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La Silicon Valley indossa l’elmetto e colpisce Mosca

Alloggi gratuiti per i rifugiati, modifiche del servizio Google Maps, blocco dei pagamenti con Apple Pay e invio di rifornimenti con gli aerei Amazon diretti in Polonia. L’artiglieria dei colossi del tech è puntata contro Mosca e a favore della popolazione ucraina

“Apple Pay non funziona più. È impossibile pagare con l’applicazione in qualsiasi luogo, dall’autobus al caffè”. Tatyana Usmanova, una cittadina residente a Mosca, ha raccontato all’agenzia The Associated Press i disagi quotidiani per chi era abituato ad usare i pagamenti elettronici. Le big del tech stanno puntando la loro “artiglieria” contro la Russia per cercare di fermare la guerra e sostenere i civili in Ucraina colpiti dalla violenza armata dei russi.

Apple ha annunciato che non venderà più iPhone, iPad e nessun altro suo prodotto in Russia e che limiterà i suoi servizi, tra cui Apple Pay, come segno di protesta della compagnia per l’invasione russa in Ucraina.

“Siamo profondamente preoccupati per l’invasione della Russia in Ucraina – si legge in un comunicato dell’azienda – e stiamo con tutte le persone che stanno soffrendo a causa di questa violenza”. Per questo ha deciso di “mettere in pausa la vendita di prodotti” sul territorio russo e ha limitato la disponibilità delle applicazioni dei media statali russi al di fuori del Paese.

Anche YouTube ha scelto di bloccare dalla piattaforma i canali dei media statali russi RT e Sputnik in vista della guerra in corso in Ucraina: “I nostri sistemi hanno bisogno di un po’ di tempo per essere pienamente operativi. Le nostre squadre continuano a monitorare la situazione 24 ore su 24 per agire il più rapidamente possibile”. Il gruppo Meta aveva già deciso di bloccare i contenuti di questi media vicini al Cremlino da Facebook e Instagram. Il blocco riguarda sia la presenza degli emittenti su Internet sia le loro trasmissioni televisive.

Per il governo russo si tratta di una censura “inaccettabile”. Un portavoce del ministero degli Esteri russo ha dichiarato che Meta promuove “attività ostili di propaganda in queste piattaforme per bloccare le fonti di informazioni russe e porre massicce restrizioni all’accesso ai media interni”, e al tempo stesso ha accusato questi social media “incitare alla guerra”.

I dipendenti di Google – tra cui un centinaio di origine ucraina – hanno firmato una lettera diretta al direttore esecutivo Sundar Pichai chiedendo la modifica di servizi come Google Maps e gli strumenti di pubblicità, per disturbare i militari russi. Su questo la compagnia non si è ancora pronunciata ma ha già vietato l’accesso alla pubblicità e distribuzioni ai media statali russi e ha aumentato le misure di sicurezza per l’accesso degli utenti in Ucraina.

La sicurezza informatica è un altro fronte di scontro. Poco prima dell’offensiva russa, è stato scoperto un nuovo ceppo di malware chiamato FoxBlade dai ricercatori del Microsoft Threat Intelligence Center (Mstic) che hanno identificato il virus sui sistemi attaccati, inserendolo nel database della piattaforma di sicurezza per riconoscerlo e bloccarlo.

“Diverse ore prima del lancio di missili o del movimento dei carri armati il 24 febbraio, abbiamo rilevato un nuovo round di attacchi informatici offensivi e distruttivi diretti contro l’infrastruttura digitale dell’Ucraina – ha spiegato la società -. Abbiamo immediatamente informato il governo ucraino della situazione e fornito consulenza tecnica”. Secondo i ricercatori altri attacchi informatici sono in corso e sono mirati per il momento contro l’infrastruttura governativa ucraina.

Sul blog di Microsoft News, l’impresa si è pronunciata: “Tutti quelli che lavorano a Microsoft seguono da vicino la tragica, illegale e ingiustificata invasione di Ucraina. È diventata una guerra digitale, con immagini terribili da tutta l’Ucraina, così come attacchi cyber meno visibili e campagne di disinformazioni su internet”. La compagnia si è schierata a favore degli aiuti umanitari e la protezione della sicurezza informatica degli ucraini, condannando la propaganda statale del governo russo. Sarà il blocco delle loro operazioni digitali in Russia la prossima mossa?

Il contributo dai giganti tech non riguarda soltanto l’isolamento economico, informatico e mediatico della Russia, ma anche il sostegno logistico per il popolo ucraino. Andy Jassy, amministratore delegato di Amazon, ha annunciato che sono stati stanziati 10 milioni di dollari per aiuti umanitari all’Ucraina. E che l’impresa userà tutta la sua capacità di distribuzione per rifornire le persone che fuggono o chi ha bisogno, e anche la sua conoscenza nel campo della sicurezza informatica per affiancare imprese e istituzioni.

“Stiamo sostenendo il soccorso umanitario sul terreno con donazioni in contanti da Amazon e dai nostri dipendenti – ha spiegato Jassy -. La logistica per portare i rifornimenti alle persone che ne hanno bisogno, e l’assistenza per la cybersecurity alle aziende e ai governi”.

Il gruppo di aiuti umanitari Nova Ukraine, con sede nella Silicon Valley, ha lanciato un appello ad Amazon perché sia donato tempo di lavoro, e spazio per vendite e rifornimenti nei loro aerei di carico diretti in Polonia. “Loro hanno una capacità insuperabile”, ha aggiunto il ricercatore o Igor Markov, direttore di Nova Ukraine.

La mobilitazione della Silicon Valley a favore dell’Ucraina (e contro la Russia) – a differenza dei grandi marchi di lusso che hanno preferito il silenzio – si deve anche alla presenza dei dipendenti ucraini che lavorano in queste imprese tecnologiche. Un reportage pubblicato da Reuters racconta le campagne mediatiche, via email e con petizioni online, che cercano di persuadere imprese come Cloudflare Inc, Google, e Amazon.com a impegnarsi nella causa ucraina.

Airbnb ha annunciato che offrirà alloggio gratuito, di breve durata, a 100.000 ucraini che fuggono dall’invasione russa. L’alloggio sarà finanziato dall’azienda e fa parte del programma Frontline con cui ha già contribuito all’emergenza dei rifugiati afgani dopo l’arrivo dei talebani. Brian Chesky, direttore della piattaforma, ha lanciato un appello ai governi di Polonia, Germania, Ungheria e Romania per unirsi al sostegno dei rifugiati ucraini.

Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX, ha riferito che “in Ucraina ci sono strane interruzioni di Internet che SpaceX può risolvere”, in riferimento al materiale inviato in Ucraina per l’accesso a Internet via satellite.

E non solo: Tesla ha deciso di attivare la ricarica gratuita per le auto che si fermano presso le colonnine di quattro città al confine con l’Ucraina: Trzebownisko in Polonia, Košice in Slovacchia, Miskolc e Debrecen in Ungheria. Un’azione a supporto di chi ha deciso di abbandonare il Paese, senza gravare sui costi di alimentazione. “Speriamo che questo aiuti i fuggiaschi a raggiungere un luogo sicuro”, si legge in messaggio ricevuto dai clienti di Tesla nei Paesi coinvolti. Questa è la prima volta che l’azienda interviene durante un conflitto militare.

E anche Jack Sweeney, il giovane che aveva tracciato il jet privato di Musk, si è “arruolato” contro Mosca. Il ragazzo  ha cominciato a rintracciare gli aerei privati degli oligarchi e gli aerei di persone vicine al presidente russo nella nuova iniziativa su Twitter @RUOligarchJets e @Putinjet, concentrandosi sugli oligarchi, con nomi e numeri identificativi dei loro jet: “Me lo avevano suggerito anche prima della guerra: dovresti seguire le tracce di Putin”.

Per Olexiy Oryeshko, ucraino-americano che lavora come ingegnere di software per Google, “le imprese devono isolare la Russia quanto sia possibile, e al più presto. Le sanzioni non sono sufficienti”. Lui fa parte di un gruppo di attivisti che sono di origine ucraina o immigranti ucraini negli Stati Uniti e rispondono al richiamo di Kiev di formare “un esercito informatico volontario”.

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