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Perché l’accordo Italia-Algeria sul gas preoccupa la Spagna

Di Otto Lanzavecchia e Emanuele Rossi
Spagna Marocco Algeria gas

L’aumento delle forniture di gas dall’Algeria che l’Italia progetta per sganciarsi dalla dipendenza russa ha provocato malumori in Spagna, alle prese con le sensibilità geopolitiche di Algeri e Rabat

L’accordo di fornitura del gas naturale siglato lunedì tra Algeria e Italia ha smosso le acque tra i Paesi mediterranei. L’attivismo diplomatico italiano delle scorse settimane, guidato da Luigi Di Maio e Claudio Descalzi (Eni), ha dato il primo frutto: 9 miliardi di metri cubi (mmc) da aggiungere ai 21 già pompati annualmente attraverso il gasdotto TransMed. E la vicenda sta provocando qualche mal di pancia a Madrid.

Il primo livello della perplessità in Spagna è di ordine pratico. Al momento l’Algeria è il principale fornitore spagnolo. Come rimarca il quotidiano El Mundo, i 9 mmc aggiuntivi chiesti dall’Italia sono più o meno pari all’intera fornitura algerina verso la Spagna, che transita attraverso l’unico gasdotto aperto (Medgaz) tra i due Paesi. L’altro tubo (Maghreb-Europe Gas Pipeline, Meg), che è stato chiuso dal presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, passa attraverso il Marocco. E qui entra in scena il contesto geopolitico.

TRA ALGERIA E MAROCCO NON METTERE IL DITO

Il 31 ottobre 2021 Algeri ha terminato il contratto che aveva con Rabat per il passaggio del gasdotto. Tebboune aveva ordinato la cessazione dei rapporti commerciali tra la compagnia petrolifera statale algerina Sonatrach e l’Ufficio marocchino per l’elettricità e l’acqua potabile (ONEE), ponendo fine al contratto, “in considerazione dell’atteggiamento aggressivo del Regno del Marocco nei confronti dell’Algeria, che mina l’unità nazionale”. La questione annosa tra i due Paesi riguarda il Sahara Occidentale, dove le autorità marocchine da tempo si confrontano — in varie forme — con gli indipendentisti del Fronte Polisario, che hanno rapporti storici con l’Algeria (e sede diplomatica ad Algeri).

Sulle divisioni attuali pesano gli Accordi di Abramo, attraverso i quali il Marocco ha normalizzato le relazioni con Israele e, tramite una triangolazione geopolitica, ottenuto l’appoggio di Washington (che ha costruito e mediato gli Accordi) sulla “proposta sull’autonomia”: quella con cui Rabat rivendica dal 2007 sovranità sulla regione contesa davanti all’Onu con un piano di gestione per l’autonomia regionale. Un’evoluzione che ha portato il fronte indipendentista marocchino alla rottura del cessate il fuoco del 1991, sebbene non si sia riaperto il conflitto.

Tre giorni fa, il Polisario ha annunciato una “interruzione” dei contatti con il governo spagnolo per protestare contro la svolta di Madrid riguardo al territorio conteso, denunciando la “strumentalizzazione della questione del Sahara occidentale in vergognose trattative con l’occupante (marocchino)”. Il 18 marzo la Spagna ha dichiarato di aver accettato di riconoscere pubblicamente il piano di autonomia di Rabat per il territorio, ponendo fine a una posizione di neutralità decennale. Così facendo ha cercato di porre fine a una controversia scoppiata nell’aprile 2021 quando ha consentito al leader dell’indipendenza del Sahara occidentale Brahim Ghali di essere curato per Covid-19 in un ospedale spagnolo.

In quell’occasione, dopo la notizia del ricovero, migliaia di migranti si erano riversati verso Ceuta — enclave spagnola in Marocco. Sugli interessi spagnoli nella diatriba pesano da un lato i collegamenti energetici con l’Algeria, dall’altro quello connessi al controllo migratorio con il Marocco. La scorsa settimana, re Mohammed VI del Marocco ha ospitato il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez in una visita storica per aprire una nuova stagione di legami reciproci. L’Algeria si era detta “sorpresa” — negativamente — per la posizione spagnola, Madrid aveva fatto sapere di aver anticipato ad Algeri la propria decisione.

LE PREOCCUPAZIONI ENERGETICHE

In questo contesto, l’accordo tra Algeria e Italia ha innervosito, parecchio, la Spagna. “La politica di Draghi sul Sahara occidentale differisce da quella del primo ministro”, scrive El Mundo “[che è] a favore del rispetto dei diritti del popolo saharawi e non appoggia espressamente il suo assorbimento da parte del Marocco”. Al momento il premier iberico non può mettere piede ad Algeri a causa delle tensioni tra i Paesi, che rendono ancora più tesi gli spagnoli, alle prese (come gli altri europei) con la crisi del gas e dei prezzi dell’energia.

“Mentre si distanzia dal nostro Paese, l’Algeria, uno dei nostri principali fornitori di gas naturale, ha avviato un non celato avvicinamento all’Italia”, ha scritto un editorialista con la penna di piombo sul quotidiano spagnolo: “Non c’è dubbio che il prossimo fallimento del governo sarà quello di aver perso l’occasione per la Spagna di diventare il principale centro di distribuzione del gas algerino per tutta l’Europa, in favore dell’Italia”. Il governo spagnolo ha adottato un tono conciliatore per la risposta, annunciando che “le forniture di gas dall’Algeria sono garantite” e aggiungendo che la situazione italiana “non è paragonabile a quella spagnola”: la dipendenza dell’Italia dal gas russo è del 40%, mentre quella della Spagna è dell’8%.

“L’Italia certamente non entra in una polemica tutta interna alla Spagna e, per ora solo, mediatica”, scrive l’Ansa. “Fonti italiane vicine al dossier energetico si limitano a sottolineare come l’Algeria abbia quantità di gas non utilizzato e che, pertanto, come rimarcato anche in conferenza stampa dalla stessa portavoce del governo spagnolo, Madrid non rischia sulle forniture. Peraltro – assicurano le stesse fonti – l’Italia è disponibile a creare infrastrutture di reciproca utilità”.

HUB EUROPEO O ISOLA ENERGETICA?

Effettivamente Italia e Spagna, assieme a Grecia e Portogallo, sono in prima linea sul fronte energetico europeo e spingono per una risposta comunitaria: acquisti e gestioni comuni, tetto al prezzo, riforma del mercato Ue dell’energia per disaccoppiare il prezzo dell’elettricità da quello della risorsa più costosa (che oggi sarebbe il gas). La settimana scorsa a Bruxelles è nata la Piattaforma energia, un primo passo nella direzione auspicata dai Paesi mediterranei. L’adesione al meccanismo è volontaria, ma finora tutti i 27 hanno preso parte alle discussioni.

In ottica comunitaria, dunque, il problema non si pone – anzi. La penisola iberica è effettivamente ben predisposta per la ricezione di gas naturale, specie quello liquefatto che arriva via nave (che copre il 55% del fabbisogno nazionale). Madrid può contare su sei rigassificatori dei venti esistenti in Ue, oltre al 30% della capacità di stoccaggio, e il gnl americano – oggi la seconda fonte spagnola – è destinato ad aumentare.

Ci sono, però, degli intoppi al piano spagnolo di diventare il centro europeo del gas. Nonostante il gas sia il vettore scelto dagli spagnoli per la transizione, e che quindi l’uso interno sia in aumento, copre comunque del 25-30% del mix energetico del Paese – e la Spagna, primo acquirente di gnl in Ue, ne importa e ne importerà in eccesso. Il problema sono le interconnessioni con l’estero, ossia due soli tubi verso la Francia, che le impediscono di pompare verso il resto d’Europa più di 7 mmc all’anno.



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