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Phisikk du role – Il 25 aprile e il senso di Alcide per la comunicazione

De Gasperi descrisse la cifra dell’antifascismo dei democristiani, che restò sempre irriducibile e consentì l’approdo democratico di fasce importanti della società italiana sicuramente anticomunista e moderata. Tra i meriti immensi di questo grande statista italiano c’è quello di aver capito il senso pedagogico della democrazia e delle sue conquiste. Male non sarebbe tornarci un po’ su, oggi. La rubrica di Pino Pisicchio

Whatsapp, a differenza di altri social media nati prima, che avevano come strumento principe il pc, si addice, invece, allo smartphone. Uno se ne accorge quando arrivano le feste comandate, con il deposito alluvionale di immagini e foto che recano in altro a sinistra una freccetta ricurva e la dicitura “inoltrato”. Vuol dire che l’augurio o il ricordo che ti mandano non è originale ma riciclato chissà quante volte. Comodo, veloce e straniante. Una certa presa di distanze che ti assolve dal dovere della risposta.

Oggi, però, per il 25 aprile mi è arrivato, tra i tanti ricicli della memoria politicamente corretta, un riciclo vintage, che è, invece, originale e attualissimo. La riproduzione di un vecchio manifesto della Dc – dalla grafica si direbbe pieni anni ‘70, stagione zaccagniniana, ma forse anche successivo – bandiera italiana stilizzata con morbide onde verdi, bianche e rosse, su un campo bianco sovrastante lo scudo crociato rosso, il tutto incorniciato in azzurro. Nell’azzurro in alto, a caratteri grandi la scritta “25 aprile” scolpita in bianco e sotto, sempre in bianco, una frase di Guido Gonella al primo congresso della Dc nell’Italia libera, il 25 aprile del 1946: “Non basta affermare le libertà: bisogna garantirle. Non basta conquistarle: bisogna difenderle.”

Non devo commentare l’attualità di questo concetto, peraltro manifestato con cognizione di causa – la triste epopea del fascismo si era chiusa solo l’anno prima, il 28 aprile del 1945, con la morte del suo capo per mano partigiana – e non per sentito dire dai nonni. Pensiamo a declinarlo oggi con il dramma ucraino, ma anche, senza allontanarci troppo, con le aggressioni liberticide che ogni giorno insidiano la nostra vita civile, dal conformismo del pensiero unico strisciante, alla sottile seduzione della violenza che attraversa le nostre comunità, al deficit di democrazia che abita le strutture politiche contemporanee, all’ inconsapevolezza del significato della democrazia costituzionale.

Quel manifesto, peraltro, rammenta in qualche modo il collegamento con una verità storica sull’invenzione del 25 aprile, da sempre accreditata alla cultura della sinistra italiana ( per il potentissimo insediamento nei media e per il presidio dei luoghi-fonte della culturali massa, egemonia lunga e duratura), ma, in verità voluto da uno degli uomini più eminenti della DC, Alcide De Gasperi, che fu capo del governo provvisorio dopo la fine della guerra. Si deve a De Gasperi, infatti, il decreto legislativo luogotenenziale del 22 aprile 1946 che formalizzò la ricorrenza civile con questa motivazione: “a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. Dal 27 maggio 1949, poi, con la legge 260, quella celebrazione venne incardinata tra le feste nazionali. Del resto la storia della Resistenza italiana è storia plurale in cui, oltre che I cattolici e i comunisti, ebbero parti importanti anche liberali, laici e perfino monarchici.

Dunque il giorno che celebra la festa nazionale – bandiera dell’antifascismo si deve ad un democristiano descritto dai manifestini caricaturali del Fronte Democratico Popolare del 1948 come un corvo nero baciapile, aduso a frequentare sacrestie con pretesca ambiguità. De Gasperi descrisse la cifra dell’antifascismo dei democristiani, che restò sempre irriducibile e consenti’ l’approdo democratico di fasce importanti della società italiana sicuramente anticomunista e moderata. Se il senso di una festa civile è, dunque, quello di esercitare una sorta di pedagogia democratica nei confronti del popolo, nella consapevolezza che le scelte in politica non solo vanno fatte, ma anche comunicate, ricercando un dialogo costante con i cittadini, De Gasperi si mostrò molto attento al raccordo tra istituzioni e società. A lui si deve anche l’invenzione della rivista ufficiale della presidenza del consiglio dei ministri, “Documenti di Vita Italiana”.

Nella presentazione del primo numero ebbe a scrivere: “Lo Stato prima ancora che il diritto ha il dovere d’informare i suoi cittadini sugli orientamenti della sua attività e sui dati delle sue realizzazioni..”, ponendo, così, una pietra miliare sulla strada della moderna comunicazione istituzionale.
Tra i meriti immensi di questo grande statista italiano c’è quello di aver capito il senso pedagogico della democrazia e delle sue conquiste. Male non sarebbe tornarci un po’ su, oggi.

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