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Russia furiosa. Querela alla Stampa e attacco all’Italia sugli aiuti

L’ambasciatore Razov annuncia denuncia-querela nei confronti del giornalista Quirico e del quotidiano per un editoriale sulla morte di Putin. Poi sulla missione del 2020: “È stata tesa una mano di aiuto, ma se qualcuno la morde non è onorevole”. Della Vedova risponde: “I giornali italiani sono liberi di poter scrivere ed esercitare il loro lavoro di cronaca e di critica. È questa la sostanziale differenza tra le democrazie liberali e la Russia di Putin”

Un editoriale di Domenico Quirico su La Stampa che analizza lo scenario della guerra in Ucraina in caso della morte del leader russo Vladimir Putin ha mandato su tutte le furie la diplomazia di Mosca. Sergey Razov, ambasciatore a Roma, ha depositato una denuncia-querela nei confronti del giornalista e del quotidiano: “Non c’è bisogno di dire che questo è fuori dall’etica e dalla morale e dalle regole del giornalismo. Nel codice penale della Repubblica italiana si prevede la responsabilità per l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato”, ha dichiarato alla stampa. “In precisa conformità alla legislazione italiana oggi mi sono recato in Procura per presentare una querela con la richiesta alle autorità italiane di esaminare obiettivamente questo caso. Confido della giustizia italiana”.

L’ambasciatore è intervenuto anche sulla missione del marzo del 2020 tornata al centro dell’attenzione come dimostra la convocazione al Copasir dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, ma se qualcuno morde quella mano non è onorevole”, ha dichiarato. “La missione è andata solo nei posti indicati dall’Italia, precisamente a Nembro, centro della pandemia in quel momento. Facevano solo quello che veniva detto dai colleghi italiani e la missione russa è terminata quando l’Italia ha proposto di concluderla. Le autorità italiane hanno espresso gratitudine per quanto fatto”. Nei giorni scorsi la diplomazia russa si è scagliata contro Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, definito un falco antirusso, che disse disse no all’invio dalla Russia di 400 uomini.

Ecco che cosa ha scritto Quirico nell’articolo dal titolo “Guerra Ucraina-Russia: se uccidere Putin è l’unica via d’uscita”

L’unico dibattito è quello pratico, materialistico: il tirannicidio ha dimostrato di avere alte probabilità di successo? Ovvero morto il despota cosa succede? Il nocciolo della questione, cinicamente imposto, non è se un assassinio sia mai giustificabile ma se l’assassinio sia efficace. Dovete poter rispondere che lo è: che ci consentirà cioè di raggiungere, nella Russia di oggi e in questa situazione di guerra, obiettivi altrimenti inaccessibili a causa del controllo ferreo che Putin esercita sul Paese; o per l’impossibilità in tempi brevi che perda la guerra e venga travolto dalla sconfitta. Che è più sicura tagliola in cui hanno lasciato le zampe lupi assai più astuti e feroci di lui.

Il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova si è espresso così sulla vicenda: “Libero di farlo, così come i giornali italiani sono liberi di poter scrivere ed esercitare il loro lavoro di cronaca e di critica”. Secondo il sottosegretario, “è questa la sostanziale differenza tra l’Italia, l’Europa, le democrazie liberali e la Russia di Putin, dove i cittadini vengono arrestati solo perché chiamano guerra una guerra o manifestano con un foglio bianco”. E ancora: “Quello dell’ambasciatore Razov non è il primo attacco da parte delle istituzioni russe alla stampa libera e indipendente del nostro paese. Ricordo ad esempio le parole della portavoce di Lavrov rivolte al direttore di Repubblica pochi mesi fa, in cui lo invitava a scaldarsi con copie del suo giornale. La resistenza all’aggressione russa ci riguarda anche per questo: in Ucraina si combatte per sopravvivere ma anche per difendere i valori basilari di società aperte e democratiche”, ha concluso Della Vedova.

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