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Giorgia calling. Se i conservatori Usa sorridono alla Meloni

Di Alessia Ardesi

Il Cpac è sempre un termometro politico dei conservatori Usa. E l’intervento di Giorgia Meloni alla convention americana quest’anno dimostra un’intesa che va rafforzandosi. L’opinione di Alessia Ardesi

Dopo la partecipazione al Cpac di Orlando, la convention dei Conservatori americani, Giorgia Meloni ha confermato anche dall’Italia il netto posizionamento del suo partito: patriottico, europeo e atlantista. Lo ha fatto dando ampio sostegno alla risoluzione con cui si approvava la linea dell’Esecutivo sulle sanzioni alla Russia e sull’invio di armi all’Ucraina.

Con il suo viaggio negli Usa la presidente di Fratelli d’Italia e di tutti i partiti conservatori europei aveva già deciso di condannare l’aggressione all’Ucraina e ribadire la piena fedeltà alla Nato, dalla sponda americana dell’Atlantico in mezzo a un popolo conservatore che, al di là di alcune uscite infelici di Trump, ha memoria della Guerra Fredda, non si è mai fidato dei russi, non si è mai illuso sulla natura autoritaria e militarista del regime di Putin e che ha come grande nemico all’orizzonte la Cina.

Al Cpac la Meloni è stata l’unica leader donna e l’unica italiana invitata a parlare per la seconda volta, e in un ottimo inglese, davanti a 4000 convegnisti, ricevendo parecchie standing ovation, applausi e apprezzamenti da sostenitori, membri della Congresso e del Senato e dagli altri speaker presenti.

Sul palco l’hanno preceduta quasi tutti i big, e possibili candidati repubblicani alle elezioni presidenziali del 2024: Marco Rubio, Ron DeSantis, Governatore della Florida, Ted Cruz, Mike Pompeo, già Segretario di Stato di Trump – effettivamente molto dimagrito.

Ha aperto il discorso alla convention parlando di ‘oppressori russi’ e facendo riferimento a una sfida globale da combattere insieme. E ha toccato un po’ tutti i valori conservatori americani: “We the People”, come scritto nella loro Costituzione, quando ha detto che “la nostra legittimità ci viene dalle piazze e dal popolo” non da alcuni circoli intellettuali e progressisti; la difesa dei confini paragonando “il vostro Messico alla nostra Sicilia”. Poi le radici cristiane, attaccando chi da noi e negli Usa vuole eliminare ogni riferimento a Gesù, a Maria e al Cristianesimo, “La vera Europa non si arrenderà. La vera America non si arrenderà. Noi combatteremo a testa alta. Proveranno a portarci via tutto, ma non possono portarci via la nostra identità e i valori per cui ci battiamo”.

La centralità della famiglia tradizionale contro la propaganda Lgbtq, “siamo sotto l’attacco di un avversario che agisce a livello globale per annientare identità e specificità” e anche la libertà di parola contro la “cancel culture” che vuole riscrivere la storia “abbattendo i monumenti e cambiando i nomi delle strade”.

E le critiche a Biden che, dice la Meloni, ha commesso parecchi errori a partire dal “peccato originale del ritiro dall’Afghanistan. Nessuno mi toglie dalla testa che senza lo scandaloso ritiro delle truppe da Kabul ieri, non avremmo mai visto il tragico assedio di Kiev oggi. E sicuramente nessuno si appresterebbe a vedere Taiwan occupata domani”.

Nonostante le reticenze iniziali sull’opportunità di lasciare l’Italia in un momento così delicato, la presidente di Fdi ha deciso di partire e ha spiegato perché lo ha fatto: essere negli Usa “di fronte all’attacco inaccettabile della Russia è il modo migliore per chiarire che siamo dalla parte del diritto internazionale, della libertà e di una nazione orgogliosa che sta insegnando al mondo cosa significhi combattere per la libertà”.

L’intervento della Meloni – che ha avuto anche incontri al vertice riservati – si è inserito in un contesto conservatore americano che vede i Repubblicani divisi in tre fazioni: pro Trump, anti Trump e ambivalent, vale a dire che non prendono una posizione netta. Tutti sono in attesa di vedere l’esito delle elezioni di mid term di novembre, che potrebbero far riconquistare ai Repubblicani sia il Congresso che il Senato. E di sapere se Trump si ricandiderà nel 2024.

Nel discorso che ha tenuto al Cpac non ne ha fatto esplicito riferimento, anche se la campagna di raccolta fondi che sembra aver già messo insieme quasi un miliardo di dollari e il suo attivismo potrebbero far pensare che si presenterà. O se, al contrario, deciderà di vestire i panni del king maker appoggiando un altro candidato, ipotesi che in moltissimi si augurano.

Comunque sia, le elezioni di medio termine saranno un termometro anche oltreoceano. In Italia, nello stesso periodo, si andrà concludendo la legislatura e i partiti già si stanno preparando all’appuntamento del 2023.
Fratelli d’Italia è oggi il primo partito del centrodestra e secondo alcuni sondaggi il primo in assoluto; i Repubblicani americani apprezzano l’idea che il prossimo presidente del Consiglio italiano potrebbe essere una donna conservatrice, cristiana, atlantista e coerente come Giorgia Meloni.

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