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Diplomazia vecchio stile per mettere fine alla guerra di Putin

L’Occidente dovrebbe emulare Israele e la Turchia, già al lavoro per cercare di porre fine o limitare la guerra in corso. Il corsivo del professor Joseph La Palombara (Yale)

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha chiarito diverse questioni. Soprattutto, quanto essenzialmente folle e dunque irresponsabile possa essere Vladimir Putin. Questo elemento inquietante va essere tenuto in primo piano quando si analizza il tipo di intervento, e da parte di chi, potrebbe risparmiare al mondo le conseguenze del passo falso di Putin.

Il passo falso è ampiamente certificato da una serie di fattori. Sappiamo, per esempio, che l’invasione è impopolare nella stessa Russia. È molto più che l’incarcerazione di una dozzina di membri della Rosgvardia, una guardia nazionale d’élite russa, convinti che non dovrebbero essere coinvolti in una guerra a una nazione straniera. Putin li ha fatti licenziare e incarcerare. Ma non è stato in grado di reprimere le notizie provenienti dalla Russia secondo cui sono in molti a non approvare l’invasione dell’Ucraina. Un Putin pazzo e determinato non è stato in grado di impedire al resto del mondo di conoscere che le sue peripezie in Ucraina sono prive di consenso interna.

Soprattutto, ha grossolanamente sottovalutato la capacità degli ucraini di resistere, di mietere vittime e morti inaspettate nelle truppe russe o addirittura di invadere i territori russi, come gli ucraini hanno recentemente dimostrato. Sì, gli ucraini hanno usato mezzi militari forniti dall’Occidente. Ora, oltre alla rabbia di Putin sembrano esserci frenesie per non far dilagare il conflitto, anzi per porvi fine.

È molto poco ciò che l’Occidente della diplomazia vecchio stile può fare o realizzare. Infatti, Putin ha messo in allerta i russi sul nucleare. Non ha escluso l’uso del nucleare “tattico” rispetto a quello “strategico”, qualunque cosa significhi nel vocabolario di Putin. Di fatto, Putin è il responsabile del ferimento e della morte delle truppe russe deliberatamente inviate da lui e da altri nelle zone di Chernobyl, il luogo dove si è verificato un disastro nucleare. Lui e i suoi esperti sarebbero ben consapevoli che è fatale per la vita umana o qualsiasi altra vita trovarsi vicino a quel luogo.

Ma gli sforzi diplomatici per porre fine all’invasione e alla guerra continueranno. Gli Stati Uniti, l’Europa e l’Occidente dovrebbero emulare Israele e la Turchia che sono entrambi già al lavoro per cercare di porre fine o limitare la guerra in corso. Dovrebbero far capire a Putin che lui e la Russia non avranno davvero nulla da guadagnare da questa invasione illegale contro un’Ucraina alquanto innocente.

Per esempio, le truppe russe dovrebbero andarsene per davvero. L’Ucraina dovrebbe essere ciò che era prima che attraversassero il confine, che le bombe russe cominciassero a ridurre in macerie le città. Le due regioni più orientali, sempre parte dell’Ucraina, Donetsk e Luhansk, non dovrebbero essere viste come repubbliche indipendenti solo perché lo dice Putin.

È ragionevole supporre che la neutralità dell’Ucraina dovrebbe essere parte integrante del negoziato. Ciò implica che quest’ultima non diventerà in nessun caso parte della Nato, o di qualsiasi altra organizzazione militare occidentale. Ci può essere spazio per uno status simile ai due Stati baltici, ora membri della Nato, anch’essi confinanti con la Russia.

È fondamentale, e sia gli Stati Uniti sia l’Europa occidentale dovrebbero saperlo, che nessuna pace duratura può uscire da una diplomazia palesemente ingiusta nei confronti della Russia. Putin lo sa. Al momento è in grado di garantire che molte città ucraine, tra cui Kiev, affrontino per mano russa un destino simile a quello di Aleppo in Siria.

Le nazioni europee, come la Germania e l’Italia, profondamente dipendenti dal gas russo, dovrebbero anche quadruplicare gli sforzi attuali per essere indipendenti dalle forniture dalla Russia o da altre fonti. La difficile decisione del presidente statunitense Joe Biden di sbloccare le forniture di emergenza di petrolio è solo un primo e in realtà minore passo in quella direzione. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e gli altri Paesi dell’Europa occidentale, che ospitano le principali compagnie petrolifere, dovrebbero fare pressione su tutte queste aziende per unirsi allo sforzo strategico, invece di fare solo più soldi per i loro azionisti.

L’Occidente dovrebbe anche fare appello alla Cina, e insistere, a costo del commercio con la Cina, affinché il presidente Xi Jinping si unisca allo sforzo collettivo per assicurare la pace nel mondo. Se ci rimangono solo gli sforzi diplomatici di un’altra epoca, questi ultimi dovrebbero avere davvero forza, non solo parole di circostanza.   



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