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Pace disarmante. Se la difesa (non) è legittima

Vuoi per ragioni politiche, vuoi per rigurgiti anti-occidentali, vuoi perché sedicenti leader si fanno orientare dagli umori dell’opinione pubblica più che guidarla, troviamo la parola pace dove mai avremmo pensato. Il corsivo di Francesco Nicodemo

Oggi è stato il giorno del discorso di Zelensky al Parlamento. Un discorso asciutto, diretto, senza retorica. Nessun richiamo alla resistenza o ai partigiani, come molti commentatori avevano immaginato. Nessuna richiesta di fly-zone, né di intervento militare. Piuttosto un apprezzamento generale per l’azione dell’Italia e dell’Europa nel sostegno all’Ucraina e nel rafforzamento delle sanzioni contro la Russia.

La vera notizia piuttosto è il colloquio che Zelensky ha avuto con Papa Francesco prima del discorso alle camere. Il premier Mario Draghi è stato molto più duro nel suo intervento. Ha chiaramente parlato di resistenza a proposito del popolo ucraino. Ha detto che l’Italia supporta l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. E infine che l’Italia sosterrà in ogni modo gli ucraini, sia con aiuti umanitari che con invio di armi.

Così mentre Zelensky ha ricevuto un’ovazione, su Draghi sono arrivati alcuni distinguo nella sua maggioranza. In particolare Salvini ha detto: “Quando si parla di armi fatico ad applaudire”. Immaginiamo che sia un suo clone quel Salvini in giro per fiere e fabbriche, compiaciuto di imbracciare armi d’assalto o pistole. Oppure il Salvini della difesa sempre legittima.

Ma si sa, Salvini cambia spesso opinione, indossando a seconda delle occasioni il costume adatto, come un cosplayer (dalla Treccani: chi ama indossare i costumi di personaggi dei film, dei fumetti e dei cartoni animati preferiti).

D’altronde lo abbiamo già visto con la magra figura fatta al confine tra Polonia e Ucraina, quando il costume da caregiver dei profughi ha preso il posto del costume del populista feroce contro i migranti. In ogni caso, il Salvini pacifista è un modo abile per cercare di oscurare il Salvini putiniano. Ma anche se abbiamo scarsa memoria collettiva, la rete e i social ci ricordano quotidianamente gli elogi, le visite, il sostegno.

E in fondo la parola pace, per i pacifisti dell’ultima mezzora, quelli che hanno sempre avuto ribrezzo per la bandiera arcobaleno ma che adesso la trovano comodissima da indossare, è un gigantesco dito dietro cui nascondersi.

Vuoi per ragioni politiche, vuoi per rigurgiti anti-occidentali, vuoi perché sedicenti leader si fanno orientare dagli umori dell’opinione pubblica più che guidarla, troviamo la parola pace dove mai avremmo pensato.

Alla fine cosa c’è di più desiderabile della pace? Anche gli imperatori romani sarebbero d’accordo. Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant, scriveva Tacito. Forse è questa la pace di cui gli amici italiani di Putin parlano?


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