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Valery Gherghiev e la mentalità degli autocrati. Il commento di Valditara

Di Giuseppe Valditara

Gherghiev non ha commesso reati, non ha fatto dichiarazioni esplicite di sostegno all’aggressione, è stato in silenzio, rifiutandosi di condannare. Il commento di Giuseppe Valditara

Valery Gherghiev è uno dei più grandi direttori d’orchestra al mondo, è russo ed è notoriamente amico di Putin. Doveva dirigere alla Scala di Milano un’opera russa, “La dama di picche”, musica di Tschaikowsky, ispirata ad un lavoro di Puskin.
Valery Gherghiev è stato “licenziato” per diretto intervento del sindaco, il progressista Giuseppe Sala, per non aver risposto al suo appello di condannare l’invasione dell’Ucraina.

Gherghiev non ha commesso reati, non ha fatto dichiarazioni esplicite di sostegno all’aggressione, è stato in silenzio, rifiutandosi di condannare. Nella Costituzione sovietica la libertà era concessa purché fosse funzionale alla crescita del regime socialista e agli interessi dei lavoratori. Un emendamento di La Pira e di Togliatti in sede di Costituente intendeva replicare quel modello concedendo la libertà purché servisse alle esigenze della solidarietà e alla crescita del regime democratico. Questa non è la libertà “liberale”. È una libertà che viene concessa purché sia funzionale ad una causa.

In un sistema liberale chiunque ha invece diritto di pensare ciò che vuole, se ricopre una carica pubblica gli si deve chiedere soltanto decoro, che in questo caso può ben significare astenersi dal fare dichiarazioni a favore dell’invasione, astenersi dall’usare la carica per fare propaganda. Qui si vuole invece colpire anche il silenzio. Non è la tutela del decoro che si persegue, ma una concezione totalizzante delle coscienze. Si pretende cioè che un russo in questo frangente dichiari di pensarla come noi, si condiziona la sua libertà a comportamenti attivi, si funzionalizza la sua libertà. È una concezione tendenzialmente totalitaria.

È peraltro curioso che non si chiedano abiure, minacciando di sospendere per esempio i finanziamenti pubblici, all’Anpi, che, stando ai resoconti di cronaca, avrebbe definito “il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass da parte della Russia” come “l’ultimo, drammatico atto di una sequenza di eventi innescata dal continuo allargamento della Nato a est vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia”, chiedendo che “Biden cessi immediatamente sia le clamorose ingerenze nella vita interna dell’Ucraina iniziate fin dai tempi di Maidan sia le sue dichiarazioni belliciste e le sue ininterrotte minacce nei confronti della Russia”.

Mentre la polizia nazionalista di Putin arresta migliaia di cittadini per reati di coscienza, non possiamo rinnegare una conquista, la libertà del foro interno, che risale ai tempi dei primi martiri cristiani ed è uno dei pilastri della civiltà occidentale. Altrimenti ci avviciniamo pericolosamente alla mentalità degli autocrati.

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