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Default, oltre alla Russia chi rischia davvero

Sono diversi gli Stati in Africa ad avere registrato eventi creditizi avversi o ad avere chiesto e, in qualche caso, ottenuto dai creditori pubblici internazionali la rinegoziazione dei prestiti. Il caso più lampante è il Sudan, che ha beneficiato di una cancellazione di debiti dalla Francia per 6 miliardi di dollari. Ma non è il solo…

Le riunioni primaverili dei Governatori della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno preso il via lunedì 18 aprile, sotto una nuvola oscura di incertezza economica e geopolitica. Le éminences grises che si riuniscono a Washington (o partecipano virtualmente) includono i ministri delle Finanze e i capi delle banche centrali delle grandi economie mondiali, oltre a quelle dell’Ucraina. Hanno molto da discutere. L’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia sta spingendo verso l’alto l’inflazione e pesando sulla crescita; le nuove previsioni che il Fmi pubblicherà oggi martedì 19 probabilmente mostreranno un forte deterioramento delle prospettive dell’economia mondiale. Condizioni difficili stanno spingendo molti mercati emergenti fortemente indebitati sull’orlo dell’insolvenza, come lo Sri Lanka, che il 12 aprile ha dichiarato che sarebbe andato in default sui suoi debiti esteri. Già Ecuador, Zambia, Belize e Suriname avevano detto un sonoro non ti pago (come nella commedia di Eduardo De Filippo) a chi voleva incassare le loro obbligazioni emesse sul marcato internazionale. I lockdown draconiani del Covid-19 in Cina e la guerra sempre più feroce della Russia in Ucraina potrebbero creare ulteriori shock destabilizzanti nei prossimi mesi. Non ci sono soluzioni facili ai problemi attuali del mondo. Ministri e funzionari discuteranno invece su come limitare al meglio il danno.

Non si potrà non parlare, quanto meno nei corridoi, della situazione della Russia. La notizia, la quotazione del bond russo 2042 è crollata da 33 a 27 centesimi. Il titolo era sprofondato a un minimo di 15 centesimi a marzo, successivamente all’invasione dell’Ucraina. In previsione di tale possibile rischio, il governo russo aveva provveduto a riacquistare quasi i tre quarti del bond scaduto questo lunedì, pagandolo con qualche giorno in anticipo in rubli, anziché in dollari. Ha così limitato a circa mezzo miliardo di dollari il possibile default di inizio maggio. Il bond 2042 fu emesso dalla Russia nel 2012, prima dell’occupazione della Crimea e delle tensioni con l’Ucraina sul Donbass. I bond emessi dopo tali episodi sui mercati internazionali posseggono una clausola, in base alla quale il governo può effettuare i pagamenti in rubli all’occorrenza. Pertanto, se ciò accadesse con questi titoli, sotto il profilo tecnico-giuridico, la dichiarazione di default non scatterebbe.

Dopo la dichiarazione di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea: “Petrolio nel sesto pacchetto sanzioni, fallimento russo è questione di tempo”. E la replica di Medvedev vicepresidente del Consiglio di sicurezza ed ex presidente della Federazione Russa: “Default della Russia porterebbe a quello dell’Europa”. Occorre chiedersi quanto c’è di sostanza nelle affermazioni del fedelissimo di Putin.

È possibile che le spese per l’aggressione all’Ucraina, le sanzioni e la forte recessione portino Mosca a dover ammettere di non potere onorare i propri debiti. Ciò causerebbe problemi ad alcuni creditori; in Italia, ad esempio, all’Unicredit (esposta con la Russia o sue aziende per 7,8 miliardi di euro) e ad Intesa San Paolo (5,1) e nella galassia delle istituzioni che ruotano attorno all’Unione europea alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers, la “creatura” di Jacques Attali) i cui crediti alla Federazione Russa sono circa 25 miliardi di euro. Ma da qui a congetturare che il default russo trascinerebbe caos e insolvenze in tutta l’Ue il passo è molto lungo, se non altro perché i mercati dei capitali europei sono vasti e sofisticati e l’Europa gode della corazza del Fmi.

Le “sorelle” della Federazione Russa in default sono piuttosto nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa dove il rischio default è drasticamente salito con la pandemia. Sono diversi gli Stati ad avere registrato eventi creditizi avversi o ad avere chiesto e, in qualche caso, ottenuto dai creditori pubblici internazionali la rinegoziazione dei prestiti. Il caso più lampante è il Sudan, che ha beneficiato di una cancellazione di debiti dalla Francia per 6 miliardi di dollari. Anche il Sudan ha chiesto la revisione delle condizioni pattuite sui debiti contratti, mentre l’Etiopia è in attesa di ricevere risposta dal G20, e il Benin dopo il default spera di tornare sul mercato. Il più inguaiato è l’Eritrea, fedelissima di Mosca (vota sempre con la Federazione Russa alle Nazioni Unite) che in passato la avrebbe aiutata a fare fronte a scadenze. Non proprio una bella compagnia di giro.


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