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Una cintura di sicurezza per fermare Putin

Di Riccardo Sessa

Difficile che per lo “zar di tutte le Russie” sia sufficiente la mediazione di un solo Stato per fermare i missili e i carri armati in Ucraina, anche la Cina potrebbe fallire. Serve allora un formato W+ (War plus) e una cintura multilaterale per costringerlo a trattare. L’analisi di Riccardo Sessa, già ambasciatore italiano a Pechino e presso la Nato

Non occorre essere un grande esperto per confessare che non è chiaro come le forze di Mosca si stiano muovendo sul piano militare a fronte di una resistenza ucraina superiore al previsto (c’è chi parla di assedio da parte russa) e quale sia lo scenario non tanto del negoziato formale russo-ucraino, ma soprattutto della mediazione, o delle mediazioni, in corso.

Cercheremo più avanti di fare un punto e, nella misura del possibile, data la valanga di notizie che arrivano al minuto, capire dove siamo e dove potremmo andare. Anche se obiettivamente non è facile fare previsioni, una cosa deve essere ben chiara a tutti: è in corso una guerra, per ora limitata geograficamente e nei protagonisti sul terreno, ma che per gli attori coinvolti ha già assunto dimensioni internazionali.

Per essere ancora più chiari, quanto precede vuol dire che quella guerra riguarda anche tutti noi. Questa premessa è fondamentale per sgomberare il campo da tanti equivoci e fornire delle risposte alle domande che ci facciamo. Abbiamo detto che è una guerra, ma non si può considerare una guerra mondiale nella misura in cui sono solo due gli Stati che si combattono sul terreno.

È una guerra che, come abbiamo detto, ha assunto dimensioni internazionali per gli Stati e le Organizzazioni internazionali coinvolti, ma che non impegnati e che non intendono farsi coinvolgere direttamente proprio per non elevare il carattere del conflitto.

Questo ci serve per spiegare la risposta negativa della Nato all’insistente richiesta ucraina di stabilire sul proprio spazio aereo una “no-fly- zone”, che costringerebbe le forze aeree di alcuni Paesi della Nato a far sorvolare il cielo ucraino da propri caccia, i quali dovrebbero allontanare, se necessario con le armi, velivoli russi. Questo vorrebbe dire far iniziare la terza guerra mondiale. Lo stesso dicasi dell’eventuale dispiegamento in Ucraina di uomini e mezzi di Paesi della Nato.

Zelensky lo ha ben capito e, naturalmente, ne è consapevole anche Putin. È stato più volte scritto che lo zar di Mosca è riuscito come prima cosa laddove qualche generazione di esponenti politici di Paesi europei e non solo non erano riusciti: ricompattare i membri dell’Unione Europea nel nome di grandi principi, ricreare un nuovo rapporto tra gli Stati Uniti e l’Europa, e rivitalizzare l’Alleanza atlantica anche attraverso un raccordo con l’Unione Europea per la complementarietà tra gli strumenti della Nato e l’Identità di Difesa e di Sicurezza Europea in via di sviluppo.

Ma c’è anche un ulteriore aspetto, ed è la vera e propria coalizione internazionale che si è creata contro la Russia, facendo ritrovare insieme – basti pensare al voto all’Assemblea delle Nazioni Unite tra favorevoli e astenuti – Paesi con storie e interessi diversi rispetto alla Russia.

Ciò detto, visto che le operazioni militari continuano e all’orizzonte non si intravede un “cessate-il-fuoco”, l’altra domanda che tutti si pongono è fino a quando la guerra durerà. La risposta non è facile. Un conflitto può sostanzialmente terminare in due modi: una parte sconfigge l’altra, oppure le due parti decidono di fermare le ostilità, autonomamente, o con l’aiuto di terzi.

Visto l’andamento del conflitto in corso non è dato fare alcuna previsione, resa ancora più difficile se andiamo a vedere i costi dell’impegno militare russo. Secondo alcuni calcoli, ovviamente per difetto, la Russia spenderebbe al giorno non meno di 235 milioni di dollari per le operazioni militari in Ucraina. Sempre sulla base di quelle valutazioni, e tenendo conto delle ingenti riserve monetarie accumulate dalla Russia in varie valute prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca potrebbe teoricamente sostenere uno sforzo bellico delle dimensioni attuali per uno o due anni.

Non è poco, e questo ci porta a dover rafforzare in tutti i modi ogni più utile tentativo negoziale e sanzionatorio per costringere Mosca a fermarsi. L’impianto delle sanzioni che è stato messo in piedi è senza precedenti, ma è chiaro che non è ancora sufficiente a fermare Putin, nonostante che sul piano interno aumenti in Russia la dissidenza.

Occorre quindi fare di più per colpire la Russia, nella consapevolezza che, nel caso dell’Italia e di altri, ciò ci porta a dover riconsiderare la nostra dipendenza energetica e, di conseguenza, attuare responsabilmente, di concerto con i nostri principali partners europei e non, una serie di misure importanti, con elevati costi sul piano sociale. Teniamo presente che l’’Europa paga ogni giorno alla Russia una bolletta energetica (per gas e petrolio) di quasi un miliardo di euro.

Certamente ci si sta già pensando nelle varie capitali europee, ma iniziare a chiudere anche quei rubinetti verso la Russia potrebbe avere un certo impatto, anche a sostegno di un più efficace negoziato di mediazione. Questo presuppone anche governi sorretti da convinte solidarietà nazionali, altrimenti sarà difficile adottare misure onerose.

A questo proposito, e visto come stanno andando le cose al riguardo, appare chiaro che un solo Stato, o il suo autorevole esponente, potrebbe non farcela a convincere Putin. Il novello zar di tutte le Russie ha invece bisogno di sentire non tanto la pressione di molti – che potrebbe portarlo a commettere qualche ulteriore pazzia sul piano militare – ma quella di un’idea, di un progetto ad ampio respiro che, con il sostegno di un numero di Stati autorevoli, possa offrirgli una via d’uscita con condizioni accettabili anche da parte ucraina.

Quindi benissimo e benvenuti singoli mediatori, ma all’interno di una cabina di regia. Intendiamoci, non si tratta di rispolverare vecchie formule tipo G7, Quint, Quad o altro, perché il fronte dei potenziali partecipanti a un tale sforzo oggi è più ampio.

Si dovrebbe ipotizzare un W+ (con la W come war-guerra) che comprenda per esempio almeno Stati Uniti, Cina, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Unione Europea e con l’appoggio esterno di altri come Arabia Saudita, Giappone, India, Israele, Turchia e altri. Sembra fantascienza, e forse lo è, ma la soluzione del conflitto in corso non si consegue con la vittoria delle armi, ma, dobbiamo avere l’onestà di riconoscerlo, attraverso la realizzazione di una grande e coraggioso disegno transatlantico e paneuropeo di sicurezza.



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