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Elezioni in Francia, la destra tradizionale esce sconfitta e divisa

Nel voto di domenica Valérie Pécresse, candidata dei Repubblicani, ha ottenuto il 4,78%, il peggior risultato nella storia della destra francese. Il partito si spacca su chi sostenere al ballottaggio e su come finanziare i costi della perdente campagna elettorale. Ma la crisi non riguarda solo loro…

I grandi partiti tradizionali francesi sembrano essere i più grandi sconfitti del primo turno del voto presidenziale. Le elezioni di domenica hanno messo a nudo la strepitosa débâcle del Partito Socialista e dei Repubblicani.

Come ha riportato l’emittente France 24, Anne Hidalgo, sindaca di Parigi e candidata dei socialisti, ha ottenuto soltanto il 1,75% dei voti, mentre Valérie Pécresse, candidata del centrodestra, il 4,78%, il peggior risultato nella storia della destra francese.

Ora la situazione per entrambi i partiti è molto critica, non solo a livello di consenso. Lo Stato francese, infatti, prevede il rimborso delle spese della campagna elettorale a chi supera la soglia del 5% dei voti.

Per questo motivo, i repubblicani hanno lanciato un appello disperato sui social, chiedendo donazioni urgenti per affrontare i costi della campagna elettorale andata male: circa sette milioni di euro, di cui cinque si dice siano andati nelle tasche di Pécresse. “Da questo dipende la sopravvivenza della destra repubblicana”, hanno scritto su Twitter.

Anche all’interno della casa repubblicana c’è chi ha preso le distanze dal suo stesso partito. Durante la campagna elettorale, molte figure di spicco come Éric Woerth, ex ministro del Bilancio, e Jean-Pierre Raffarin, ex primo ministro, hanno espresso il sostegno al presidente Emmanuel Macron, mentre altri come il deputato Guillaume Peltier hanno preferito sostenere Éric Zemmour.

Sul perché Pécresse non è riuscita a raccogliere il minimo del consenso, il quotidiano svizzero Le Matin spiega che la candidata non ha saputo fare un discorso chiaro in quella che sembra essere una divisione dell’elettorato del suo partito: da una parte la sempre maggiore radicalizzazione e dall’altra, invece, l’affermazione di una destra repubblicana impermeabile alle idee dell’estrema destra.

Ugualmente, il politologo Rémy Lefebvre ha dichiarato alla rivista Grand Continent che il problema con la destra è che si divide “tra un elettorato moderato, che non sostiene Macron, che non è d’accordo con la deriva autoritaria e xenofoba, e un elettorato invecchiato, molto conservatore e tentato dal discorso dell’estrema destra”.

“Stiamo assistendo alla ricomposizione della vita politica francese – spiega il politologo Gaspard Estrada all’agenzia France Presse -, con una nuova bipolarità tra centristi ed estrema destra”.

Le divisioni tra i Repubblicani sono emerse, ancora con più forza, durante il dibattito interno del lunedì mattina. I temi di discussioni sono stati principalmente due: sostenere o no Macron al ballottaggio e assumere o meno il costo economico della campagna elettorale di Pécresse. Dall’incontro, alcuni conservatori come Rachida Dati, Xavier Bertrand e Michel Barnier sono usciti chiedendo il voto della destra per Macron, mentre altri, come Éric Ciotti hanno scelto di non sostenere il presidente francese.

E in Italia? Anche qui ci sono divisioni nella casa delle destre: tre partiti con tre posizioni, tutte diverse. Un focus dell’agenzia Ansa riferisce come il centrodestra italiano è spaccato sulle elezioni francesi, con la Lega di Matteo Salvini ad appoggiare apertamente Marine Le Pen: “Molto bene Marine, siamo felici del tuo successo e orgogliosi del tuo lavoro, del tuo coraggio, delle tue idee e della tua amicizia”, ha twittato Matteo Salvini.

L’endorsement di Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, è stato invece per Macron, definito “un europeista, un moderato, un uomo che guarda l’Occidente”.

Infine, Giorgia Meloni ha preso le distanze da entrambi: “Io guido la famiglia dei conservatori europei. In Francia non ci sono al ballottaggio candidati che rappresentano il mio partito”.



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