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Zelensky, le metamorfosi del leader e il potere della comunicazione

Da attore comico, dileggiato e criticato in Occidente come una macchietta frutto di una storia alla Black Mirror, a presidente dell’Ucraina che parla da pari ai grandi della Terra. Il risveglio di un uomo che abilmente si trasforma in un leader e, forse, anche in eroe patriota. L’analisi di Gianluca Comin, docente di Strategie di comunicazione alla Luiss e fondatore di Comin&Partners

Ieri, il Parlamento ucraino ha pubblicato la foto del Presidente Zelensky mentre firma la richiesta di adesione all’Unione Europea. Oggi il post conta 17.400 condivisioni, 63.300 likes, 2.103 commenti. Effetto Volodymyr Zelensky.

La metamorfosi di Zelensky da attore comico, dileggiato e criticato in Occidente come una macchietta frutto di una storia alla Black Mirror, a presidente dell’Ucraina che parla da pari ai grandi della terra, racconta il risveglio di un uomo che abilmente si trasforma in un leader e, forse, anche in eroe patriota. Dall’inizio del conflitto, di fronte all’assedio delle città ucraine da parte di uno dei più grandi eserciti del mondo, il Presidente è diventato l’incarnazione dello spirito di una nazione che resiste con forza all’invasione nemica.

Fino a qualche giorno prima dell’offensiva russa, era stato accusato di scarsa fermezza per l’atteggiamento cauto di fronte ai continui avvertimenti sulla crescente minaccia russa ma oggi, agli occhi delle opinioni pubbliche occidentali e della popolazione ucraina, tutto è cambiato. Dall’inizio dell’invasione, sfruttando la comunicazione con una maestria senza pari, Zelensky ha proiettato un’immagine di sé che ha consentito di tenere unito il Paese, animare la resistenza locale e richiamare l’attenzione mondiale. La metamorfosi di Zelensky racconta la trasformazione di una possibile vittima dell’invasione russa in un orgoglioso combattente.

In Italia, malgrado la somiglianza fisica con Rocco Casalino, era chiamato “il Beppe Grillo di Kiev” per la comune provenienza dal mondo dello spettacolo. Nell’aprile di tre anni fa, dopo aver vinto la prima edizione ucraina del programma” Ballando con le stelle” e recitato il ruolo di Presidente della Repubblica nella serie tv” Servitore del popolo”, Zelensky si è ritrovato a guidare l’Ucraina, rappresentante di un partito omonimo della serie in cui recitava. La vittoria delle elezioni contro il presidente uscente Poroshenko era stata schiacciante e aveva sfruttato in gran parte la popolarità acquisita grazie allo show e la forza di una campagna elettorale – finanziata dall’oligarca Ihor Kolomoisky, produttore della serie tv – un po’ populista basata sulla promessa di contrastare la corruzione.

Oggi, Volodymyr Zelensky si trova alla guida del più grande Paese dell’Europa minacciato da un conflitto di proporzioni inedite e la sua performance di leader non delude rispetto a quelle di quando era uno showman.

Da una Kiev assediata, indossando una mimetica militare, Volodymyr Zelenskiy individua e usa la sua arma più efficace: il telefono. Si appella a Visa e Mastercard chiedendo loro di bloccare i propri servizi di pagamento per tutte le carte emesse in Russia, convince i leader occidentali ad indire sanzioni contro la Russia. Telefona a Emmanuel Macron, al presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al primo ministro italiano, Mario Draghi, al presidente della Svizzera, Ignazio Cassis, al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, al primo ministro olandese Mark Rutte, al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, al cancelliere tedesco Olaf Scholz, al presidente polacco Andrzej Duda. Le sue chiamate persuadono persino la sempre neutrale Svizzera.

Diretto, intraprendente e appassionato, non risparmia l’umorismo acquisito nella sua precedente carriera di attore comico: «La prossima volta cercherò di spostare il programma di guerra per parlare con Mario Draghi in un momento specifico. Nel frattempo, l’Ucraina continua a lottare per il suo popolo» o, tuona contro Biden «La lotta è qui. Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio».

Il suo feed Twitter incalza, incoraggia, rimprovera e loda i suoi alleati, dal profilo Telegram comunica in ucraino, russo e inglese con chiunque possa o voglia ascoltarlo.

Dai suoi canali, comunica costantemente e direttamente con il mondo: i video e i post in cui compare con il volto scarno e la barba lunga lasciano intuire le notti insonni sotto i bombardamenti. Nei suoi discorsi è sempre attento a evidenziare la differenza tra il popolo russo e il suo Presidente, a cui addita responsabilità precise: «Putin ha iniziato una guerra contro l’Ucraina e contro l’intero mondo democratico. Vuole distruggere il nostro Paese e tutto ciò che abbiamo costruito. Ma conosciamo la forza del popolo ucraino». Si rivolge ai cittadini russi: «Voglio che tutti in Russia mi ascoltino. Tutti. Centinaia di soldati catturati che sono qui in Ucraina non sanno perché sono stati mandati qui per uccidere persone o essere uccisi. Le persone devono dire al governo perché la guerra deve essere fermata, più persone del tuo paese rimarranno in vita».

Dall’avvio dell’invasione, Zelensky si appella al suo popolo, fa circolare le istruzioni su come costruire molotov e come colpire i principali veicoli in dotazione dell’esercito russo. Nei suoi interventi pubblici sottolinea l’eroismo dei concittadini e il valore dell’esercito ucraino nel resistere all’invasione rivolgendosi direttamente «Sono qui. Non deporremo le armi. Difenderemo il nostro stato, il nostro territorio, la nostra Ucraina, i nostri figli. Questo è tutto ciò che ho da dire. Gloria all’Ucraina!». I video sono girati di fronte a luoghi simbolici e facilmente riconoscibili della città: la Casa delle Chimere della Capitale, l’edificio dell’amministrazione presidenziale.

Il suo coraggio è d’esempio per i cittadini ucraini che come il loro presidente si scoprono combattenti: le voci dei marinai ucraini sull’Isola dei serpenti insultano la nave da guerra russa che li invita a deporre le armi, un automobilista che si imbatte in un carro armato rimasto senza benzina si offre di rimorchiare il mezzo in Russia. Si rivolge ai suoi cittadini: «Gli occupanti volevano catturare la nostra capitale e installare i loro burattini come Donetsk. Abbiamo infranto la loro idea». Ancora una volta, con poche parole rivendica l’orgoglio collettivo che è in grado di mobilitare manifestazioni mezzo milione di persone solo a Berlino. Non è un invito nazionale, ma un appello all’umanità che non conosce bandiera: «Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky si rivolge a tutti i cittadini del mondo, amici dell’Ucraina, pace e democrazia. Chiunque voglia unirsi alla difesa dell’Ucraina, dell’Europa e del mondo può venire e combattere fianco a fianco con gli ucraini contro i russi criminali di guerra».

E poco importa se la velocità della sua comunicazione anticipa quella istituzionale e crea suspence, in attesa di notizie e riscontri ufficiali, come nel caso dell’annuncio della chiusura dell’accesso al Mar Nero alle navi russe dopo la sua telefonata con il presidente turco.

Forse Zelensky non salverà l’ Ucraina, ma ha posto nuove condizioni per l’Europa e la sua identità, provando l’autentico potere della comunicazione.



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