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Movimenti turchi sulla Libia, con incognita russa

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Viaggio in Turchia dei consiglieri di Bashaga per costruire l’allineamento d’astri attorno al suo governo. Senza sapere come si potrà muovere Mosca

La Turchia si muove in Libia. Tre consiglieri di Fathi Bashaga, il politico misuratino a cui il parlamento ha affidato l’incarico di primo ministro nelle scorse settimane, sono stati invitati ad Ankara per consultazioni.

L’obiettivo è cercare di superare lo “stallo politico”, per usare la giusta definizione con cui ha descritto la situazione il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Perché attualmente in Libia ci sono — di nuovo — due governi. Se Bashaga è stato nominato, infatti, è perché il parlamento HoR con sede a Tobruk ha tolto la fiducia ad Abdelhamid Dabaiba. Ma lui non vuole muoversi da Tripoli.

Dabaiba, che ha assunto il ruolo sulla base di un incarico ad interim affidatogli dal processo politico-diplomatico onusiano che va sotto il nome di “Foro di dialogo politico libico”, sostiene che è legittimato a governare perché il suo mandato prevedeva le elezioni — presidenziali e parlamentari — che invece non si sono tenute. Saltato dal 24 dicembre, data prefissata dall’Onu, al 24 gennaio, il voto è poi stato annullato, da riorganizzarsi in data da definirsi.

Dabaiba dice di voler restare in carica per completare il mandato; il parlamento ha scelto invece Bashaga perché considera il mandato di Dabaiba scaduto il 24 dicembre. A dare fiducia al premier sfiduciato c’è un appoggio di alcune milizie libiche, pronte a proteggerlo con le armi contro Bashaga, colpevolizzato per aver stretto un accordo vocato alla stabilizzazione con il Generale dell’Est, Khalifa Haftar. Dabaiba punta anche sulle relazioni internazionali che è riuscito a costruirsi nella sua esperienza da capo del governo, tra queste soprattutto quella con la Turchia.

Ricostruito minimamente il contesto, diventa maggiormente comprensibile perché la visita ad Ankara dei tre compagni politici di Bashaga assume un suo rilievo. La delegazione si è mossa nella capitale turca da martedì 22 al 24 marzo, composta dall’ex numero due del Consiglio presidenziale libico Ahmed Maiteeg, l’ex capo della commissione di dialogo nazionale ed ex capo del National Economic Development Board (NEDB) Fadel Lamen, nonché da Mohammed Ahmed Farhat — un diplomatico, per un certo tempo rappresentante ufficioso della ribellione libica a Bruxelles durante la rivolta contro Muammar Gheddafi, e ora Ministro di Stato incaricato degli affari di governo all’interno dell’esecutivo formato da Fathi Bashaga.

I libici hanno incontrato diversi consiglieri del presidente Recep Tayyip Erdogan e soprattutto il capo dell’intelligence (MIT), il potente Hakan Fidan. Fidan da anni segue il dossier Libia e ha coordinato l’assistenza militare a Tripoli quando le forze haftariane, ai tempi nemiche ora parte dell’intesa Est-Ovest che sostiene Bashaga in un’interessante evoluzione, cercavano di attaccare la capitale.

Lo stallo è abbastanza preoccupante, perché alcune milizie tripoline hanno già mostrato i denti in difesa di Dabaiba e altrettanto quelle che sostengono Bashaga (un tempo ministro dell’interno del precedente governo onusiano Gna) e la sua intesa. L’intento di tutti è evitare scontri, perché si potrebbe facilmente scivolare verso una deriva incontrollata. Soprattutto Bashaga non ha intenzione di sporcare il suo ingresso al governo del Paese con l’uso della forza (se non quella politica).

Dall’incontro di Ankara potrebbero essere uscite novità. Se la Turchia si sposterà su Bashaga — con cui ha comunque un rapporto già rafforzato ai tempi in cui Tripoli difendeva il governo di cui era parte — allora su di lui si compirebbe un allineamento d’astri contro cui poco potrebbe Dabaiba. L’Egitto è infatti già della partita, e sono finiti — almeno apparentemente — i tempi in cui la Libia faceva da campo di scontro per procura nelle diatribe interne al sunnismo, tra Ankara, Cairo e Abu Dhabi.

C’è poi la variabile russa: impelagata nella guerra in Ucraina, cosa prevede Mosca per la Libia? Il ruolo russo è importante, perché ha sul terreno uomini — attraverso il Wagner Group — in grado di determinare gli equilibri in vario modo, dall’ambiente militare al warfare informativo. Ora pare che parte di questi lasceranno il Paese per andare a dar manforte al fronte del Donbas, ma è improbabile che il Cremlino voglia perdere del tutto le posizioni guadagnate in Libia.

Questa variabile potrebbe essere determinante per il futuro di Tripoli, perché Mosca ha sempre dimostrato di aver capacità di sintesi con Ankara, seppure su lati opposti di certe crisi, ma i turchi sono una forza Nato e comunicarci durante la guerra anti-Nato a Kiev sarà più complicato.

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