Il sottosegretario Gabrielli parla del piano 2022-2026 che Palazzo Chigi pubblicherà a maggio intervenendo alla presentazione del primo rapporto Censis-DeepCyber sulla cybersicurezza in Italia. Serve una sovranità digitale anche come investimento per l’indipendenza democratica, ha spiegato Baldoni, direttore dell’Agenzia
“Dobbiamo essere preoccupati” dalla sicurezza informatica “in senso etimologico: ce ne dobbiamo occupare prima”, ha detto Franco Gabrielli, sottosegretario con deleghe alla sicurezza e alla cybersecurity intervenuto alla presentazione presso la Sala Zuccari del Senato del primo rapporto Censis-DeepCyber (Gruppo Maggioli) sulla cybersicurezza in Italia, promosso da Assocomunicatori.
VERSO UNA STRATEGIA NAZIONALE
Se la pandemia ci ha messi davanti a questa urgenza, oggi “serve consapevolezza” sui rischi e sugli effetti di questi. Per questo, la recente Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che si occupa di resilienza, rappresenta uno dei quattro pilastri della sicurezza cibernetica in Italia. Gli altri sono, ha ricordato Gabrielli: le forze di polizia, che fanno cyber-investigation; il comparto intelligence che cyber-intelligence; la cyber-defense.
Ecco che “a breve”, cioè a maggio, “il presidente del Consiglio editerà la Strategia nazionale di cybersicurezza 2022-2026”, ha sottolineato ancora Gabrielli. Saranno 85 punti per mettere al sicuro aziende e Pubblica amministrazione da attacchi e intrusioni informatiche impennate con la guerra in Ucraina. La cybersecurity è anche “un investimento sociale, un investimento per la produttività e la prosperità del Paese ma è anche un investimento per l’indipendenza democratica”, ha spiegato Roberto Baldoni, direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, rilanciando l’importanza di raggiungere una sovranità digitale “almeno” europea.
L’INTERVENTO DI URSO
Il senatore Adolfo Urso di Fratelli d’Italia ha ricordato il lavoro in materia di sicurezza e tecnologia del Copasir, l’organismo parlamentare che presiede e ha dichiarato: “Siamo sulla strada giusta per mettere in sicurezza il Paese”, anche davanti alla minaccia della Russia acuitasi con la guerra in Ucraina. “Dobbiamo puntare a un’autonomia strategica in campo digitale”, ha continuato sottolineando l’importanza di “filiere produttive complete all’interno delle democrazie occidentali”.
LO STUDIO
Il rapporto conferma il valore di un settore irrinunciabile. Solo una protezione efficace e condivisa dai rischi informatici potrà infatti restituire la serenità necessaria a famiglie, aziende e istituzioni per vivere bene nella digital life. Dallo studio si evince il ruolo decisivo della cybersecurity, che non può più essere considerata un costo o un ambito per soli esperti. Si tratta sempre più di un investimento sociale di interesse collettivo, indispensabile per una buona rivoluzione digitale.
GLI ITALIANI E LA SICUREZZA INFORMATICA
Come emerge dal rapporto, il 61,6% degli italiani è preoccupato per la sicurezza informatica e adotta sui propri device precauzioni per difendersi: di questi, l’82% ricorre a software e app di tutela e il 18% si rivolge a un esperto. Il 28,1%, pur dichiarandosi preoccupato, non fa nulla di concreto per difendersi, mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione sulla sicurezza informatica. In generale, quindi, quasi quattro italiani su dieci sono indifferenti o non si tutelano dagli attacchi informatici. Non c’è ancora una compiuta consapevolezza dell’importanza di culture, strategie, tecnologie, competenze e sistemi di protezione informatica per il nostro benessere: a oggi, oltre un terzo degli italiani non fa nulla per la sicurezza dei propri dispositivi informatici e solo uno su quattro ha un’idea chiara di cosa sia la cybersecurity.
I CYBER-RISCHI PIÙ TEMUTI
Il 19,5% degli occupati ha sperimentato attacchi informatici con danni agli account social o al sito web della propria azienda, il 14,7% invece attacchi che hanno causato la perdita di dati e informazioni. Grande attenzione ai dati personali: l’81,7% degli italiani, si legge nel rapporto, teme di finire vittima di furti e violazioni dei propri dati personali sul web. Tra le attività che gli italiani percepiscono come a più alto rischio, ci sono la navigazione web con consultazione di siti (57,8%), l’utilizzo di account social (54,6%), gli acquisti di prodotti online (53,7%), le operazioni di home banking.
LE PAROLE DI DE RITA (CENSIS)
“L’apprezzata digital life, ormai al centro delle nostre vite, coincide con il massimo dell’insicurezza informatica”, ha dichiarato Giuseppe De Rita, presidente del Censis. “Così le tante cyber-insicurezze si giustappongono a quelle più tradizionali, con il rischio di amplificare l’incertezza sistemica del nostro tempo. In tale contesto, per cybersecurity si deve intendere non solo un settore industriale strategico altamente innovativo, ma una nuova cultura sociale in cui cittadini, aziende e istituzioni tutelandosi dagli attacchi informatici tutelano la sicurezza e la libertà di tutti”.
LE DICHIARAZIONI DI COSTABILE (DEEPCYBER)
“La ricerca pone l’accento sul fattore umano, spesso sottovalutato nella postura della cybersecurity”, ha spiegato Gerardo Costabile, amministratore delegato di DeepCyber (Gruppo Maggioli). “Il dato più evidente è quello relativo alla scarsa consapevolezza ed efficacia delle misure di sicurezza da parte delle persone con minore formazione e cultura. Appare fondamentale, a partire dalle scuole ma anche nelle aziende e nella pubblica amministrazione, inserire la cyber security – insieme all’informatica di base – come colonne portanti per la necessaria cultura digitale, a prescindere dal ruolo professionale presente o futuro”.