ii) crimini commessi durante le detenzioni; (iii) crimini commessi in Crimea”.

Poiché mancava un rinvio alla Corte ad opera di uno Stato parte, rinvio che permette al Procuratore di iniziare le indagini senza chiedere la preventiva autorizzazione alla Camera preliminare, che invece va chiesta nel caso dell’azione motu proprio, la Procuratrice annunciò altresì di voler chiedere tale autorizzazione, ma di essere impedita in quel momento dalla situazione del Covid 19 e dalla mancanza di risorse, avendo entrambi gli eventi portato a un rallentamento dei lavori della Corte (Si veda in particolare, sul website CPI, il Report on Preliminary Examination Activities 2020, 14 December 2020, pp. 69 ss.).

Qualche giorno fa, il 28 febbraio 2022, il neo-eletto Procuratore della CPI ha annunciato di “aver deciso di aprire al più presto possibile un’indagine sulla situazione dell’Ucraina… sulla base della Dichiarazione ad hoc del 2014 e di quella del 2015”. Egli ha aggiunto di aver rivisto le conclusioni cui era pervenuto l’Ufficio della Procuratrice nel dicembre 2020, di ritenere che “c’è una base ragionevole per procedere con l’apertura dell’indagine” e ciò anche “con riguardo a qualsiasi parte del territorio dell’Ucraina”, in ragione “dell’espansione del conflitto nei giorni recenti” e di voler dunque procedere alla richiesta dell’autorizzazione giudiziaria. Egli ha però aggiunto che, al fine di accelerare il procedimento sarebbe opportuno il rinvio della situazione dell’Ucraina alla Corte ad opera di qualche Stato parte, ai sensi dell’Art. 13(a) dello Statuto di Roma. A questo appello sembrano voler rispondere con il rinvio, secondo quanto annunciato dai loro governi, tanto la Lituania quanto il Canada e l’Italia, ciò che mi dà particolare soddisfazione. Speriamo che tali rinvii  – sollecitati da Parliamentarians for Global Action sin dal primo giorno dell’invasione russa – si concretizzino al più presto da parte di un ampio gruppo di Stati Parti.

Il Procuratore ha anche chiesto la cooperazione di tutti gli Stati parti e non parti, in particolare della stessa Russia. Io spero che soprattutto gli Stati europei, in alcuni dei quali gli oligarchi russi possiedono le loro ville per vacanze dorate – in Italia, in particolare – vogliano attivamente cooperare con la CPI nelle sue indagini , visto che la maggioranza di questi oligarchi fanno parte della cerchia ristretta dei collaboratori del Presidente Putin e sono potenziali complici nelle sue decisioni, quelle sull’Ucraina comprese: essi potrebbero essere incriminati come co-autori di gravi crimini di competenza della Corte.

Tanto le conclusioni della precedente Procuratrice, quanto l’annuncio dell’attuale Procuratore sull’apertura dell’indagine si riferiscono ai crimini di guerra e ai crimini contro l’umanità e non già al crimine di aggressione di cui si era peraltro parlato anche con riguardo all’occupazione e annessione della Crimea.

E’ importante chiarire la ragione di questa assenza del riferimento al crimine di aggressione, visto che la competenza oggettiva della Corte si estende anche su tale crimine, a seguito in particolare degli “emendamenti di Kampala” del 2010.

Sulla base dell’Art. 12 dello Statuto di Roma, la competenza sui presunti responsabili (solo persone fisiche) dei crimini di competenza della CPI si esercita sulla base vuoi del criterio territoriale (accettazione della competenza della corte da parte dello Stato sul cui territorio il presunto crimine sarebbe stato commesso) vuoi del criterio nazionale (accettazione della competenza della Corte da parte dello Stato di nazionalità del presunto autore). I due criteri sono alternativi.

Visto che con riferimento alla situazione in questione, la competenza della Corte viene esercitata sulla base delle due Dichiarazioni ad hoc dell’Ucraina – lo Stato sul cui territorio i presunti crimini sarebbero stati commessi -, questa competenza viene esercitata a prescindere dalla nazionalità del presunto  autore.

Purtroppo, però, a seguito della condizione aggiunta agli emendamenti di Kampala sul crimine di aggressione, la competenza basata sul criterio territoriale può esercitarsi solo sul genocidio, sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità e non già sul crimine di aggressione. Il crimine di aggressione ne è infatti escluso nel caso in cui non si realizzi la condizione procedurale voluta dagli Stati Uniti: quella dell’ulteriore consenso dello Stato nazionale del sospetto responsabile. La competenza della Corte per il crimine di aggressione dipende quindi dalla sua accettazione tanto dallo Stato territoriale quanto dallo Stato nazionale (in questo caso la Federazione Russa). Non c’è quindi attualmente la competenza della Corte sul crimine di aggressione tuttora in corso, non solo a mio avviso (si veda la Risoluzione del 2 febbraio 2022 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottata con 141 voti favorevoli, 35 astenuti e 5 contrari) contro l’Ucraina ad opera degli organi civili e militari dello Stato russo.

Questo trattamento nettamente differenziato del crimine di aggressione rispetto agli altri crimini di competenza della Corte non è giustificato ai sensi dell’Art. 5 dello Statuto, se non per via di quel che si è voluto aggiungere successivamente per iniziativa, ripeto, degli Stati Uniti e che ha del tutto distorto la volontà degli Stati che hanno approvato il testo dello Statuto nel 1998. Proprio per il crimine che rappresenta il più delle volte la causa, l’origine e il contesto di tutti gli altri crimini di rilevanza internazionale di competenza della Corte, si sono quindi vanificate tanto la battaglia che dal 1989 al 1998 si è fatta nell’elaborazione dello Statuto di Roma quanto la relativa vittoria ottenuta nel porre nello Statuto il criterio territoriale e quello nazionale di competenza della Corte come alternativi e non già cumulativi per tutti i crimini.

Su questa aggiunta distorsiva della volontà degli Stati che hanno elaborato insieme – Russia e Stati Uniti compresi (e con un buon livello di cooperazione nella costruzione di una Corte penale internazionale che potesse essere efficace anche e soprattutto quale deterrente della commissione di crimini orrendi) -dovrebbe tornarsi a discutere nel quadro dell’Assemblea degli Stati parti dello Statuto di Roma alla luce proprio di quel che la Russia ha fatto con l’aggressione dell’Ucraina e che ne impedisce la repressione ad opera della Corte.

Sono convinta che ormai, anche in ragione della Presidenza Biden, neppure gli Stati Uniti, se fossero parti dell’Assemblea degli Stati parti della Corte (e spero che, con la nuova Presidenza, ne divengano parti con l’adesione allo Statuto prima della prossima sessione dell’ASP) si opporrebbero all’eliminazione dagli Emendamenti di Kampala della disposizione relativa alla condizione del consenso dello Stato nazionale per la competenza in materia di aggressione.

Del resto, quella aggiunta distorsiva della volontà originaria degli Stati che hanno elaborato lo Statuto di Roma giova solo a chi intenzionalmente aggredisce un altro Stato a fini di dominio imperiale, comportamento da cui le democrazie occidentali dovrebbero sempre proteggere tanto i propri popoli quanto quelli di altri Stati, spesso vittime delle decisioni criminali delle proprie leadership, come lo è, a mio avviso, il popolo russo.

Io spero veramente che questo popolo si organizzi, liberi tanto se stesso quanto tutto il mondo dalla sua leadership criminale facendone processare i maggiori responsabili di crimini anche in applicazione del Codice penale della Federazione russa che obbliga alla repressione del crimine contro la pace, di alcuni crimini di guerra, del crimine di genocidio e del mercenariato (vedi Articoli 353-359).

Spero anche che il popolo russo, libero dall’attuale leadership, possa contribuire tanto all’attuazione della propria Costituzione che garantisce diritti fondamentali, quanto al rispetto dei Trattati internazionali, quanto alla decisione parlamentare di autorizzare sia la ratifica dello Statuto di Roma che gli emendamenti di Kampala sul crimine di aggressione. Ritengo peraltro che, anche nelle more dell’autorizzazione a tali ratifiche, sarebbe possibile e opportuno il trasferimento all’Aja dei cittadini russi eventualmente destinatari di un mandato di arresto della CPI quale esito delle indagini che stanno per aprirsi.

Nel frattempo, cerchiamo di suscitare una presa di coscienza della società civile e dei governi che si professano come democratici per una iniziativa nel quadro dell’Assemblea degli Stati parti perché si torni a ridiscutere quella condizione voluta dagli Stati Uniti e si elimini il trattamento differenziato con riguardo ai criteri di giurisdizione del crimine di aggressione rispetto a tutti gli altri di competenza della CPI, cosicché anche questo crimine possa essere oggetto di quelle indagini e possa portare davanti alla Corte chi sta distruggendo un Paese e annientando il suo popolo.


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