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Sanzioni a Putin, si può fare di più (Draghi lo sa)

Banche, gas, commercio. Le sanzioni occidentali faranno male a Putin e all’economia russa, ma non fermeranno i carri armati in Ucraina: chi lo crede si sta illudendo. C’è ancora una mossa che può fare la differenza, e Draghi lo sa. Il commento di Joseph La Palombara, professore emerito di Yale

Durante infinite discussioni con i leader occidentali dei mesi scorsi Vladimir Putin era sicuro di conoscere le debolezze dei suoi avversari.

Sicuro che l’Occidente, e in particolare le trenta nazioni che fanno parte della Nato, non sarebbe rimasto unito. Putin conta molto su questo tipo di sostegno, e in parte lo sta ricevendo. Non fanno eccezione gli Stati Uniti dove molti repubblicani sembrano impegnati a soddisfare le sue aspettative.

La seconda convinzione che ha guidato Putin è stata che, a partire da Biden, l’Occidente avrebbe parlato di sanzioni “estreme”, e che nessuna di queste sarebbe stata davvero “estrema”. Niente che Putin o la Russia non fossero in grado di gestire. E in effetti Putin ha pianificato per tempo come minimizzare l’impatto delle mosse occidentali nei suoi confronti, soprattutto quelle economiche. Sicuro che nessuna di queste sia in grado di fermare la Russia in Ucraina e in qualunque altra zona un tempo comandata dall’Urss.

Dunque la terza decisione: preparandosi al peggio, Putin ha apparentemente convinto la Cina a prendere le sue difese. Un passaggio che era e rimane cruciale. Non c’è quasi niente sul fronte economico che l’Occidente possa fare per danneggiare Putin e la Russia finché le relazioni di Mosca con il presidente Xi rimangono solide. Né la Cina sembra disposta, per il momento, a fare un passo indietro.

Come leggiamo in questi giorni, non tutti i membri della Nato sono sulla stessa frequenza per quanto riguarda le sanzioni. Alcune delle misure più estreme inevitabilmente colpiranno i Paesi occidentali quasi quanto colpiranno la Russia.

Ovviamente il congelamento degli asset finanziari ed economici russi in Occidente farà male a Putin e al Paese che guida. Ma con le principali banche cinesi pronte a fare la loro parte difficilmente sarà un colpo fatale.

Senza contare il più classico degli effetti collaterali, cioè le sanzioni occidentali contro i gasdotti russi e Gazprom. Il crollo delle forniture energetiche del colosso del gas russo farà schizzare i prezzi del gas e del petrolio: temo non tutti siano pienamente consapevoli, dalle nostre parti, di cosa significhi. Bisogna mettersi in testa che per combattere l’aggressione e la violenza di Putin bisognerà serrare i ranghi occidentali più di quanto non si è fatto oggi.

Nessuno capisce meglio di Mario Draghi quanto l’esclusione della Russia dal sistema Swift, benché dolorosa per Putin, non sia sufficiente per sconfiggere la Russia. Un passaggio importante contro le banche russe o controllate dal governo russo, certo, ma, specialmente grazie all’aiuto delle banche cinesi, difficilmente calerà il sipario.

Draghi lo sa bene. E però l’Italia, affamata di energia russa, non sta marciando a pieno con l’Occidente contro Putin. Le due più grandi economie europee, Francia e Germania, marciano invece unite. Scholz e Macron lo hanno chiarito senza indugi. L’Italia, con un’economia di scala non molto inferiore, non si è unita a pieno al duo. Complice una continua contrattazione per l’energia con i russi proseguita nelle settimane scorse.

Dove agire dunque? Difficile immaginare una mossa dell’Occidente davvero in grado di cambiare le cose. C’è chi ha parlato degli investimenti diretti esteri: un’area in cui sicuramente si può colpire Putin e forse indurlo a frenare le sue mattane nucleari.

Ci sono diverse multinazionali europee e americane che hanno investito miliardi di euro e dollari in aziende sul territorio russo. Molti di questi investimenti portano alti profitti, i loro azionisti ne traggono importanti benefici. Molti di loro continueranno a minimizzare la portata delle azioni di Putin, né saranno disposti a rinunciare facilmente a queste entrare.

Per colpire davvero Putin dove è più debole e avere un effetto immediato è necessario ordinare alle multinazionali europee e americane di disinvestire da settori controllati dalla Russia. Questa decisione andrebbe ben oltre le sanzioni su banche e settore energetico. E un Paese amico di Putin potrebbe fare ben poco per lenirne gli effetti.

In aggiunta, a queste multinazionali bisognerebbe ordinare di non entrare in nessuna joint venture, con aziende russe o di altri Paesi, che in qualche modo offra assistenza economica alla Russia. A quel punto potremo davvero parlare di sanzioni “estreme” contro Putin.

Ahimé, Putin sa bene che l’Occidente è ancora lontano da una simile scelta. E continua a stupirmi come i media occidentali spieghino che le decisioni prese finora siano sufficienti a fermare questo folle.


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