Luciano Violante al Master dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri: “I cittadini devono essere messi in condizione di distinguere il vero dal falso. Per questo è necessaria una pedagogia digitale”
“Nel conflitto la democrazia è soccombente”. Così ha esordito Luciano Violante, presidente della Fondazione “Leonardo”, intervenendo al Master di Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Violante ha sostenuto che “bisogna saper distinguere le crisi dalle trasformazioni, poiché si procede per rotture e non per continuità come evidenziano le tendenze costanti delle democrazie. Nei momenti di crisi i sistemi autoritari sono avvantaggiati poiché prevalgono nei tempi brevi, mentre nei tempi medi si impongono le democrazie. Saper distinguere però non è per niente semplice, a causa della disinformazione che si mescola all’informazione”.
Il docente ha quindi affermato che “reale e falso, nel virtuale, che è immateriale, hanno le stesse caratteristiche. Se vediamo qualcosa non per forza corrisponde alla realtà. Il processo di distinzione dell’immateriale dal materiale e della disinformazione dall’informazione diventa ogni giorno sempre più difficile e sofisticato”.
“II cyber – ha evidenziato – pone un problema enorme: come si può fare deterrenza in questa dimensione? Come si può capire quali sono le forze degli avversari? Questo è un tema decisivo per la sicurezza del futuro. Compito dell’intelligence è distinguere quello che è vero da quello che è falso”.
“Oggi – ha proseguito – la comunicazione è costruita con le immagini e con le emozioni. Bisogna invece dare priorità alla parola come strumento di comunicazione, alle conversazioni e non ai frammenti di comunicazione, al racconto scritto più che alle immagini, alla razionalità e al ragionamento logico più che alle emozioni e all’irrazionalità”.
Violante si è quindi soffermato sulla difficoltà, nel mondo digitale e immateriale, di trovare il giusto equilibrio tra libertà e privacy da una parte e i problemi sempre più complessi di cybersicurezza e di sicurezza dall’altra. Infatti, la “società analogica” è caratterizzata dalla conoscenza, dalla trasparenza, dalle mediazioni e dal controllo del potere mentre “la società digitale” della cyber-society è caratterizzata invece dalla disinformazione, dalla decisione politica diretta, dalla crisi delle mediazioni, in definitiva è distinta da più libertà e meno responsabilità.
Per il docente si tratta della disintermediazione sociale e politica caratterizzata dalle mediazioni occulte dell’oligopolio delle Big Tech alle quali forniamo volontariamente e continuamente i nostri dati. “Se tali operazioni – ha ribadito – le facessero gli Stati scatterebbe immediata una reazione di piazza. Infatti, la sovranità digitale implica un potere politico che di fatto nessuno nella storia ha mai avuto. Le piattaforme rendono servizi sempre più indispensabili, condizionando la vita pubblica e privata. Se staccassero la spina, il mondo smetterebbe di funzionare”.
“Per i mediatori occulti – secondo Violante – non ci sono né regole né contropoteri. Di conseguenza, nella cyber society si può costituire il cyber state. Il potere politico è in condizione di sapere tutto dei cittadini ma i cittadini non sanno nulla dello stato, come accade per esempio in Cina che, nel 2017, ha lanciato un piano di sviluppo sulla intelligenza artificiale. Lo scopo è quello di assumere entro il 2030 la leadership mondiale, incorporando l’intelligenza artificiale in tutti gli aspetti della vita, dell’economia e del commercio. Al contrario, il potere in democrazia deve essere moralmente accettabile e visibile”.
Tra i tanti neologismi utilizzati per descrivere le convulse trasformazioni sociali, Violante ha scelto “Figital”, risultato della fusione tra le parole “fisico“ e “digitale”, quindi tra reale e virtuale, con riferimento “non solo alle reti fisiche e digitali ma soprattutto alle persone”. A questo proposito, ha fatto espresso riferimento agli organismi viventi cibernetici, alle antenne connesse alle ossa craniche e, quindi, al cervello.
“Mai come in questi giorni – ha commentato – appare chiaro che, tanto nel campo tecnologico quanto in quello regolatorio, occorre rimette al centro l’uomo. Secondo le leggi della robotica di Asimov, un robot non deve poter arrecare danni a un essere umano e obbedire ai suoi ordini. In definitiva, le tecnologie digitali non devono sostituire l’uomo ma devono aiutarlo. Pertanto, nessuna decisione che riguarda l’essere umano deve poter essere assunta dall’intelligenza artificiale”.
“Dobbiamo impegnarci per una civiltà digitale – ha concluso Violante – in modo da capire che non sono accettabili l’ “homo connectus”, il darwinismo digitale, il far west del web, le banalizzazioni ideologiche sul post-umano che azzerano la centralità della persona nella storia.
I cittadini devono essere messi nelle condizioni di riuscire a distinguere il vero dal falso, essendo educati a cercare la verità e non ciò che piace. Per questo è vitale definire al più presto una pedagogia digitale nelle scuole e nelle università”.