Skip to main content

La donna custode della giustizia e del diritto? Il libro di Fabrizio Di Marzio

Chi c’era e cosa si è detto alla presentazione dell’ultima opera “Giudici divoratori di doni. Esiodo, alle origini del diritto”, ed. Mondadori, di Fabrizio Di Marzio, già magistrato ordinario, docente di diritto privato, organizzata a Roma dall’associazione Paci con il contributo della Fondazione Movimento bambino e dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare

Riflessioni sul senso della giustizia nella società moderna. Ritornando alle origini, a Esiodo, primo poeta e primo pensatore della giustizia. Interrogandosi sul concetto del bene e del male, su domande mai mutate e senza possibilità di risposte esaustive. Con la consapevolezza che, in un mondo sempre più complesso, la risposta è nella stessa necessità di guardare, con sensibilità, ai limiti del giudizio.

In un evento organizzato, a Roma, dall’associazione Paci (Professionisti d’azienda crisi d’impresa) con il contributo della Fondazione Movimento bambino e dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, si è parlato dell’ultima opera “Giudici divoratori di doni. Esiodo, alle origini del diritto”, ed. Mondadori, di Fabrizio Di Marzio, già magistrato ordinario, docente di diritto privato, insieme a Margherita Cassano, prima donna presidente aggiunto della Corte di Cassazione, Maria Rita Parsi, psicoterapeuta e presidente della Fondazione movimento bambino. Ha coordinato i lavori Simona D’Alessio, giornalista Ansa.

Un libro di interesse culturale e di grande attualità tra filosofia, classici e diritto, come ha evidenziato, introducendo l’incontro, la presidente di Paci Giuseppina Ivone, che nel suo titolo prende le mosse dalle accuse di Esiodo di avere corrotto i giudici al fratello Perse, con il quale era in contesa per la divisione dell’eredità paterna.

Nel dibattito, tenutosi all’Auditorium Parco della musica, il focus è la donna. Eva e Pandora personificazione del peccato e del male? Pandora creata per punire gli uomini? E qual è il ruolo femminile nella Storia, nella società e nella giustizia, leggendo Esiodo?

“Un inganno ordito dal dio (Zeus) senza rimedio per gli uomini” per comminare il male in compensazione del furto di Prometeo del fuoco, la creazione della donna?

Di Marzio offre una rilettura del mito di Esiodo “al femminile”. La figura della donna nella giustizia, impersonata da due dee, non da due dei. Themis, seconda moglie di Zeus (dea dell’ordine e della giustizia) e Dike (la giustizia processuale da rendere comprensibile agli uomini per amministrarla). “La donna fa ingresso nel mondo come custode della giustizia e del diritto. Senza quell’ingresso, il fuoco avrebbe bruciato la giustizia umana, fomentando uno sviluppo dell’azione incurante di qualsiasi idea di limite. La donna salvaguarda l’uomo dalla violenza; consolida la comunità nella riflessione”, scrive l’autore.

E, citando l’antico poeta greco, “una casa è in primo luogo una moglie, un bue, un aratro”. La donna protagonista dell’esistere. Chi sceglie una buona moglie, “sollecita e salda la mente”. “Una buona moglie è un valido alleato per tutta la vita”, “alleata nel confronto con la natura” e nella “solidarietà familiare fatta di aiuto e conforto” nella vecchiaia.

Il poeta spesso definito misogino, scrive ancora De Marzio, non condanna le donne. Come nella Genesi, la donna è coadiuvata dall’uomo e, soprattutto, nella donna “si compie simbolicamente il contraddittorio destino dell’animo umano, irrimediabilmente scisso nelle incompatibili ragioni e nei sentimenti conflittuali di cui è fatto il pensiero di ognuno”.
“Pandora” è colei che dona. Come la terra, è produttrice di doni e di vita. E la sua potenza è tale da essere scambiata con la potenza del fuoco.

“Con l’introduzione della donna finisce il tempo del mito e inizia il tempo della storia”, scrive l’autore, con il distacco della figura di uomini “eterni bambini che vivono inconsapevolmente accanto agli dei o giocano perennemente alla guerra cruenta”.
E ancora, la creazione della donna mostra il limite dell’uso del fuoco e il confine della sua “potenza”. La donna è l’inaspettato, “scompiglia la rettilinea e semplicistica attesa del mondo, in cui prima si illudevano gli uomini”.

Sulle tracce di Esiodo, l’alto magistrato Cassano, da giurista e donna, ha esplorato quali siano le ragioni sottostanti alla richiesta di giustizia, quali siano i “diritti” che la giustizia può garantire, in una società complessa che avanza con sempre maggiori “aspettative”, rispetto ai tempi necessari della legislazione. Con la consapevolezza del limite e dell’imperfezione della giustizia. Alimentata, oggi, dalla dilatazione della categoria di “diritti” che attengono, soprattutto, alla sfera etica, individuale e esistenziale da ritrovare nella quotidianità e nelle relazioni, prima che in una giustizia scritta e cristallizzata. Talvolta, per superare stereotipi trasformati in diritti, come per il diritto alla maternità richiesto in virtù di un’asserita “imperfezione” della donna.

In una comunità alla ricerca di valori condivisi, la dialettica tra giustizia e società, sulla base dei confini invalicabili fissati dai principi, deve, dunque, nutrirsi di capacità di ascolto, dubbio, umiltà, dialogo con le parti e con i difensori, ha sottolineato la Cassano. Valori non per sole donne. “Una costante tensione ideale verso la conoscenza”, per uomini e donne insieme, per comprendere la complessità del reale con la consapevolezza del limite.

La psicoterapeuta Parsi, intervenendo nel dibattito, ha sottolineato come, nella curiosità di Pandora, si manifesti la creatività delle donne, la strada vincente per andare oltre. L’antenata di tutte le donne è, infatti, colei che apre la strada ad altre prospettive attraverso il passaggio dalla dipendenza all’autonomia.

Parsi ha, inoltre, messo in guardia da fragilità spesso causa di comportamenti irragionevoli, inganno, arroganza, prevaricazione e violenza. Evidenziando, nell’attualità di una drammatica situazione, l’importanza fondamentale di riflessioni culturali per una comunità in crisi, per recuperare il senso della complessità del vivere e le istanze del vissuto individuale cogliendo il senso del limite.

×

Iscriviti alla newsletter