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Come l’Occidente può vincere la guerra economica

L’articolo di Luigi Paganetto, “Nulla sarà più come prima” ha innescato un dibattito su come dovranno cambiare, in brevissimo tempo, le politiche economiche europee. L’intervento di Michele Bagella si concentra sul sostegno finanziario della Bce e sul nuovo Recovery Plan per la difesa e l’energia

L’articolo di Luigi Paganetto: “Nulla sarà come prima. L’Europa è pronta?”

Sembra uno slogan da film, ma non è così. L’aggressione russa all’Ucraina sta profondamente minando le convinzioni che ritenevamo acquisite: l’internazionalizzazione dell’economia e la mobilità dei cittadini in tutte le direzioni, comprese quelle orientali.

La guerra di Putin ha già chiarito che la globalizzazione è finita e che i muri sostituiranno le porte aperte. Ancora peggio, ha posto fine al sogno della pace, coltivato in Europa in questi ultimi decenni. Il “dopo” quale che esso sia, sarà segnato da un ripensamento profondo delle catene del valore e da un proseguimento della guerra con armi improprie, il credito e la finanza da parte occidentale vs l’energia e le materie prime, da parte orientale. Il tutto condito dal senso di paura e di prudenza che per lungo tempo circolerà tra i cittadini europei, condizionandone le scelte economiche. Tutti perderanno, poco o molto, in questo gioco tragico e imprevisto.

Solo ieri l’internazionalizzazione produttiva e commerciale non solo delle grandi imprese ma anche delle Pmi sembrava il carburante da immettere per lo sviluppo dell’economia e dei distretti industriali del Paese. D’ora in avanti questa prospettiva sarà ridimensionata e complicata da dazi, razionamenti e controlli che saranno introdotti a tutela della sicurezza nazionale. Lo stiamo osservando già ora che le armi vere continuano a sparare. Tante imprese italiane vedono chiudersi il mercato russo per la vendita dei loro prodotti, e le frontiere per l’arrivo dei turisti.

L’economia dell’Ue, in ripresa dopo il Covid, sta ora rallentando, mentre l’inflazione sta mordendo i bilanci familiari e comincia a mostrarsi, in misura preoccupante, nei bilanci delle imprese. Alimentata dal caro-energia, sta impadronendosi dei listini di borsa. Questo tipo d’inflazione, dal lato dell’offerta, non è facile da contrastare. I governi della Germania e dell’Italia non hanno sostituti immediati del gas e del petrolio russo, mentre la Bce ha difficoltà a calmierare con i suoi strumenti tradizionali un aumento dei prezzi spinto dall’esterno. Generata non da ragioni economiche ma geopolitiche da parte dei Paesi produttori di petrolio vicini alla Russia, l’energyflation sta provocando rincari generalizzati, che si aggiungono a quelli determinati dalla scarsità di materie prime.

In queste condizioni, è auspicabile che la Banca centrale Europea continui nella politica di sostegno all’economia, prolungando il Qe. Parallelamente, l’Ue è chiamata a mettere in campo, più rapidamente che in passato, tutta la sua forza economica per evitare scricchiolii sulla sua tenuta.

Il nuovo Recovery Plan per la difesa e l’energia, proposto al recentissimo Vertice di Versailles dalla Francia, e condiviso dall’Italia, può costituire una solida base istituzionale e finanziaria per sostenere una politica comune nei due settori, cruciali per la sicurezza futura dell’Europa. Tale piano va collocato al primo posto nell’agenda delle priorità strategiche dell’Unione, approvato e reso operativo in tempi brevi, se i Paesi desiderano affrontare con uno strumento efficace, e possibilmente vincere, la guerra economica che Putin ha loro dichiarato.



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