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Come Cathay Pacific è stata sedotta e abbandonata dall’Occidente

La compagnia di bandiera di Hong Kong ha escluso la Russia dalla tratta aerea più lunga del mondo, ma i principali vettori occidentali, a causa delle restrizioni Covid, virano su Singapore

Quella di Cathay Pacific è una storia di abbandoni. La compagnia di bandiera di Hong Kong ha escluso la Russia dalla tratta aerea più lunga del mondo: 18 ore e 17mila chilometri senza scali per atterrare a New York attraversando l’oceano Atlantico anziché il Pacifico, preferendo l’Occidente all’Europa orientale. Le principali compagnie aree occidentali, però, hanno lasciato l’hub di Cathay Pacific a Hong Kong, dove sono in vigore le restrizioni anti-Covid più dure del mondo, per dirottare i propri aerei a Singapore. Cathay Pacific abbandona la Russia per l’Occidente. E l’Occidente, a sua volta, abbandona Cathay Pacific.

Il vettore asiatico ha annunciato la rotta dei record alla fine di marzo. “Eseguiamo sempre tratte di emergenza per potenziali eventi o scenari nel mondo dell’aviazione”, ha sottolineato la compagnia aerea sul proprio sito web in riferimento alle limitazioni imposte da Mosca sul suo spazio aereo in seguito al conflitto in atto in Ucraina. “L’opzione transatlantica è più favorevole della rotta abituale nel Pacifico a causa dei forti venti di coda stagionali che si registrano in questo periodo dell’anno”.

L’Occidente ringrazia. Ma in cielo come in terra continua a fare i propri interessi. Hong Kong si rifiuta di revocare le restrizioni di viaggio come parte del suo approccio alla strategia Covid free. Il che, per diverse compagnie aeree occidentali, rende meno attraente il suo aeroporto dal punto di vista economico e finanziario.

Il resto del mondo sta riaprendo ai viaggi internazionali, ma l’aeroporto di Hong Kong, che da diversi anni rivendica il titolo di scalo più trafficato dell’Asia, rimane in gran parte privo di passeggeri in entrata. Per la gioia dei concorrenti di Cathay Pacific, che ha il suo hub principale proprio nell’aeroporto internazionale di Hong Kong, le cui azioni, per il 29%, appartengono ad Air China.

Secondo la testata francese La Quotidienne, l’aeroporto Changi di Singapore e lo scalo internazionale Incheon di Seoul hanno superato Hong Kong in termini di traffico. E i principali colossi aerei occidentali, tra cui Lufthansa, British Airways e Air France, hanno già sospeso i voli diretti per Hong Kong. “Molte compagnie aeree si chiedono se abbiano ancora la necessità di volare a Hong Kong”, ha confessato al giornale francese un dirigente di una compagnia area nordamericana. “Singapore sostituirà Hong Kong non solo come centro finanziario globale, ma anche come hub dell’aviazione”.

Il mercato dei viaggi di Hong Kong ha subìto il primo duro colpo nel 2019, quando la città-Stato asiatica è stata sommersa dalle proteste a favore della democrazia. Con l’avvento della pandemia, nel 2020, il governo cinese ha vietato i voli da nove paesi per arginare il flusso di Omicron verso Hong Kong. Circostanza che ha contribuito alla perdita netta di 720 milioni di dollari, circa 675 milioni di euro, da parte di Cathay Pacific, accusata, tra l’altro, di aver diffuso la variante del coronavirus in città.

Il governo di Hong Kong guidato da Carrie Lam resta comunque consapevole della posizione strategica dell’hub locale. Così, oltre a iniziare la costruzione di una terza pista di decollo e atterraggio, ha consegnato la licenza a una nuova compagnia aerea, Greater Bay Airlines. Che, a proposito di abbandoni, ha assunto diversi ex dipendenti di Cathay Pacific.

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