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Biot, Alpi Aviation e il ritorno dell’Italia nel quadro euroatlantico

Prima il caso dell’ufficiale della Marina arrestato mentre passava segreti ai russi. Poi la decisione di rendere nulla la vendita dell’azienda friulana di droni passate nelle mani di due società statuali cinesi. Così l’Italia, dopo alcune sbandate filorusse e a soli tre anni della firma per la Via della Seta, torna in careggiata. Ma i documenti e la tecnologia sono perduti: ora serve prevenire altri episodi simili

C’è un filo rosso che lega i casi di Walter Biot e di Alpi Aviation: il ritorno dell’Italia all’interno del quadro euroatlantico con Mario Draghi come presidente del Consiglio.

Il primo caso riguarda un ufficiale della Marina italiana a processo per aver tentato di vendere a funzionari dell’intelligence russa documenti riservati della Difesa che riguardavano anche la situazione in Ucraina. Le manette sono scattate in un parcheggio della periferia romana alla fine di marzo 2021, cioè nella fase in cui Mosca stava movimentando migliaia di soldati pronti all’invasione dell’Ucraina avvenuta lo scorso 24 febbraio e contro cui l’Italia si è prontamente schierata grazie anche al lavoro dei ministri degli Esteri e della Difesa, Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, impegnati in colloqui diplomatici e fornitura di aiuti militari.

Il secondo caso, invece, è relativo alla decisione del governo di rendere nulla la vendita, avvenuta nel 2018, del 75% delle quote dell’azienda friulana produttrice di droni (anche militari) a una società di Hong Kong riconducibile a due importanti società statali cinesi. Dopo un anno di indagini, la Guardia di finanza aveva concluso che il subentro risultava “perfezionato con modalità opache tese a non farne emergere la riconducibilità del nuovo socio straniero”. L’obiettivo di quest’ultimo era l’acquisizione di know-how tecnologico e militare, avevano spiegato le Fiamme gialle che già a marzo 2021 avevano perquisito l’azienda ipotizzando il reato di violazione dell’embargo all’Iran.

Rendendo nulla la vendita di Alpi Aviation, l’esecutivo ha scelto – ed è la prima volta che accade – la soluzione più dura tra quelle previste dalla legge nel caso di violazioni della normativa Golden power, come spiegato nei mesi scorsi da Formiche.net. Il trasferimento di tecnologia è irreversibile ma la decisione del governo ha rappresenta un importante segnale politico: il rapporto tra Roma e Pechino è ben diverso da quello di soltanto tre anni fa quando il presidente cinese Xi Jinping arrivava a Roma per firmare con l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte (governo gialloverde) il memorandum d’intesa sulla Via della Seta.

I casi Biot e Alpi Aviation, emersi entrambi a marzo 2021, cioè nelle primissime settimane dall’insediamento del governo Draghi (in carica dal 13 febbraio 2021), rappresentano dunque un segnale alla Russia e alla Cina sulla rinnovata attenzione italiana ai loro tentativi di penetrazione e influenza.

Ma sono anche un messaggio per gli alleati, a partire dagli Stati Uniti, preoccupati da alcune sbandate italiane come la firma del memorandum d’intesa sulla Via della Seta e la gestione di alcuni dossier (alcuni esempi: il Russiagate; il 5G “cinese”; il caso di Alexander Korshunov, accusato di spionaggio industriale ai danni di Avio Aero, arrestato su mandato statunitense ma riconsegnato alla Russia di Vladimir Putin nell’agosto del 2020 da Alfonso Bonafede, allora ministro della Giustizia del governo giallorosso guidato sempre da Conte).

Un messaggio a cui potrebbero – dovrebbero, ci permettiamo noi di proporre – seguire altri passi che possano avere effetti preventivi, in particolare sugli aspetti di sicurezza economica, sempre più sicurezza nazionale.

Per esempio il potenziamento della normativa Golden power. Il caso Alpi Aviation, spiega il Copasir nella sua relazione annuale, “suggerisce di valutare un rafforzamento della disciplina connessa con l’esercizio dei poteri speciali, in particolare con riferimento alla fase del monitoraggio”. Per questo, il comitato invita a potenziare il gruppo di coordinamento interministeriale di cui si avvale il presidente del Consiglio dei ministri per le valutazioni prodromiche all’esercizio dei poteri speciali seguendo il modello del Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti: “Tale organismo non si limita ad esaminare le transazioni notificate ma monitora attivamente tutte le operazioni di mercato che potrebbero essere volontariamente omesse”, si legge nel documento. Una proposta, notavamo su Formiche.net, che potrebbe trovare d’accordo Palazzo Chigi, visto che Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha spesso definito lo Stato “stratega” e si è detto convinto che il Gruppo di coordinamento che opera a Palazzo Chigi, “organo corrispondente al Cfius statunitense”, debba dotarsi di una struttura autonoma e stabile ad alta competenza tecnica.

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