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Così riduciamo la dipendenza italiana dal gas russo. Parla Monti (Edison)

Edison nell’immediato può garantire un +10% di fornitura e mettere a disposizione del Paese una nave da 30.000 metri cubi. Si possono sfruttare gli slot ancora disponibili presso i rigassificatori e impiegare altre unità galleggianti da ancorare lungo le coste. E poi Eastmed realizzabile in 4 anni, il ruolo di Azerbaigian, Algeria e Libia: tutte le strategie di diversificazione

Rigassificatori, navi che trasportano gas naturale liquefatto (Gnl), gasdotti esistenti, progettati, abbandonati e resuscitati: in questi giorni stiamo leggendo molti e confusi scenari sui piani italiani ed europei per affrontare il graduale (o immediato?) abbandono delle forniture di metano dalla Russia. Per fare un po’ di chiarezza abbiamo contattato Nicola Monti, ad di Edison, società che garantisce il 20% della domanda italiana di gas.

Come si sta muovendo Edison per ridurre la dipendenza italiana dal gas russo?

Edison ha sempre seguito una strategia di diversificazione del proprio portafoglio di gas naturale. Siamo uno dei principali importatori del Paese, e il primo importatore di Gnl: dal Qatar arrivano 6,4 miliardi di mc attraverso il terminale offshore di Rovigo, che tra molte difficoltà abbiamo sviluppato oltre dieci anni fa e dal 2023 riceveremo anche il Gnl americano. Abbiamo poi contratti di import dalla Libia per 4 miliardi di mc, dall’Algeria per 1 miliardo di mc e dall’dall’Azerbaigian per 1 miliardo di mc.

Rigassificatore offshore di Rovigo

Negli anni abbiamo ridotto molto la nostra esposizione verso la Russia: oggi abbiamo un contratto annuale da 1 miliardo di mc, che è in scadenza a fine dicembre 2022 e che rappresenta il 7% del nostro portafoglio. La volontà di rendere l’Europa indipendente dalle forniture di materie prime e gas dalla Russia è stata sancita dal documento RepowerEu pubblicato l’8 marzo scorso. Da parte nostra riteniamo che qualsiasi azione di riduzione dell’import russo debba essere coordinata con le istituzioni e gli altri operatori: dobbiamo agire uniti e fare sistema.

In queste settimane siamo impegnati a massimizzare gli approvvigionamenti alternativi al gas russo: stiamo discutendo con i nostri fornitori un incremento che stimiamo possa essere tra 1 e 1,5 miliardi di metri cubi, circa il 10% del nostro portafoglio. Potremmo inoltre mettere a disposizione del Paese la nave da 30.000 mc che serve il deposito Gnl di Ravenna, inaugurato lo scorso autunno e dedicato alla sostenibilità del trasporto pesante e marittimo, per approvvigionare il rigassificatore di Panigaglia che non è attrezzato per il rifornimento da navi di grosse dimensioni. Dal primo trimestre 2023, inoltre, inaugureremo una nuova rotta dagli Stati Uniti per l’import di Gnl (1,4 miliardi di mc all’anno), in virtù di un accordo firmato nel 2018 con Venture Global.

Quanto è flessibile il mercato globale del Gnl? L’anno scorso la Cina ha fatto la parte del leone, comprando a prezzi che gli altri non potevano permettersi per “sfamare” il suo bisogno di energia. L’Europa dovrà competere con Pechino per assicurarsi le forniture?

Il mercato asiatico assorbe quantitativi crescenti di gas, complice la ripartenza economica registrata post-pandemia e la graduale transizione dall’impiego di carbone a quello di gas per la produzione elettrica. C’è una competizione fortissima che rende evidente l’importanza di politiche energetiche di lungo periodo condivise a livello di sistema. L’Europa, che vanta già una rete elettrica e gas ben interconnesse, deve agire in modo unito e coordinato sul mercato. Non dobbiamo seguire una logica di competizione tra Paesi Ue, ma mettere in comune le riserve e puntare sulla cooperazione.

Le infrastrutture italiane sono in grado di aumentare il flusso di metano in ingresso? Ovvero: i rigassificatori possono accogliere più navi, e i nostri sistemi di stoccaggio custodire più gas?

Nave metaniera Ravenna Knutsen

Un incremento dei volumi è possibile. Prima dicevo che noi, ad esempio, potremmo nell’immediato contribuire con un +10%. Tutti gli operatori stanno contribuendo e facendo il massimo. C’è però un limite fisico dato dalla capacità delle infrastrutture e da una limitata diversificazione delle rotte. Possiamo sfruttare gli slot ancora disponibili presso i rigassificatori per portare volumi addizionali e valutare l’impiego di altre Floating Storage Regasification Unit (Fsru) da ancorare lungo le coste italiane e allacciare alla rete. In circa sei mesi, o poco più, se c’è la volontà, è una via praticabile.

Gli stoccaggi italiani sono quelli che al momento hanno la maggiore disponibilità di gas in Europa, il tema adesso è riempirli in vista dell’inverno. Dovessero interrompersi le forniture dalla Russia, non potremmo rimpiazzare tutto il quantitativo in breve tempo: parliamo di circa 30 miliardi di mc. È necessaria anche una strategia che abbracci soluzioni realizzabili nel medio termine, che garantisca maggiore sicurezza negli approvvigionamenti in maniera strutturale e consenta di affrontare il percorso di decarbonizzazione e transizione energetica al 2050 in modo più sicuro e competitivo.

Si riferisce all’EastMed? I fatti delle ultime settimane lo hanno riportato sul tavolo. Quanto tempo ci vorrebbe per completarlo e quali vantaggi garantirebbe?

EastMed-Poseidon è un progetto che permette di attingere a riserve ingenti e provate aprendo una nuova rotta di approvvigionamento verso il Mediterraneo Orientale e portando gas direttamente in Europa senza transitare attraverso Paesi extra-Ue. È realizzabile in circa 4 anni e, in una prima fase, porterebbe in Italia un flusso aggiuntivo di 10 miliardi di mc all’anno, raddoppiabile a 20 miliardi di mc in una seconda fase. L’infrastruttura sarebbe adatta anche al trasporto dell’idrogeno, rispondendo dunque alla necessità di proseguire sulla transizione energetica. L’opera è inserita nella V lista dei progetti di interesse comune (Pci) ed è l’unico progetto di diversificazione esistente che, per di più, è a un buon grado di sviluppo.

Anche ipotizzando un’Italia staccata dal “tubo” russo, resta un problema nel cuore dell’Europa: Austria, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Ungheria (e Germania) sono più dipendenti di noi dal gas di Mosca, e hanno meno possibilità di diversificare. Prima di trovare una soluzione italiana dovremo fare i conti anche con le esigenze di questi Stati, in nome di un approccio comunitario?

L’Europa in questo momento deve agire unita, facendo leva sulla cooperazione. Non possiamo farci concorrenza l’un l’altro, ma agire come un sistema unico. Solo così saremo in grado di far fronte alle emergenze e stabilizzare per quanto possibile i prezzi.

C’è il rischio che l’Azerbaigian finisca nel mirino di una rappresaglia russa, in quanto fornitore strategico (e alternativo) per l’Europa?

Il Tap, il gasdotto che trasporta il gas azero, è stato fortemente contestato e oggi è sotto gli occhi di tutti la sua rilevanza. Anche Edison importa 1 miliardo di mc dall’Azerbaigian, tramite questa infrastruttura. Dall’altra parte è un fatto che il Paese è fortemente interconnesso con la Russia e non ha al momento le riserve necessarie a sostenerne il raddoppio della capacità. Proprio per questo motivo, è assolutamente strategico continuare a perseguire una logica di diversificazione lavorando all’apertura di nuove rotte e nuove fonti di approvvigionamento.

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