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Come Putin si è accorto del pericolo di un internet libero

Di Irina Borogan e Andrei Soldatov
Come Putin si è accorto del pericolo di un internet libero

In questa prima parte della serie “La nuova cortina di ferro”, Soldatov e Borogan (senior fellow di Cepa e cofondatori di Argentura.ru) esplorano il fronte digitale interno alla Russia, dove internet rimane attivo e funzionante e le notizie dall’Ucraina sono diventate sempre più pericolose per lo zar

Il 7 marzo 2022, 12 giorni dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il viceministro russo per lo sviluppo digitale Andrei Chernenko ha emesso un ordine urgente: le agenzie governative devono passare dal web hosting straniero a servizi russi e spostare i loro siti web sul dominio internet .ru. L’ordine ha suscitato una domanda inquietante: il Cremlino stava tagliando la Russia dalla rete globale?

Dall’inizio del suo primo mandato presidenziale, Vladimir Putin è sempre stato ossessionato dal controllo dello spazio informativo russo. Ma nonostante questa sfiducia, ha permesso al web russo di svilupparsi all’infuori del controllo del governo. Questo non è successo perché lui ha favorito la libertà digitale; è successo perché ha sottovalutato il potere di internet.

Invece della rete, la censura russa si concentrò sul soffocamento dei media tradizionali, soprattutto della televisione. Quella svista si è rivelata costosa. A differenza della Cina comunista, Putin ha perso l’opportunità iniziale di imporre il controllo sulle infrastrutture internet nazionali.

Il Cremlino si accorse della portata della sfida solo nel 2011, durante le proteste di massa a Mosca. Le autorità installarono un sistema di filtraggio di internet e scatenarono la censura contro blogger e piattaforme. Ma questa repressione iniziale si rivelò inefficace: i russi continuavano ad accedere ai social media, soprattutto alle piattaforme globali, condividendo e diffondendo informazioni non censurate.

In risposta, il Cremlino iniziò a lavorare su un nuovo sistema di controllo. I censori del governo identificarono sei sfide:

  • La principale minaccia alla narrativa del Cremlino non viene dall’estero, ma dall’interno della Russia
  • I russi ordinari che sono testimoni di qualcosa di inusuale e lo postano online sono più pericolosi degli attivisti
  • I russi preferiscono le app globali a quelle russe
  • Il video è il tipo contenuto online che più probabilmente è in grado di generare proteste di massa
  • La rete decentralizzata permette di pubblicizzare e promuovere eventi non solo a Mosca o San Pietroburgo, ma da qualsiasi punto del vasto Paese
  • Le compagnie di telecomunicazione russe non sono disposte a pagare il conto della censura e degli strumenti di sorveglianza

I servizi di sicurezza russi insistettero sul fatto che internet fosse un braccio pericoloso dell’Occidente. Dipinsero il ciberspazio come un territorio con confini virtuali che corrispondono ai confini reali dello Stato. Dunque, l’esteso sistema nazionale di censura digitale avrebbe rappresentato un meccanismo difensivo contro i nemici che tramavano dall’estero.

Così, negli ultimi tre anni Putin, ha costruito un nuovo firewall di ferro. Lo chiama “internet sovrano russo”. Un centro di controllo a Mosca ha preso le redini del traffico internet russo. È collegato con i fornitori di servizi internet (Isp) attraverso apparecchiature di filtraggio appositamente progettate. L’obiettivo è quello di isolare sezioni specifiche della rete, tagliare fuori intere regioni in caso di proteste, e rallentare o sopprimere il traffico da una particolare piattaforma o sito web. E si è compiuto uno sforzo eccezionale per costringere gli utenti russi a migrare dalle app globali a quelle prodotte in Russia, sotto la supervisione dei servizi di sicurezza russi.

Nel 2021 Putin ha attivato questo internet sovrano russo. Il suo primo obiettivo è stato Twitter: l’accesso al sito del social media è stato rallentato. Intanto, decine di servizi Vpn (rete virtuale privata, ndr), che potrebbero permettere di aggirare i controlli ufficiali, sono stati bloccati.

L’invasione dell’Ucraina rappresenta la più grande sfida per l’internet sovrano. Invece di blocchi e ritardi sporadici, il Cremlino ora esige un monopolio totale dell’informazione. L’internet sovrano di Putin non è più un meccanismo difensivo. È anche un’arma offensiva, che mira a mettere a tacere i media indipendenti russi e a bloccare piattaforme globali come Twitter e Facebook. La retorica sulla difesa della sovranità internet del Paese si è rivelatata essere il paravento di un piano per mettere a tacere il dissenso.

Il successo rimane tutt’altro che assicurato. Quando l’invasione è iniziata, gli hacktivisti ucraini hanno attaccato i siti web del governo russo. Il sito web di Putin, kremlin.ru, è andato offline. Così l’offensiva informatica ucraina ha spinto il viceministro Chernenko a ordinare urgentemente alle agenzie federali di passare ai server russi.

All’interno della Russia, internet rimane attivo e funzionante, e le notizie dall’Ucraina sono diventate sempre più pericolose per Putin. Di conseguenza il Cremlino sta ricorrendo alla censura e alla repressione tradizionali. Ha bloccato i media indipendenti, chiuso le stazioni radio e costretto più di 150 giornalisti a fuggire. Facebook, Instagram e Twitter sono stati vietati. Una nuova legislazione punisce i reportage indipendenti sulla guerra con un massimo di 15 anni dietro le sbarre; il termine “guerra” e gli appelli alla “pace” sono vietati.

Questo assalto al pensiero indipendente era inevitabile? In questa serie cercheremo di rispondere a questa domanda.

 

L’articolo originale in lingua inglese è apparso sul sito del Center for European Policy Analysis (CEPA) con il titolo “The New Iron Curtain Part 1: Putin Wakes Up to the Danger of a Free Internet”.

Andrei Soldatov è nonresident senior fellow del CEPA, un giornalista investigativo russo, ed è cofondatore ed editore di Agentura.ru, un osservatorio sulle attività dei servizi segreti russi. Si occupa di servizi di sicurezza e terrorismo dal 1999.

Irina Borogan è nonresident senior fellow del CEPA, una giornalista investigativa russa, ed è cofondatrice e vicedirettrice di Agentura.ru.



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